il 18 gennaio scorso è stato presentato nella sala del Centro Servizi Culturali UNLA (Unione Nazionale per la Lotta contro l'Analfabetismo) di Oristano il libro di Nando Cossu “Racconti di terra e laguna”, edito dalla Carlo Delfino Editore nella categoria Scienze umane. Hanno dialogato con l'autore Silvana Cintorino e Marcello Marras.
Nei giorni successivi ho letto questo libro e provo a descrivere le mie impressioni.
Premetto che Nando Cossu, nato a Cabras nel 1943, è laureato in Storia e Filosofia all'Università di Cagliari, con una tesi di ricerca sul campo sulla cultura contadina a Cabras. Ha conseguito anche il diploma alla Scuola di Specializzazione in Studi Sardi dell'Università di Cagliari con una tesi sulla medicina popolare a Nureci. Delle sue altre pubblicazioni ricordo “A luna calante” con sottotitolo “Vitalità e prospettive della medicina tradizionale in Sardegna”, edito nel 2005 da Argo nella categoria Biblioteca di antropologia medica, “L'amore negli occhi” con sottotitolo “Rapporti tra i sessi e formazione della coppia nella società agropastorale sarda”, edito da Carlo Delfino Editore nel 2014 e “Medicina popolare in Sardegna” con sottotitolo “Dinamiche, operatori, pratiche empiriche e terapie magiche”, edito da Carlo Delfino Editore nel 2017. È stato ideatore del Museo del Giocattolo Tradizionale della Sardegna di Zeppara, contribuendo alla sua realizzazione
“Racconti di terra e laguna”, ambientato, prevalentemente dopo la seconda guerra mondiale, tranne Zappuittu, che attraversa il novecento fino agli anni cinquanta, nel centro immaginario di Is Arrius e dintorni, ma con chiari riferimenti al Sinis, è composto di otto racconti, il cui filo conduttore è la rappresentazione dell'universo umano di una Comunità agropastorale in tutte le sue sfaccettature, l'amore, l'odio, la capacità di non prendere troppo sul serio la vita e di ridere della propria situazione difficile, i rapporti con il sesso, la ricchezza e il potere, la solidarietà, il disprezzo degli “ultimi” da parte di chi sta un gradino più in alto, la religione, la superstizione, la voglia di riscatto, il disincanto rispetto alle promesse della politica, gli avvenimenti storici più importanti del secolo scorso in Italia, il Fascismo, il Referendum tra Monarchia e Repubblica e l'avvento della Repubblica.
Come scritto nella presentazione del libro, i racconti sono ambientati “… in un periodo in cui la cultura agropastorale è ancora quella dominante, anche se cominciano a intravedersi nello sfondo i primi segnali di cambiamento. Nando Cossu rappresenta fedelmente il mondo agropastorale in quel particolare contesto territoriale, senza che il contenere le storie entro confini rigorosamente circoscritti cancelli la valenza universale dei protagonisti che in quelle storie operano.
Uomini portatori di valori e disvalori, questi protagonisti superano i ristretti confini del territorio, per porsi nel contesto più ampio dell’umanità che agisce nel bene e nel male.”
Mi sono piaciuti tutti i racconti, alcuni molto drammatici come Uomini d'acqua, nel quale il bogheri Vincenzo è sconfitto dalla vita e, nella sua profonda disperazione nel sentirsi incapace di sfamare la sua famigliola, che ama tantissimo, si suicida, ma, in particolare, mi sono piaciuti il primo e l'ultimo, che ritengo esemplificativi dei concetti prima espressi.
Nel primo racconto, dal titolo “Altra gente”, Ninniu, personaggio fiero, che rappresenta nella sua Comunità il mito del bombarolo che, con la sua abilità e accortezza, è tra i pochissimi che riescono a non avere incidenti nella pericolosa attività di pesca con le bombe da loro costruite, da autorevole personaggio di riferimento è costretto ad abbandonare la Comunità dopo la sua scelta di non fare più il bombarolo a seguito di un incidente capitato a suo figlio Marieddu, decade a persona ignorata dalla Comunità perchè accusato di aver tradito il suo ruolo di riferimento. Dopo l'ulteriore delusione avuta a causa dell'indifferenza nei suoi confronti da parte degli abitanti della Comunità in cui si è trasferito, ritorna a Is Arrius e, con enorme sorpresa “…. lo accolsero con una scarica eccezionale di petardi preparata da Peppi Suittu, il quale si fece portavoce di tutti dicendogli che per quella sera tutta la sua famiglia era ospite della comunità, che voleva festeggiare l'evento del loro ritorno.” Ancora “Fu come se quel ritorno avesse colmato un vuoto e la vita delle casette per diverso tempo si espresse con un pizzico di gioia nuova tra le solite parolacce, urla e scherzi. Col passare del tempo, quelli a cui cominciava ad appannarsi la memoria, riferendo avvenimenti del passato, dicevano “quel fatto accadde l'anno del ritorno di Ninniu””.
Nell'ultimo racconto, Zappuittu è l'emblema degli “sconfitti dalla Storia”. Esordisce con “… Tra sabbie e giunchi, ai primi del novecento, prese a sgambettare con gli altri ragazzini, anche Domenico, il primo di una nidiata di undici figli, che presto tutti avrebbero chiamato Zappuittu (la Toppa), perchè vestiva letteralmente di stracci rattoppati, che la madre raccoglieva in giro per la case a Is Arrius.”
Il personaggio descritto rappresenta la maschera disperata di chi con le poche forze che gli rimangono, a volte non rendendosene pienamente conto, cerca un possibile riscatto non riuscendoci, se non per brevi momenti della propria vita, in un periodo di fame e povertà vera, quella che oggi vediamo negli occhi dei disperati che migrano dall'Africa e, pur di scappare dai “campi di concentramento della Libia”, affrontano i flutti del Mediterraneo con dei barconi pericolosissimi e, troppo spesso, vi muoiono.
Zappuittu, un reietto della sua Comunità, ha un breve periodo di riscatto dopo aver assaporato per la prima volta il sesso, seppure a pagamento, in un casino del vicino centro abitato di Tancori. Quasi si innamora di Rosina, per lei cambia il suo stile di vita, smette di bere, le donne di Is Arrius lo guardano con occhi diversi da prima, lo aiutano persino a vestirsi meglio, risparmia tanto con l'obiettivo di riandare da Rosina. Appena può va a cercare la sua prima donna, che sarà anche l'ultima, ma, amaramente, scopre che il casino non c'è più, perchè, nel frattempo la appena nata Repubblica ha chiuso le “case di tolleranza” con la Legge a firma della Senatrice Lina Merlin. Questa situazione vede Zappuittu che non si contiene e che, con toni più di rabbia che di dispiacere, dice “Le leggi sono sempre contro i poveri, perchè quelli che le fanno sentono solo la voce del loro denaro. E con i soldi quelli hanno le donne come l'acqua, che li possa annegare! Mentre noi non abbiamo neanche la goccia che serve per bagnarci le labbra. Tutta colpa della repubblica, che lascia comandare ai preti. Mussolini avrà sbagliato a fare la guerra, ma era un uomo, era maschio, e capiva benissimo che dopo il pane una cosa non doveva mancarci: il casino.”
Dopo la delusione torna nella sua capanna, riprende la sua vita solitaria, fatta di bevute e abbrutimento “finchè un giorno di gennaio lo trovarono assiderato tra i giunchi, coperto di brina, morto.”
Ho letto gli otto racconti “tutto d'un fiato”. Alla fine del libro ho provato un senso di ritrovata serenità, anche se gli ultimi due racconti sono drammatici, la scrittura è piacevole, immediata, mi ha ricordato i vecchi racconti dei miei anziani parenti, quando in gruppo, sognanti, insieme ai miei numerosi fratelli e sorelle, pendevamo dalle labbra di chi raccontava storie, tra il fantastico e la cruda realtà della vita agropastorale. Il ritmo degli avvenimenti ti prende, non mancano momenti di vera poesia, il grande amore di Giuditta, prima per suo marito Giovanni e, soprattutto, una volta diventata vedova, per Sisinnio, il fattore che, in silenzio, aveva, forse da sempre, un debole per lei.
Nel racconto “La mano di Dio” il personaggio di Giulia, che apprende dalla nonna l'arte della guaritrice, attinge alle conoscenze che Nando Cossu ha dimostrato nelle sue precedenti pubblicazioni.
Nel racconto “Il tesoro di Eufrasia”, quest'ultima rappresenta l'astuzia della donna, che riesce, comunque, a riscattarsi dalla sua infanzia di povera, in un mondo in cui il potere è maschile.
I due racconti “Don Serafino e la Repubblica” e “Franz”, a cavallo tra la seconda guerra mondiale e l'avvento della Repubblica, sono uno spaccato delle vicende che si intrecciano in una Comunità che vede prima l'occupazione dei tedeschi e dopo guarda con disincanto a quel periodo, che, comunque, è di grande trasformazione, ma, anche, di grandi trasformismi.
É evidente che Nando Cossu ama i suoi personaggi, sembra accarezzarli, dimostra di conoscere l'animo umano e le vicende delle nostre Comunità. Ha la delicatezza e l'empatia di chi è dalla parte degli sconfitti della Storia.
Giampiero Vargiu
Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.