di Giampiero Vargiu
Mi è già capitato di scrivere che il secolo scorso era iniziato con la grande utopia futurista ma è finito con la nostalgia. Ma nella storia spesso la nostalgia diventa pericolosa perchè vira in una versione restauratrice, che caratterizza i risvegli nazionali e nazionalistici, in corso in tutto il mondo, dediti alla mitizzazione della storia in chiave anti moderna, attraverso il recupero di simboli e miti nazionali. Si ritorna indietro a domande sul sangue, sul suolo, su idee che sembravano superate. Così si supera anche il tabù del razzismo esplicitato, con tutta la politica dell’odio.
Non c’è pensiero se non c’è la decostruzione anche dei miti e non c’è la decostruzione del mito, per esempio, del sangue, perché il diritto del sangue è un mito, il diritto del suolo è un mito e porta alle vicende di respingimento dei migranti.
Come ho già scritto in altri pezzi apparsi sul sito dell’Associazione, in tanti si affannano nel tentativo di interpretare l’attuale situazione della nostra Società globalizzata: crisi economica, di valori, crisi culturale, nuova situazione geopolitica, crisi degli Stati nazionali, delle Istituzioni democratiche, “guerre di civiltà”, terrorismi, nazionalismi, sovranismi, tramonto del “sogno europeo”.
Oggi molti provano un sentimento pieno di rabbia, di frustrazione, e si lasciano convincere della bontà di una cultura dominante neoliberista e, disillusi, si rivolgono, con nostalgia, al passato, per paura del futuro, per paura del diverso, il rifugio nell’egoismo più sfrenato della “Società del consumo”. Il neoliberismo ha contribuito e continua a contribuire nella esaltazione di questa paura e la politica sembra non più in grado di esercitare la funzione di potere che è indispensabile per affermare i principi della Democrazia. Da qui la crisi delle Democrazie, in particolare, quelle occidentali. L’incapacità di far prevalere i valori della socialità, della giustizia, dell’uguaglianza e della pace tra i popoli. La difficoltà nella costruzione degli Stati Uniti d’Europa, il sogno di sviluppare sempre di più la capacità di relazione tra popoli che hanno storie diverse ma molte affinità culturali.
Nel frattempo si è aggiunta la pandemia del coronavirus.
Anche se molti continuano a dire che “andrà tutto bene”, che finita la pandemia saremo in grado di costruire un mondo migliore, la pandemia dovuta al coronavirus rischia di farci rivivere questa situazione di paura del futuro e di favorire un ulteriore decadimento della nostra Democrazia. Nella situazione in cui l’intelligenza artificiale e, più in generale il digitale, acquistano sempre più potenza, i cambiamenti climatici si evidenziano sempre più nei loro effetti catastrofici e i valori di socialità, di giustizia e di uguaglianza da più parti sono rimessi in discussione, forse, abbiamo ancora di più bisogno di pensiero, di squarci di luce e di dare fondamento a un nuovo modello di società umana.
C’è anche chi sostiene che serve un nuovo modello educativo, ma anche questo nell’era del digitale potrebbe non bastare perchè l’educazione deve essere vista come un’assunzione di responsabilità e non come un giudizio sulla persona che avrebbe bisogno di educazione. L’educazione, in ogni caso, non basta perchè se la responsabilità riguarda cose molto complicate, come per esempio la potenza del digitale nella società dell’informazione, va condivisa dal punto di vista sociale, ci vuole la governance sociale, l’Istituzione, la componente socio – politica.
Il digitale, i social network, l’intelligenza artificiale non sono in assoluto buoni e non sono in assoluto cattivi.
Per governare al meglio questa situazione ci vuole la Politica con la P maiuscola, ci vogliono Istituzioni internazionali che la regolino, che pongano dei limiti condivisi. Un ruolo importante sta assumendo l’Unione Europea in questa ottica, ma ci vuole un’azione più vigorosa e accordi internazionali a livello mondiale che mettano il digitale al servizio della vita.
Luciano Floridi, insegnante a Oxford di Filosofia e Etica dell’Informazione, affronta in maniera molto interessante questi aspetti e l’esigenza di progettare una società che, per avere un reale progresso sociale, deve avere la capacità di mettere insieme i valori della vita e il digitale. Sono esemplificativi di questa necessità di un progetto di una società a misura dell’uomo e del mondo i suoi ultimi tre saggi “La quarta rivoluzione”, “Pensare l’infosfera” e “Il verde e il blu”.
In una intervista di Ferruccio De Bortoli a Luciano Floridi viene affrontato il tema della vita al tempo del digitale e la nuova etica che deve riguardare anche il digitale, insieme ad alcuni considerazioni molto interessanti sull’ educazione, sulla Democrazia e sul lavoro.
Vi invito a prendere visione del video allegato oggetto di questa intervista, nella quale Luciano Floridi, in maniera equilibrata, individua un possibile e necessario progetto di convivenza tra i valori del mondo della vita e il digitale.