Condiviso da Tiscalinews
Giornalismo sardo in lutto per la morte di Piero Mannironi, storica firma del quotidiano La Nuova Sardegna, testata per la quale da inviato ha seguito alcuni dei più rilevanti fatti di cronaca isolani, rievocati di recente nell’opera “Anime maledette“, edito a fine 2020 da Il Maestrale, in cui il giornalista ripercorreva decenni di storie di malavita in Sardegna.
Nuorese, 67 anni, da anni trapiantato a Sassari, era andato in pensione nel 2015 ma non aveva mai lasciato la scrittura e aveva continuato a coltivare la passione per la professione giornalistica, rendendosi autore anche di recente di attualissime riletture, sempre sulle pagine della Nuova Sardegna, degli eventi che durante la sua lunghissima carriera hanno attraversato l’Isola e ne hanno modificato l’identità, compresa quella criminale.
Impegnato nel sindacato, dal 1988 al 1992 è stato presidente dell’Associazione della Stampa sarda. Dall’inizio dell’anno le sue condizioni di salute erano state messe a dura prova dal Covid-19, ma dopo il ricovero e la fase sintomatica più critica sembrava essersi ristabilito. Nelle ultime ore il quadro clinico è precipitato a causa di ulteriori complicazioni. Persona sobria e garbata, misurata e sensibile, lascia un grande vuoto in chiunque l’abbia conosciuto personalmente o anche solo potuto apprezzare professionalmente. Piero Mannironi lascia la moglie Daniela Scano, caporedattrice della Nuova Sardegna e tre figli: Bianca, Antonio e Claudia.
Da LA NUOVA di oggi
Scrive Paolo Merlini “Con Piero Mannironi il giornalismo sardo ha perso una figura di un’umanità profonda quanto rara in questo mestiere. Se si è una buona persona si può tentare di capire gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi, le loro difficoltà, le loro tragedie.
Piero ha raccontato questa terra, i suoi valori e le sue contraddizioni con una legge morale dentro di sé: la convinzione profonda che fare il giornalista non sia solo far parte di un’impresa editoriale e dare notizie con onestà e dovizia di particolari, ma essere partecipi di un processo di cambiamento, diventare parte attiva di un progresso sociale”.