Il Disegno di Legge n. 409, preceduto dalla Relazione della Giunta Regionale, che illustra i vari articoli, è costituita da 113 articoli ed è strutturato nel seguente modo:
– TITOLO I “Disposizioni generali”, di 34 articoli;
– TITOLO II “Atti di programmazione e governo del territorio”, di 34 articoli;
– TITOLO III “Contenuti della pianificazione”, di 30 articoli;
– TITOLO IV “Ulteriori atti di governo del territorio” di 6 articoli;
– TITOLO V “Disposizioni transitorie e finali” di 9 articoli;
– Allegato A “Parametri urbanistico – edilizi” di 11 articoli;
– Allegato B, riguardante le superfici minime d'intervento per le colture e per gli allevamenti;
– Scheda di analisi tecnico – normativa (ATN).
Secondo quanto apparso negli organi di stampa regionale, entro il 19 aprile potrebbe esserci stata tutta l'analisi degli articoli del D. L. (Disegno di Legge). Il 27 aprile dovrebbe esserci l'inizio del confronto pubblico promosso dalla Giunta Regionale. La durata di questa fase di confronto dovrebbe durare una ventina di giorni. In questo modo, già a metà maggio, la Commissione del Consiglio Regionale dovrebbe essere in grado di convocare le prime audizioni istituzionali con i portatori di interesse. L'obiettivo della Giunta Regionale sembra essere quello di far approvare il D. L. in Consiglio regionale entro l'estate.
Non mi sembra che questa tempistica sia funzionale all'esigenza di una reale informazione, partecipazione e condivisione ampia del Disegno di Legge.
Per meglio rappresentare il mio pensiero ho letto anche la Relazione della Giunta Regionale di accompagnamento al D. L., che nella sua parte introduttiva recita:
“Il presente disegno di legge recante “Disciplina generale per il governo del territorio”, contiene i principi e le finalità per una coerente tutela, uso e governo del territorio e detta le disposizioni per la formazione degli strumenti della pianificazione ai vari livelli territoriali, favorendo la partecipazione democratica ai processi decisionali. In ottemperanza ai seguenti principi e finalità approvati, con la deliberazione n. 27/14 del 15 luglio 2014, dalla Giunta regionale:
– valorizza il patrimonio paesaggistico, garantendo un corretto inserimento delle trasformazioni del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate;
– contrasta e contiene il consumo del suolo, promuovendo politiche che garantiscano la salvaguardia del territorio rurale;
– promuove il riuso e la riqualificazione delle aree urbane compromesse e degradate”.
Il mio obiettivo è quello di mettere in evidenza le coerenze e le incoerenze rispetto a questi importanti obiettivi del D. L., tenendo presente che sono contrario al pensiero di chi ritiene che bisogna cancellare completamente la proposta della Giunta Regionale e ripartire da zero: la mia esperienza mi insegna che ripartire da zero quasi sempre significa non far nulla o, nella migliore delle ipotesi, rimandare sine die. Questa proposta può essere proficuamente emendata e migliorata, soprattutto, se nei prossimi mesi ci sarà un forte impegno per l'informazione e la partecipazione dei cittadini e di tutti gli attori coinvolti.
In questo pezzo, per rappresentare le mie riflessioni, faccio tesoro e mi riferisco a quanto scritto in varie occasioni dall'Architetto Francesco Dettori e a varie osservazioni sui siti di varie Associazioni ambientaliste, in particolare, il WWF e il GRIG e a nove memorandum presenti sul sito “Sardegna Soprattutto” sugli aspetti salienti del Disegno di Legge.
Le osservazioni significative, sulle quali si concentrano le attenzioni di tutti, riguardano:
– il Capo VII “Perequazioni, Compensazione” articoli da 26 a 34 del Titolo I;
– il Capo II “Atti di Pianificazione Regionale” articolo 43 del Titolo II;
– l'Allegato A
– l'Allegato B.
A questi aggiungo l'articolo 24 “Informazione e partecipazione” e l'articolo 25 “Dibattito pubblico per le opere di rilevante impatto” del Titolo I e l'articolo 38 “Piano Paesaggistico Regionale” del Titolo II.
L'articolo 24, ingiustamente trascurato, lo considero molto importante in quanto prevede che nei procedimenti di approvazione degli atti di governo del territorio devono essere garantite adeguate forme di partecipazione dei cittadini e delle associazioni che tutelano gli interessi diffusi e la concertazioni con le parti economiche e sociali, che deve essere garantita la più ampia pubblicità e nominato il Responsabile del Procedimento di Pianificazione. In particolare, aggiungo, che andrà posta particolare attenzione alla fase operativa del comma 6, che recita “al fine di assicurare livelli uniformi all'interno del territorio, la Regione definisce con apposite linee guida le metodologie, le tecniche e le pratiche di informazione e partecipazione e incentiva forme di collaborazione interistituzionale per fornire l'adeguato supporto conoscitivo e documentale”. La partecipazione deve essere realmente garantita, senza limiti, per cui va eliminata la discrezionalità da parte dell'amministrazione pubblica procedente, prevista nel comma 8 dell'articolo 25.
Molto importante ritengo l'articolo 25, che, sul modello francese del “debat public”, introduce nell'Ordinamento della Regione Sardegna il principio secondo il quale “la realizzazione di interventi, opere o progetti, di iniziativa pubblica o privata, con possibili rilevanti impatti di natura ambientale, paesaggistica, territoriale, sociale ed economica è preceduta da un dibattito pubblico sugli obiettivi e le caratteristiche degli interventi”. In particolare segnalo il comma 5, il quale prevede che “nei casi in cui gli interventi siano soggetti a valutazione di impatto ambientale (VIA), lo svolgimento del dibattito pubblico è condizione per l'avvio della procedura di valutazione”. È, quantomeno, singolare che, essendo stato il Disegno di Legge presentato il 21.03.2017, pur non essendo ancora approvato e vigente, nella vicenda sulla dorsale di adduzione del metano, sottoposta a VIA, non si sia pensato, come esemplificazione dell'intenzione trascritta nel D.L., di seguire già questa procedura, non ancora obbligatoria, necessaria, anche per evitare i successivi conflitti possibili.
Il Capo VII ha come titolo “Perequazione, compensazione”, senza il termine “incentivazione”. Sarebbe opportuno inserire il termine incentivazione nel titolo e trattare tutte e tre gli strumenti con modalità analoghe a quelle previste nell'art. 11 della Legge Urbanistica della Lombardia n. 12 del 2005, che in un solo articolo tratta tutti e tre i temi, in quanto omogenei. Come scritto anche dall'Architetto Dettori, tutti e tre gli strumenti vanno previsti all'interno della pianificazione comunale come meccanismi ordinari.
Sulla incentivazione, definita come incrementi volumetrici, sono previsti gli articoli 29, 30, 31, 32, 33 e 34, sui quali mi soffermo.
– Art. 29 “Incrementi volumetrici per interventi in materia di efficientamento energetico degli edifici”. Stabilisce che se si realizzano “edifici a energia quasi zero” (NZEB) in data anteriore alla loro obbligatorietà (01.01.2019 per gli edifici pubblici e 01.01.2021 per gli edifici privati), sarà possibile ottenere una premialità in termini di incremento volumetrico del 25%. Ritengo importante e praticabile anche in Sardegna questo articolo, con riferimento alla sua definizione prevista nell'Allegato 1 punto 3.4 “Criteri generale e requisiti delle prestazioni energetiche degli edifici” del Decreto Interministeriale del 26.06.2015 (cosiddetto “Decreto Requisiti Minimi”). Consente l'accesso a vari bonus e incentivi nazionali (Conto Termico 2.0 e Bonus fiscali), ma porterei la premialità al 20%. I timori paventati da molti non sono fondati, perchè realizzare in Sardegna edifici NZEB è possibile, ma con costi non indifferenti, per cui non saranno in tanti a fare ricorso alla premialità prevista;
– art. 30 “Incrementi volumetrici dell'edificato esistente per la riduzione del nuovo consumo di suolo”. In attesa dell'approvazione della pianificazione comunale e/o intercomunale, le deroghe previste negli articoli 30, 32, 33, 34, 35 e 36 della legge Regionale n. 8 del 23 aprile 2015, trovano applicazione in questo articolo. Penso che non devono essere motivate unicamente con il tema del consumo di suolo, ma deve essere introdotta la motivazione dell’efficientamento energetico, reso anche in questi casi obbligatorio;
– Art. 31 “Incrementi volumetrici per interventi di riqualificazione e miglioramento della qualità architettonica degli edifici a destinazione turistico ricettiva”. Oggetto dell'articolo sono gli edifici esistenti, anche quelli riguardanti strutture localizzate nei 300 metri dalla linea di battigia marina, ridotti a 150 metri nelle isole minori. Concordo con l'Architetto Dettori sulla necessità di riqualificare il patrimonio alberghiero. L' incentivazione del 25% è previsto anche in deroga agli strumenti urbanistici. Deve essere, invece, uno strumento ordinario da utilizzare all’interno dei PUC. Questo, come ha scritto anche l'Architetto Dettori, “per vari motivi, primo fra i quali il fatto che nel momento della formazione del PUC, per prima cosa si fa un’analisi dei contesti, dei livelli di offerta e di domanda (turistica), estesa all’intero territorio comunale e/o intercomunale e si è, quindi, in grado di dosare con equilibrio e con visione d’insieme lo strumento dell’incentivazione volumetrica, fornendo anche soluzioni particolari a situazioni particolari”. Aggiungo che bisogna riconoscere almeno due livelli di miglioramento ambientale ed energetico: il 25%, abbassato al 20%, per gli interventi di demolizione e ricostruzione con minore impatto visivo, ambientale e risparmio energetico (edifici NZEB) e il 10% di incremento agli interventi di solo ampliamento, a condizione che si renda energeticamente efficiente anche la struttura esistente, con un obbligatorio miglioramento complessivo. Entrambe queste due percentuali dovrebbero avere un limite in termini assoluti per i complessi di rilevante volumetria;
– Art. 32 “Rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione”. Anche in questo caso vale quanto scritto per l'articolo 31, con l'osservazione che la Regione deve promuovere con maggiore convinzione una politica di rigenerazione energetica del patrimonio edilizio esistente in parallelo alla Legge Urbanistica;
– Art. 33 “Riqualificazione dei contesti paesaggistici e ambientali compromessi”. è una novità importante, soprattutto è una norma di incentivazione all’interno degli atti di governo del territorio, cioè all’interno dei PUC. Si tratta di un caso particolare di compensazione, già trattata all’art. 27 in generale, che si applica nei casi di messa in sicurezza del territorio da rischio idraulico, frana o ambientale in genere. È una norma di grande interesse e, aggiungo, di grande attualità e riguarda tutte le situazioni nelle quali si è costruito in contrasto con le più elementari norme di salvaguardia idrogeologica;
– Art. 34 “Registro dei diritti edificatori”. Con questo articolo viene assegnato ai Comuni l'istituzione e l'aggiornamento del Registro diritti edificatori, nel quale sono annotate, per ogni proprietà catastalmente individuata, le quantità dei diritti edificatori generate dall'applicazione delle disposizioni in materia di perequazione, premialità (attraverso incrementi volumetrici) e di compensazione.
In particolare, osservo che il Capo VII del Titolo I, con gli accorgimenti citati, va bene a patto che la Regione finanzi e supporti in tutti i modi la redazione dei PUC da parte dei Comuni, in tempi più rapidi possibile, in modo da scongiurare la necessità di agire con strumenti straordinari, come il “Piano Casa“, che non deve più essere prorogato (scade il 30 giugno 2019 ), per rimettere in moto l’economia.
Il Titolo II “Atti di Programmazione e Governo del Territorio” contiene tre articoli, il 35 “Programma Regionale di Sviluppo”, il 38 “Piano Paesaggistico Regionale” e il 43 “Programmi e Progetti Ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico”, che meritano particolare attenzione.
Li cito tutti e tre, perchè risulta evidente dalle considerazioni seguenti che sono strettamente legati e che questo tipo di impostazione, con una visione complessiva degli articoli e delle riflessioni conseguenti che ne derivano, dimostrano che l'articolo 43 è inutile dal punto di vista della efficacia di tale strumento ad hoc, perchè non può produrre gli effetti sperati meglio e più velocemente di una procedura ordinaria di pianificazione comunale e/o intercomunale:
- L’art. 43 “Programmi e progetti di grande interesse sociale ed economico” è inserito al Capo II tra gli Atti di pianificazione regionale, insieme al Piano Regionale di Sviluppo e al Piano Paesaggistico Regionale. Gli si riconosce, quindi, una rilevante valenza insieme pianificatoria, perché porta a scelte localizzative e programmatorie. Se esistono istanze da parte dei territori (Comuni e Unioni di Comuni) della Regione e di altri organismi pubblici e/o privati per programmare progetti di grande interesse economico e sociale, si possono incanalare in una procedura ordinaria che li inserisce nella programmazione generale o di settore, come il “Piano Strategico del Turismo”, che privilegi la ricettività diffusa, soprattutto ai fini della valorizzazione delle zone interne e della conoscenza del patrimonio socio culturale sardo, il “Piano dei Trasporti” e il “Piano Energetico e Ambientale Regionale;
- la procedura dell’art. 43 e i contenuti della proposta di intervento sono molto complessi e presuppongono un iter molto lungo. La proposta contiene al comma 6) punto d) una istanza di adeguamento integrazione e specificazione della disciplina del PPR sulle aree a tutela integrale. Se è pur vero che quando si pianifica alla scala locale alcune indicazioni del PPR sui vincoli paesaggistici possono essere corrette (alleggerendo o appesantendo il vincolo) per effetto di una maggiore conoscenza delle situazioni ambientali specifiche, non si capisce perché i progetti di grande interesse economico e sociale non debbano rispettare in prima battuta le indicazioni del PPR. Sempre al comma 6 punto g) si parla di adeguamento degli strumenti di pianificazione vigenti; considerando il fatto che moltissimi Comuni della Sardegna hanno ancora il vetusto Programma di fabbricazione, sarebbe il caso di progettare nuovi PUC che includano le istanze e i progetti di sviluppo locale;
- La procedura prevista per tali progetti prevede che, se superano i primi passi, il tutto si traduce in un Accordo di Pianificazione (comma 9), da sottoporre a tutti gli Enti interessati (compreso il MIBAC). Se l’Accordo determina la variazione degli strumenti urbanistici, come accadrebbe nella totalità dei casi, si applicano le procedure previste dagli Accordi di Programma (comma 11). Se l’Accordo determina l’aggiornamento del PPR (comma 12), si applica la procedura prevista per l’approvazione del PPR e l’accordo resta sospeso fino alla conclusione dell’iter di modifica del PPR. In aggiunta, dovendo procedere con la Variante allo Strumento Urbanistico (variante al PUC o nuovo PUC se il Comune è dotato di solo Programma di fabbricazione), vanno previste le procedure per la Valutazione Ambientale Strategica. Come evidente, è più semplice, razionale e coerente con la logica della partecipazione dei territori alle scelte di sviluppo locale, progettare i PUC, che contemplino i Progetti di Sviluppo locale, che siano già compatibili con il PPR.
È un articolo da eliminare.
Di notevole interesse è l'articolo 38 “Piano Paesaggistico Regionale”, che al comma 1 recita ” La Regione, attraverso il Piano Paesaggistico Regionale, assicura che l'intero territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito, ne riconosce le caratteristiche paesaggistiche e ne delimita i relativi ambiti”. La Regione si impegna, quindi (punti 2 e 3), a progettare tutti gli ambiti territoriali, con le relative linee di sviluppo dell'assetto territoriale, in coordinamento con gli strumenti regionali di programmazione economico – finanziaria, con l'individuazione degli elementi per la territorializzazione delle politiche regionali di sviluppo e del quadro di riferimento e di coordinamento tra la tutela e la valorizzazione del paesaggio e dello sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale. Ovviamente, in quella fase di copianificazione, vanne tenute in considerazione le specificità delle “Zone Interne” rispetto agli Ambiti Costieri, in particolare, dal punto di vista della problematica legata allo spopolamento.
Altra novità importante potrebbero essere gli Accordi di Pianificazione previsti alle lettere m) e n) del punto 3: in quella fase andrebbero definiti, in copianificazione, i perimetri degli ambiti dei “Centri di Antica e Prima Formazione” (“Centri Matrice”), in modo da evitare successivi passaggi burocratici.
Degni di nota sono anche l'articolo 106 “Conclusione dei procedimenti in itinere”, l'articolo 107 “Adeguamento della disciplina urbanistica locale” e il 109 “Abrogazioni, sostituzioni e modifiche”, indispensabili dal punto di vista della chiarezza e della sovrapposizione tra diverse leggi.
Per quanto riguarda l'Allegato A occorre precisare l'obiettivo del D. L. 409, come sostiene anche l'Architetto Dettori, che è quello di “superare il complesso e non coordinato impianto normativo in materia di gestione del territorio che si è prodotto nell’arco di un quarantennio. Per questo motivo è una legge insieme procedurale, indica quali saranno i nuovi livelli e strumenti della pianificazione e quali sono le loro procedure di formazione e modifica e di contenuti operativi, quali e di che valore quantitativo sono i parametri urbanistici ed edilizi che vanno seguiti nella redazione degli strumenti di gestione del territorio. Per questo motivo è venuto fuori un disegno di legge con un articolato molto corposo che di fatto sostituisce i contenuti della vigente Legge Urbanistica 45/89 e quelli del Decreto Floris 2266/U 1983. La critica che fa Soru al fatto che 113 articoli sono troppi e che il testo è eccessivamente complesso, non tiene conto della natura di Testo Unico integrato del Disegno di Legge, che va a sostituire quanto precedentemente prodotto in materia, senza dovere rinviare parti, ad esempio, come i nuovi parametri urbanistico – edilizi a futuri Decreti Assessoriali”.
L'Allegato A si suddivide in Ambiti Residenziali e Ambiti Turistici. A questi si aggiunge l'Allegato B, che di fatto è una tabella sulle Superfici minime di intervento (SMI) per coltura e per allevamento relativo agli ambiti rurali.
L’Allegato A “Parametri urbanistico – edilizi”, si suddivide in 11 articoli, da A.1 a A.11.
I primi tre articoli A.1 – A.3 riguardano i parametri urbanistico edilizi per gli ambiti residenziali, suddivisi nelle tre fasce dimensionali di Comuni (sopra il 25000, tra 25000 e 5000 e sotto i 5000 abitanti).
I parametri riguardanti gli standard urbanistici (ora chiamati Dotazioni territoriali essenziali) sono di tipo quantitativo e si suddividono nelle tre sigle SE, SV e SP, dove SE sono le aree occupate da edifici di interesse collettivo, SV sono gli spazi aperti per lo svago e lo sport e SP sono gli spazi per parcheggi e piste ciclabili. Come per il Decreto Floris, oggi in vigore, viene attribuito un parametro di m2 ad abitante presente e futuro, che nel Floris era pari a 18 m2/ab e con il D. L. 409 diventa pari a 10,57m2/ab in ambito urbanizzato e 19,5 per le future trasformazioni.
Come sostenuto dall'Architetto Dettori, “sulla correttezza di tale adeguamento dimensionale c'è da osservare che, su questo punto essenziale (gli standard urbanistici) non si è fatto il necessario sforzo culturale e politico per superare un criterio, quello della dotazione dimensionale, che rimanda alla stagione eroica dell’urbanistica riformista degli anni ’60 del 900”.
Infatti, occorre ricordare che, con il Decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 che fissa : ” limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti” si introduce per la prima volta il concetto che le rapidissime espansioni urbane del secondo dopoguerra, per lo più guidate dalla rendita fondiaria e dalla speculazione edilizia, andavano governate assicurando livelli minimi obbligatori (standard) di servizi alla popolazione.
Per tutta una serie di ragioni questa stagione può dirsi superata ed il dibattito sui servizi in Italia si è spostato dalla dotazione minima di superficie per abitante al servizio effettivamente reso al cittadino, costringendo il pianificatore ed il politico a confrontarsi con l’effettiva presenza di un determinato servizio in un determinato contesto.
Al riguardo, è necessario un emendamento, che potrebbe essere quello di aggiungere all’art. 90 “Dotazioni territoriali essenziali” un riferimento al “Piano dei Servizi”, nella forma utilizzata dalla Legge Regionale 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio della Regione Lombardia, che all’art. 9, comma 1, così lo definisce: “I Comuni redigono ed approvano il Piano dei Servizi al fine di assicurare una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale, le eventuali aree per l’edilizia residenziale pubblica e da dotazione a verde, i corridoi ecologici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato, nonché tra le opere viabilistiche e le aree urbanizzate ed una loro razionale distribuzione sul territorio comunale, a supporto delle funzioni insediate e previste. L’individuazione delle aree per l’edilizia residenziale pubblica, quale servizio di interesse pubblico o generale, è obbligatoria per i Comuni indicati dalla Giunta Regionale con apposita deliberazione, sulla base dei fabbisogni rilevati dal Programma Regionale per l’edilizia residenziale pubblica.
L'articolo A.4 riguarda la determinazione del fabbisogno quantitativo per gli ambiti di interesse turistico che, come per i primi tre articoli sulla residenza, introducono parametri quantitativi similari a quelli già presenti nel Decreto Floris. Il concetto che si mantiene è quello della correlazione tra lunghezza della costa e turisti insediabili (espressi in metri cubi). Le modalità di calcolo del Disegno di Legge 409 sono leggermente più raffinate delle modalità del Decreto Floris ma portano a risultati molto similari.
Le obiezioni su questo articolo sono essenzialmente tre:
- La prima è stata sollevata da Soru, il quale ha fatto notare che il nuovo metodo di calcolo non tiene conto della “Legge Salvacoste” (L. R. n. 8/2004) e del successivo PPR, che hanno dimezzato i risultati del calcolo del dimensionamento costiero. Poichè, nel frattempo, un certo numero di PUC costieri sono stati approvati con questa limitazione, si creerebbe una disparità di trattamento con i prossimi PUC, oltre che la possibile richiesta, di qui a pochi anni, di adeguamenti “in crescita” dei PUC precedentemente adeguati al PPR. Per esempio, i territori più virtuosi in termini di salvaguardia delle coste non verrebbero danneggiati da una normativa che dimezza i calcoli avendo adeguati margini di intervento, mentre quelli, nei quali si è costruito oltremodo, si troveranno ad aver superato i parametri maggiormente favorevoli;
- Al comma 4 , dove sono indicati i parametri quantitativi, è da eliminare, comunque, la lettera b), dove compaiono le residenze per le vacanze e per il tempo libero;
- Un’ultima considerazione, in generale, riporta al discorso del superamento dei parametri quantitativi a favore di parametri qualitativi ed esigenziali sul turismo sostenibile. Il concetto di dimensionamento costiero che fonda l’offerta turistica sull’unica risorsa tradizionale delle spiagge sarde rimanda ad un concetto vecchio e superato. Una concezione moderna porta a parlare di estensione della stagione turistica basata su un offerta complessiva della nostra isola fatta di zone costiere e di zone interne, di attrattori tradizionali (le spiagge), ma anche di attrattori storico culturali, paesaggistici, legati alle tradizioni ed all’enogastronomia. È un discorso analogo a quello del Piano dei Servizi. Oltre a parametri quantitativi, forse indispensabili per arginare possibili derive, è necessario introdurre considerazioni che tengano conto del complesso dell’economia turistica (Piano Strategico del Turismo)”.
Per quanto riguarda l'Allegato B e il Capo II del Titolo III sugli “Ambiti rurali”, con gli articoli da 73 a 83, raccolgo il suggerimento di Sergio Vacca su un memorandum presente nel sito di Sardegna Soprattutto, che suggerisce “a regime – e su questo in un DDL così dettagliato avrei speso qualche riga per dare indicazioni su come applicare la norma – andrà previsto, anche attraverso uno specifico provvedimento amministrativo, se non addirittura legislativo, come dovranno essere costruite le informazioni necessarie alla formulazione dei giudizi di compatibilità tra le proposte d’uso delle Terre (Land) e la qualità delle Terre. Per essere chiari, non paiono sufficienti gli strumenti di controllo previsti dagli articoli 79 e successivi del DDL, riguardanti il semplice controllo di atti tecnici da validare dall’Agenzia LAORE. Occorrerà, invece, attraverso incarico alla stessa Agenzia, con i suoi tecnici specializzati nella Scienza del Suolo, che dovrà agire in collaborazione con l’Agenzia AGRIS e le due Università dell’Isola, creando un apposito gruppo di lavoro opportunamente rinforzato, realizzare un apposito strumento conoscitivo basato sulla definizione delle Unità di Terre”.
In conclusione, se si torna al dimezzamento delle volumetrie e si integra il ragionamento con un nuovo modello di turismo, l’art A.4 è da eliminare del tutto, perchè superato.
Le conclusioni del pezzo sono essenzialmente tre:
– Per ridare centralità alla Pianificazione locale, per credere veramente nell’importanza dei territori, tutti i territori sardi, costieri e dell’interno, la Regione deve supportare in tutti i modi i Comuni, affinchè si dotino in tempi i più rapidi possibili di moderni strumenti di gestione del territorio, di strumenti che supportino lo sviluppo economico locale. A questo riguardo, poichè questa deve essere una scelta strategica, la Regione deve reperire le risorse necessarie in tempi rapidi;
– il D. L. può andare bene nel suo impianto generale, ma vanno modificati e/o eliminati tutti i passaggi evidenziati, che, se non eliminati, fanno fare un passo indietro alla Sardegna dal punto di vista del perseguimento della qualità del paesaggio e del costruito, non sono coerenti con il concetto di sviluppo sostenibile e dell'”Economia Circolare” e, come scrive Maria Antonietta Mongiu, in uno dei citati memorandum di Sardegna Soprattutto, il PPR ” era una traiettoria di futuro fondata sulla sostenibilità, ne riconosceva, finalmente, i valori e affermava che il paesaggio fa parte integrante dell’identità regionale e nazionale, secondo i dettami dell’art. 9 della Costituzione”;
– Ci devono essere il massimo della informazione e della partecipazione, senza limiti, con iniziative, nelle quali dovrà essere misurato un indice individuato ad hoc delle presenze, che garantisca la reale informazione e partecipazione dei cittadini e di tutti i soggetti interessati. Occorre prendersi il tempo che serve per una tale operazione e non forzare i tempi.
Giampiero Vargiu
Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICI SRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.