di Giampiero Vargiu

Io non sono credente, però cerco di affrontare sempre i discorsi sulle diverse culture e sulle diverse identità religiose in punta di piedi e con il necessario rispetto, consapevole delle complessità che comportano tali argomenti.

Mi piace, al riguardo, citare tre recenti vicende.

L’enciclica “Fratelli tutti”

La prima ci introduce all’enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”.  

Scrive nel quotidiano Avvenire di domenica 4 ottobre scorsa Stefania Falasca “Un manifesto per i nostri tempi. Con l’intento di “far rinascere un’aspirazione mondiale alla fraternità”. La nuova lettera enciclica di Papa Francesco che si rivolge “a tutti i fratelli e le sorelle”, “a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose” è “uno spazio di riflessione sulla fraternità universale”.

Necessaria, nel solco della dottrina sociale della Chiesa, per un futuro “modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana”. Per “agire insieme e guarire dalla chiusura del consumismo, l’individualismo radicale e l’auto-protezione egoistica”.

Ancora, “Per superare “le ombre di un mondo chiuso” e conflittuale e “rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale che viva l’amicizia sociale”. Per la crescita di società eque e senza frontiere. Perché l’economia e la politica siano poste “al servizio del vero bene comune e non siano ostacolo al cammino verso un mondo diverso”. Perché quanto stiamo attraversando con la pandemia “non sia l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare”. Perché le religioni possono offrire “un prezioso apporto per la costruzione della fraternità e per la difesa della giustizia nella società”.

La visita del Papa in Iraq

La seconda riguarda la visita di Papa Francesco in Iraq, che è successiva all’incontro di due anni faad Abu Dhabi, con l’imam al-Tayyeb di Al-Azhar e la firma del Documento sulla Fratellanza Umana.

Durante la conferenza stampa nel volo di ritorno dall’Iraq, alle domande di Stefania Falasca, il Papa, tra le altre cose, ha detto “Il documento di Abu Dhabi del 4 febbraio è stato preparato con il grande Imam in segreto, durante sei mesi, pregando, riflettendo e correggendo il testo. È stato – e dirlo è un po’ presuntuoso – un primo passo di ciò che lei mi domanda. Questo sarebbe il secondo passo e ce ne saranno altri. È importante il cammino della fratellanza. Il documento di Abu Dhabi ha lasciato in me l’inquietudine della fratellanza, e poi è uscita Fratelli tutti. Ambedue i documenti si devono studiare perché vanno nella stessa direzione, sulla via della fratellanza. L’Ayatollah Al-Sistani ha detto una frase che cerco di ricordare bene:

“Gli uomini sono o fratelli per religione o uguali per creazione. Nella fratellanza è l’uguaglianza e sotto l’uguaglianza non possiamo andare. Credo che sia una strada anche culturale. La nostra fede ci fa scoprire che è questo, la rivelazione di Gesù è l’amore e la carità e ci porta a questo: ma quanti secoli per attuarlo! Questo è importante, la fratellanza umana, che, come uomini siamo tutti fratelli, e dobbiamo andare avanti con le altre religioni. Il Concilio Vaticano II ha fatto un grande passo in questo senso. E anche con le istituzioni seguenti: il Consiglio per l’unità dei cristiani e il Consiglio per il dialogo interreligioso. Tu sei un uomo, sei figlio di Dio e sei mio fratello, punto. Questa sarebbe l’indicazione più grande, ma tante volte si deve rischiare per fare questo passo. Lei sa che ci sono alcune critiche: che il papa non è coraggioso, è un incosciente che sta facendo dei passi contro la dottrina cattolica, che è a un passo dall’eresia, ci sono dei rischi. Ma queste decisioni si prendono sempre in preghiera, in dialogo, chiedendo consiglio, in riflessione. Non sono un capriccio, sono la linea che il Concilio ha indicato”.

Cara Italia ci siamo anche noi

La terza vicenda riguarda un pezzo di oggi 21 marzo del quotidiano la Repubblica dal titolo “Cara Italia ci siamo anche noi”, scritto da Claudia Brunetto, Massimo Calandri, Zita Dazzi e Vladimiro Polchi. Nel pezzo dedicato alla Giornata contro le discriminazioni, la Repubblica dà voce a otto giovani di origine straniera, ma nati e cresciuti in Italia. Sono professori, ingegneri, sportivi, web influencer e studenti modello.

Hanno lottato contro razzismo e burocrazia per avere diritto di chiamarsi cittadini del Paese di cui si sentono figli. E ora dicono “Siamo oltre un milione, vogliamo essere protagonisti”.

Mi ha colpito, in particolare, quanto scritto da Tasnim Ali, ragazza italiana di 21 anni nata ad Arezzo da genitori egiziani, web influencer di 307mila follower. Il titolo è “Grazie a TikTok aiuto chi mi segue a capire l’Islam”. Scrive Tasnim “I miei follower sono soprattutto 18-25enni, ragazzi italiani come me, incuriositi dalle origini della mia famiglia e dalla mia cultura, dal mio modo di vivere. Mi fanno domande, vogliono capirmi, imitarmi. Qualcuno mi critica per il velo, ma io rispondo in modo ironico. E molti si ricredono nei loro pregiudizi verso l’Islam”.

Il “Mondo di Sofia”

In questi giorni mi sta capitando di leggere il libro “Il mondo di Sofia” di Jostein Gaarder. Il sottotitolo è “Romanzo sulla storia della filosofia”. Nel libro un filosofo spiega, in maniera romanzata, la storia della filosofia alla quattordicenne Sofia.

Mi ha colpito la parte dedicata all’Ellenismo. La utilizzo, riportandone alcuni passi, per chiarire il mio pensiero.

Dice il filosofo “Comincia così una nuova epoca nella storia umana, caratterizzata dallo sviluppo di una Società per così dire “internazionale”, in cui la lingua e la cultura greca giocarono un ruolo dominante. Questo periodo, che durò circa 300 anni, viene chiamato ellenismo, un termine che, quindi, indica sia una fase storica sia la supremazia della cultura greca nei tre grandi regni della Macedonia di Alessandro Magno, della Siria e dell’Egitto.

Durante il periodo ellenistico, i confini tra le diverse culture e i vari Paesi cessarono di esistere. Prima, greci, romani, egiziani, babilonesi, siriani e persiani adoravano le proprie divinità all’interno di ciò che oggi chiameremmo una “religione di Stato”; in questa fase, invece, le culture si mescolarono e si fusero in un unico grande calderone che conteneva nozioni e idee religiose, filosofiche e scientifiche di ogni tipo. Si potrebbe dire che la piazza cittadina venne sostituita dall’arena del mondo. Certo, le vecchie piazze erano sempre state animate da voci che offrivano merci disparate e nuovi modi di pensare, eppure adesso c’era una novità: nelle piazze cittadine, infatti, si riversarono merci e idee provenienti da tutto il mondo e si sentirono anche parlare lingue diverse.

Un tempo, gli uomini erano profondamente consapevoli di appartenere a un popolo e a una città-Stato, ma, adesso, a mano a mano che i confini e le linee di demarcazione venivano cancellati, molti furono colti da un senso di insicurezza e di perplessità sul modo di affrontare la vita.”

Dice, inoltre, il filosofo a Sofia “La cultura ellenistica ha alcuni tratti in comune con quella a noi contemporanea: nella Società del XX secolo, infatti, i confini ideologici e culturali non sono ben definiti e ciò ha provocato grandi sconvolgimenti per quanto riguarda la religione e l’atteggiamento generale nei confronti della vita. Inoltre, proprio come avvenne a Roma, dove all’inizio dell’era cristiana, si diffusero dottrine religiose greche, egizie, orientali, analogamente noi possiamo trovare in tutte le città europee di una certa grandezza credenze religiose che provengono da ogni parte del mondo.”

Faccio mie le considerazioni del filosofo sull’Ellenismo.

Il multiculturalismo è possibile

Tutte e tre le vicende di cui ho scritto, ma anche la descrizione dell’ellenismo tratto dal libro “Il Mondo di Sofia”, pongono alla nostra attenzione il tema del multiculturalismo e della globalizzazione. Questi ultimi 20 anni sono stati dominati dal terrorismo, dalle crisi, prima economiche e poi finanziarie, dal sovranismo e dai nazionalismi di ritorno. Adesso ci sentiamo prigionieri della pandemia da coronavirus. Molti temono un disastro sociale alla fine della pandemia.

Certo, ci attendono anni difficili, ma la soluzione di molti problemi dell’oggi e del futuro stanno nella nostra capacità di assumere come irrinunciabile il ritorno al multilateralismo, al multiculturalismo, all’incontro tra culture e religioni diverse. Il ritorno a quella che Roberta De Monticelli chiama l”Identità di Carta”. La Carta dei Diritti Universali dell’Uomo, La Carta dei Trattati della Unione Europea, la Carta della Costituzione Italiana.

Ecco, servirebbe una Costituzione Mondiale tra i diversi continenti. Una utopia? Certo, ma senza sogni perseguiti con costanza non ci sono possibilità di avere un mondo migliore.

Per stare a casa nostra, spalanchiamo le porte alla carica dei nuovi italiani, di cui scrive il quotidiano la Repubblica. Il multiculturalismo è possibile.

Di seguito il video della web influencer Tasnim Ali.