di Giampiero Vargiu
In queste giornate in cui i numeri della pandemia ci stanno preoccupando moltissimo, come riporta su Tiscali News la giornalista Claudia Fusani, giornalista, scrittrice ed opinionista tv, il Ministro della Ricerca e dell’Università Gaetano Manfredi dice che “La competenza è tornata di moda e sono sicuro che arriverà dal nostro mondo il lascito migliore della pandemia”. Università e ricerca sulle quali il Ministro Manfredi riesce a far arrivare fondi e investimenti: nella Manovra ci sono 6,1 miliardi. Una rivoluzione dopo anni di tagli.
In questo anno di grande difficoltà, mi sembra importante riportare alcune delle cose dette in quella intervista, che riporto integralmente in alcuni passaggi.
Ministro, come sta vivendo il mondo universitario la pandemia? Come siete usciti dal primo lockdown?
“Tutto sommato è andata bene perché siamo riusciti a convertire la didattica in presenza in didattica a distanza in tempi rapidi. Tutti gli studenti sono stati in grado di modificare la propria attività universitaria senza interruzioni significative. Lo confermano i numeri, dei laureati e delle sessioni di esame sostenute, che sono rimasti inalterati rispetto all’anno precedente”.
Connessione, devices, wifi: ha funzionato tutto? Zero intoppi?
“Tutto, alla perfezione. Ci sono lezioni con anche settanta collegamenti e altrettanti in presenza. Del resto abbiamo fatto interventi mirati: 60 milioni per un nuovo sistema di telecamere per trasmettere le lezioni e il cablaggio delle aule. Più di 20 milioni per gli studenti con Isee basso per avere in uso device e connessione gratuita. Abbiamo garantito il collegamento a 200-300 mila studenti”.
Nonostante i divieti, sono aumentate le immatricolazioni. Ha capito perché?
“Da una prima ricognizione – un quadro definitivo lo avremo tra un paio di settimane – sono cresciute di circa il 3%. I motivi sono almeno due. Abbiamo fatto un investimento importante sul diritto allo studio che ha ridotto le tasse universitarie. Con il decreto Rilancio è stata una misura contingente. Con la legge di bilancio l’abbiamo resa strutturale”.
Nel caos di queste ore è passata sotto silenzio il disegno di legge collegato alla Manovra che istituisce le lauree abilitanti. Parliamo di odontoiatria, psicologia, farmacia e veterinaria. Una buona notizia, finalmente.
“Con la laurea abilitante si unificano nella stessa sessione l’esame di laurea e quello per accedere alla professione e all’iscrizione all’albo. Lo sforzo è stato quello di inglobare il tirocinio professionale obbligatorio nel corso di studi. Siamo di fronte ad una grande semplificazione che riduce i tempi di accesso al mercato del lavoro”.
La prima è stata medicina. Quindi i giovani laureati possono già stare a contatto con pazienti, fare assistenza domiciliare e in ospedale. Ci sono state criticità?
“L’unico problema è stata la coincidenza con la pandemia. Quindi i giovani dottori si sono trovati a sostituire o aiutare i medici di base in un momento molto difficile. Direi che ce la siamo cavata”.
In Italia mancano 56 mila medici. Il dato lo fornisce Consulcesi, il network legale e di formazione dei professionisti della sanità. Colpa del numero chiuso? Ha ancora senso?
“Il numero chiuso ha ancora senso perché garantisce qualità di formazione. Negli ultimi anni la programmazione era stata fatta con un modello di sanità che si presupponeva che richiedesse meno medici. Ora è il modello è diverso, direi opposto, con tendenza ad ampliare il numero. Nel 2020 abbiamo aumentato di 1500 posti per un totale di 13 mila posti. Il prossimo anno cercheremo di arrivare a 14 mila posti. Inoltre sono state di recente inaugurati nuovi corsi di laurea a Taranto, Trento e in altre città”.
Qual è l’andamento con le specializzazioni? Mancano anestesisti per le terapie intensive.
“Abbiamo stanziato fondi e quindi aumentato i posti. A fronte dei 9 mila dello scorso anno, per il 2020 sono stati resi disponibili quasi 15 mila posti, che cercheremo di confermare anche per il prossimo anno”.
In Italia abbiamo solo il 28% di giovani laureati contro la media europea che è del 40%. Cosa si sta facendo per colmare questo gap imbarazzante?
“È uno degli obiettivi dei progetti che ho presentato per avere accesso al Recovery fund. Dobbiamo aumentare il numero dei laureati, incentivare i giovani ad iscriversi all’università, preparare l’orientamento e offrire loro una gamma adeguata di scelte. In Italia poi manca la formazione professionalizzate. Su questo ci saranno importanti novità”.
Cos’altro spera di ottenere dai 209 miliardi che l’Europa ci metterà a disposizione?
“Gli obiettivi del ministero sono aumentare il numero dei laureati e dei dottorati di ricerca rivolti alle imprese e alla Pubblica amministrazione. In entrambi questi settori dobbiamo aumentare la competitività tecnologica. Poi abbiamo proposto investimenti sui programmi di ricerca per avere più ricercatori – almeno seimila posti in più a tempo indeterminato – e più investimenti. Puntiamo molto, infine, sui cosiddetti “Ecosistemi d’innovazione”, luoghi dove si integra ricerca pubblica e privata, imprese e università. Ogni Regione avrà il proprio, a seconda della vocazione produttiva. Sono processi lunghi ma dobbiamo iniziare da qui e impostarli. Il tempo non è molto. E poi vedremo i nostri giovani laureati restare e non più andare”.
Buone notizie in un periodo nel quale la Scuola sembra ripiombare nell’incubo vissuto nella primavera scorsa.
‘E comprensibile che tutti pensino in questo momento alle difficoltà della situazione attuale. Sono in difficoltà i cittadini, le istituzioni, la sanità, la scuola, le imprese. Sembra non esserci luce in fondo al tunnel, ma è la Scuola e la competenza che ci possono salvare, adesso e una volta superata la pandemia da coronavirus.
Sono convinto più che mai che il progresso della nostra Comunità nazionale e, più in generale, della Comunità Umana, passi, oggi più che mai, con l’avvento dell’intelligenza artificiale, dell’Internet delle Cose (IoT), della robotica, della Società della Infosfera e della Globalizzazione, attraverso la valorizzazione della “risorsa umana”.