di Giampiero Vargiu

La maggior parte dei Media hanno giustamente dato spazio in questi giorni alla notizia che, a seguito del via libera dei Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente, la SOGIN ha pubblicato la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) alla localizzazione del Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi sul sito internet depositonazionale.it.

Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee

La carta individua 67 siti sparsi in sette Regioni (Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna). 14 riguardano la Sardegna. Quelli sardi (dei quali esiste anche una carta che li ubica) sono stati individuati in numero pari a:

Estratto della Carta con ubicazione dei 4 siti ubicati nella provincia di Oristano

– 4 in provincia di Oristano (Siapiccia, Albagiara-Assolo-Mogorella-Usellus, Assolo-Villa Sant’Antonio, Albagiara-Usellus);

– 10 tra il Medio Campidano, il Sarcidano e la Trexenta (Nuragus, Nurri, Genuri-Setzu-Turri, Pauli Arbarei-Setzu-Tuili-Turri-Ussaramanna, Gergei, Las Plassas-Pauli Arbarei-Villamar, Mandas-Siurgus Donigala, Segariu-Villamar, Guasila, Ortacesus).

In tutte e sette le Regioni si è scatenato il finimondo, con i governatori, i rappresentanti di Enti Locali, i politici e i sindacalisti in prima fila a minacciare azioni di ogni tipo contro i possibili siti idonei a ospitare il Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi.

Qualcuno, come il segretario regionale e il capogruppo in Consiglio Regionale del PD, rispettivamente Emanuele Cani e Gianfranco Ganau, hanno addirittura anticipato la pubblicazione della Carta.

Infatti, nella NUOVA del 4 dicembre scorso dicono “Apprendiamo che sarebbe prossima la pubblicazione della relazione tecnica predisposta dalla SOGIN, per l’individuazione delle aree idonee allo smaltimento di scorie nucleari sul territorio nazionale. In attesa dell’ufficializzazione e che siano quindi pubblicati i risultati dello studio che potrebbe vedere la Sardegna come sede idonea, ribadiamo con forza la contrarietà ad accogliere i depositi di scorie nucleari sul nostro territorio regionale”.

Come comunicato in una nota dell’Agenzia ANSA del 5 dicembre scorso, il presidente della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna Christian Solinas ha detto “Indicare 14 siti in Sardegna sui 67 individuati complessivamente in Italia per la realizzazione del deposito unico dei rifiuti nucleari rappresenta l’ennesimo atto di arroganza e prevaricazione di uno Stato e di un Governo che non hanno alcun rispetto per l’isola e per la volontà chiaramente espressa dal Popolo Sardo, in maniera definitiva e irrevocabile, con un referendum ed una legge regionale. Metteremo in campo ogni forma democratica di mobilitazione istituzionale e popolare per contrastare questa decisione e preservare la nostra Terra da questo ennesimo oltraggio”.

Peccato che il nostro presidente della Giunta Regionale, alla faccia della trasparenza e della partecipazione dei cittadini alle decisioni importanti, abbia qualche settimana fa annunciato in pompa magna di aver presentato, all’oscuro di tutti, 206 progetti a valere sui fondi di Generazione Futura, che l’Italia ha ottenuto dalla Unione Europea in misura pari a 209 miliardi di euro e da utilizzare da qui al 2026. Questo in una situazione nella quale si parla al massimo di 50 progetti da finanziare su tutto il territorio nazionale. Che dire? Il modo migliore per non farsi finanziare niente.

Insomma tutti con l’elmetto in mano. Sono convinto che pochi conoscono gli antefatti a questa pubblicazione, le responsabilità delle scelte, il merito delle scelte tecniche previste nel progetto preliminare e i passaggi procedurali da seguire nel futuro. Tutte questioni che, in democrazia, per prime dovrebbero essere le istituzioni a spiegare ai cittadini, in modo che questi ultimi agiscano di conseguenza, debitamente informati.

Breve sintesi di alcuni aspetti della storia sui rifiuti nucleari

Premetto che credo che l’ambiente sia la nostra casa comune e, quindi,  ce ne dobbiamo prendere cura e va preservata da tutti gli abusi del consumismo sfrenato degli ultimi decenni. Ritengo una conquista storica per la Sardegna il Piano Paesaggistico del 2006. Sono, in particolare, sempre stato contrario all’uso della fissione nucleare. Tengo a evidenziare che, sopra ogni altro aspetto, ritengo indispensabile una corretta informazione dei cittadini sulle questioni che li riguardano e, soprattutto, che debbano esserci le reali condizioni di partecipazione alle decisioni, almeno, sulle questioni rilevanti come quella di cui scrivo.

Provo, quindi, umilmente, ad approfondire, alcuni aspetti di questa vicenda, sperando di essere utile.

La SOGIN (Società per la Gestione degli Impianti Nucleari), viene costituita dall’ENEL con atto notarile il 31.05.1999 davanti alla notaia Matilde Atlante, in conformità all’art. 13, comma 2 lettera e) del Decreto Legislativo del 16.03.1999 n. 79 e ai sensi dell’art. 10, comma 1 lettera a), del Decreto Legge del 31.05.1994 n. 332, convertito nella Legge del 30.07.1994 n. 474.

Tra il novembre e il dicembre del 2003, per 14 giorni, la comunità di Scanzano Jonico, in Basilicata, si oppose in maniera energica e decisa, alla volontà del Governo di Silvio Berlusconi, che, in base al Decreto Legge del 14 novembre del 2003 n. 314, intendeva realizzare in quei territori un deposito nazionale per le scorie radioattive. Le proteste convinsero il Governo a rimettere in un cassetto quella decisione.

Il Decreto Legislativo  del 15.02.2010 n. 31, con al governo Silvio Berlusconi, con l’art. 25 decide di dare avvio alle procedure per la localizzazione, costruzione ed esercizio del Deposito Nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi e del Parco Tecnologico e, con i commi 3, 3 bis e 3ter dello stesso art. 25, mette in capo alla SOGIN tali compiti. Per essere precisi, l’art. 25 fu modificato dal Governo di Matteo Renzi per introdurre dei benefici economici per le comunità dei territori interessati dalla ubicazione del Deposito Nazionale e del Parco Tecnologico con il Decreto Legge del 31.12.2014 n. 192 come convertito nella Legge del 27.02.2015 n. 11.

A inizio 2015, la SOGIN aveva consegnato all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la  Ricerca Ambientale) e al Governo di Matteo Renzi la proposta di Carta delle Aree parzialmente idonee, con 100 possibili siti per ospitare il Deposito Nazionale. Il 16 aprile dello stesso anno i Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente hanno dato due settimane a SOGIN e ISPRA per le valutazioni conclusive. Dopo cinque anni niente sembra sia stato fatto.

La Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia a novembre scorso.  L’accusa è di non aver ancora adottato un Programma Nazionale per la gestione delle scorie radioattive, dopo l’abbandono dell’Italia del nucleare, a seguito di vari referendum (nel 1987 e nel 2011), che avevano decretato la chiusura delle centrali nucleari.

In Italia ci sono ancora circa 30mila metri cubi di scarti di materiali radioattivi, ubicati in 20 siti sparsi in tutta Italia ritenuti non idonei:

Carta con ubicazione dei siti attuali con depositi non idonei

– 4 centrali di decommissioning (SOGIN);

– 4 impianti del ciclo del combustibile in decommissioning (ENEA/SOGIN);

– 1 reattore di ricerca CCR ISPRA-1 (SOGIN);

– 7 centri di ricerca nucleare (ENEA Casaccia, CCR ISPRA, Deposito Avogadro, LivaNova, CESNEF-Centro Energia e Studi Nucleari Enrico Fermi-Università di Pavia, Università di Palermo);

– 3 centri del Servizio Integrato in esercizio (Nucleco, Campoverde, Protex);

– 1 centro del Servizio Integrato non più attivo (Cemerad).

Oltre a questi ci sono quelli spediti in Gran Bretagna e Francia nel corso degli anni e che dovranno rientrare in Italia nel 2025, dopo adeguato riprocessamento, ma non abbiamo ancora iniziato a individuare il sito per il Deposito Nazionale. Inoltre, sono da prendere in considerazione i rifiuti radioattivi sanitari e industriali.

Quest’ultima procedura non è la sola in corso per l’Italia. C’è quella 2016/2027, che riguarda la mancata trasmissione del Programma Nazionale per la Gestione del combustibile esaurito e delle scorie radioattive e che ha portato a una condanna della Corte di Giustizia della UE. Si trovano nella situazione dell’Italia anche la Croazia e l’Austria.

Un’altra procedura di infrazione è la 2018/2044 per la mancata attuazione della Direttiva 2013/59/EURATOM, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative all’esposizione delle radiazioni ionizzanti.

Qualche dettaglio sul progetto preliminare della SOGIN

Adesso, dopo che nessuno si era preso la responsabilità di far partire almeno un processo che potesse portare a una decisione, nessuno vuole il Deposito Nazionale nel “proprio cortile” (sindrome Nimby).

Sulla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee alla localizzazione del Deposito Nazionale dei Rifiuti radioattivi e sul relativo Progetto preliminare, entrambi presenti nel sito internet depositonazionale.it, mi sembrano importanti i seguenti aspetti, ugualmente presenti:

– la scelta dei 67 siti è stata fatta in base a 15 parametri di esclusione e 13 di approfondimento nella fase di localizzazione, individuati dall’ISPRA con la propria Guida n. 29 “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività). l’ISPRA, a sua volta, ha utilizzato le indicazioni previste nelle Guide IAEA (International Atomic Energy Agency) per gli Standard di Sicurezza per le Persone e l’Ambiente da rispettare per la presenza di rifiuti radioattivi (per esempio, la n. 29). le Guide Tecniche dell’ISPRA sono emesse ai sensi dell’Art. 153 del Decreto Legislativo del 17 marzo 1995 n. 230 e successive modifiche e integrazioni;

– è partita una consultazione nazionale, in base alla quale tutti, istituzioni, Sindacati, cittadini e Imprese, possono presentare osservazioni entro i prossimi 60 giorni, a decorrere dal 5 gennaio scorso;

– le aree individuate in Sardegna sono tutte di classe B, quindi,  meno indicate di quelle in classe A1 (molto buone) e A2 (buone), che stanno tutte nella penisola;

Tabella con indicazione delle classi utilizzate dalla SOGIN

– nei successivi quattro mesi ci sarà un seminario nazionale, nel quale sarà possibile valutare quanto è emerso e i possibili scenari futuri alla presenza di Enti Locali, Associazioni di categoria, Sindacati, Università ed Enti di Ricerca;

– SOGIN aggiornerà, quindi, la CNAPI in base ai suggerimenti e alle osservazioni e la sottoporrà ai pareri dei Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dell’Ente di Controllo ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione). Successivamente a queste valutazioni, il Ministero dello Sviluppo Economico redigerà la proposta definitiva denominata CNAI. Il Governo avrà la responsabilità della scelta definitiva. Questa definizione di dettaglio del sito definitivo avverrà in circa 4 anni;

– nel progetto preliminare allegato nel sito depositonazionale.it sono presenti gli schemi delle quattro barriere protettive nelle quali si prevede vengano confinati i fusti con i rifiuti radioattivi. Nello stesso sito è possibile approfondire altri aspetti del progetto e gli specifici criteri utilizzati per individuare i siti;

– il deposito e il parco si stima che dovrebbero costare poco meno di un miliardo di euro, occupare circa 4000 addetti durante la realizzazione e circa 700 – 1000 nella gestione a regime e impegnare circa 150 ettari.

Conclusioni

Al di là delle proteste di questi giorni, la penso come Gian Piero Godio di Legambiente e Pro Natura del Vercellese, già ricercatore ENEA, memoria storica e attivista infaticabile del “Movimento No Nuke”, che così si pronuncia su “il manifesto”, a pagina 6, del 6 gennaio appena trascorso:

“Finalmente è arrivata la mappa dei siti potenzialmente idonei per il deposito nazionale. È giunta anche dopo una nostra diffida ai Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico del 25 novembre scorso, dove sollecitavamo la pubblicazione della mappa, attesa da ben cinque anni. Non veniva dato il nulla osta. Non decidere significava decidere di mantenere come deposito nazionale del materiale radioattivo gli inidonei siti attuali. I requisiti di ISPRA, fissati anche a livello internazionale, sono corretti: il deposito deve essere lontano da falde superficiali, da fiumi, da zone altamente popolate o sismiche. Dobbiamo valutare la loro applicazione, se è stata davvero matematica ed oggettiva. Non è il momento di parlare di come cambiare la legge ma di provare ad applicarla. Questa dice, come pure le norme europee, che si debba avere un sito unico nazionale”.

Secondo il WWF “Il tema della sistemazione finale delle scorie nucleari italiane richiede molta cautela e molta trasparenza e coinvolgimento partecipativo delle popolazioni e degli Enti Locali”.

Ecco, penso che, dopo le giuste recriminazioni, le Istituzioni sarde e tutti i soggetti che lo vorranno debbano fare possibilmente forza comune e presentare osservazioni alla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee così come individuata, nei tempi previsti di sessanta giorni, perchè la Sardegna resti esclusa, così come è già adesso, in base alla graduatoria delle aree idonee definita con i criteri utilizzati dalla SOGIN, nel rispetto della Guida n. 29 dell’ISPRA.

A questa considerazione, aggiungo che si debba far valere la condizione, che dovrebbe escluderci necessariamente, del fatto che, se venisse scelta la Sardegna, da tutte le Regioni i rifiuti dovrebbero essere trasportati via mare, che dal punto di vista del trasporto non è sicuramente quello più economico, più sicuro e gestibile. Una volta tanto la nostra insularità ci potrebbe venire in aiuto.

Questa è un’epoca, come dice il Presidente Mattarella, “di costruttori” e il sito per il Deposito Nazionale dei Rifiuti Radioattivi va individuato e costruito, ma la Sardegna ha tutte le carte in regola per dimostrare, in maniera coerente anche con i parametri utilizzati, che non può essere costruito in Sardegna.

Occorre, in particolare, essere ben informati, partecipare al processo e vigilare sulle scelte.