Sempre più spesso Lega e Cinquestelle minacciano di versre neno risorse al bilancio europeo. Come ho detto nel Post “Quanto danno e quanto ricevono ipaesi europei“ l’analisi reeale dei dati dimostra che i benefici maggiori vanno ai paesi che più versano al bilancio europeo.
Inoltre, in questo momento l’Italia ha tutto da guadagnare da un maggiore stanziamento di risorse per la sicurezza comune e il controllo delle frontiere europee.
La preoccupazione maggiore è sulle conseguenze di un indebolimento delle politiche europee di coesione per il Meridione.
Come ho detto nel Post Il contratto Lega 5 Stelle condanna il Sud al sottosviluppo nel Contratto di Governo dei due partiti non vi sono politiche specifiche per il Mezzogiorno, in quanto le politiche generali nazionali vengono giudicate sufficienti a colmare il gap fra le diverse aree del Paese.
Nel Contratto di Governo non viene neanche richiamato l’obbligo del rispetto della destinazione al Sud del 34%degli investimenti ordinari del bilancio statale anche se è stato uno dei punti del programma elettorale dei 5 Stelle.
Si continua quindi nella logica di affidare lo sviluppo del Mezzogiorno alle sole risorse della politica di coesione europea e, addirittura, ad utilizzare risorse, che dovrebbero essere considerate straordinarie, come sostitutive di quelle ordinarie.
Una conferma a queste osservazioni viene dallo studio della Fondazione Anci IFEL (Istituto per la finanza e l’economia locale) pubblicato l’8 Giugno 2017.
In Italia gli investimenti lordi hanno avuto un andamento in costante aumento dal 1995 al 2007, e tendenzialmente decrescente dal 2008 in poi.
Non è un caso che ilcostante decremento degli investimenti coincida con la crisi più grave a livello mondiale del dopoguerra.
In particolare negli ultimi 8 anni gli investimenti si sono ridotti di 81 miliardi di euro, dei quali circa 70 riconducibili agli investimenti privati e 11 a quelli pubblici, quest’ultimi diminuiti del 23%.
In tale periodo sono stati infatti proprio gli investimenti, solo parzialmente compensati dalle esportazioni nette e dai consumi privati, ad aver maggiormente influito negativamente sulla dinamica del PIL.
Di fatto il complesso della spesa in conto capitale della PA ha subìto un drastico ridimensionamento, pregiudicando gli spazi di investimento dell’intero comparto Nel 2000 questa voce di spesa era pari a 57,3 miliardi di euro, mentre nel 2014 si ferma a 35,5 miliardi di euro. (-38%). Solamente nel 2015, secondo le stime dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, la spesa in conto capitale della pubblica amministrazione dovrebbe crescere rispetto al dato del 2014 e raggiungere quota 37,6 miliardi di euro.
Nel Mezzogiorno la riduzione della spesa in conto capitale della PA è più evidente: si passa da 22,9 miliardi del 2000 a 13,2 miliardi di euro del 2014 (-42%). Anche per il Sud le stime 2015 rilevano una ripresa della spesa in conto capitale rispetto all’anno precedente che dovrebbe attestarsi sui 15,5 miliardi di euro.
Analizzando il peso delle risorse aggiuntive (fondi strutturali comunitari e risorse nazionali del Fondo di Sviluppo e Coesione) sulla componente di spesa in conto capitale per macro aree territoriali, emerge che queste rappresentano, nell’ultimo triennio (2012-2014), il 53,4% delle risorse complessive in conto capitale destinate dalla PA al Mezzogiorno.
Questo indica che in assenza delle risorse aggiuntive i 684 euro pro capite di spesa in conto capitale al Mezzogiorno si ridurrebbero a 320 euro.
Al Centro-Nord, al contrario, le risorse complessive in conto capitale sarebbero sostanzialmente le stesse anche in assenza delle risorse aggiuntive: nel periodo 2012-2014, infatti, la spesa in conto capitale della PA è stata di 655 euro pro capite, di cui solamente 80 di risorse aggiuntive.
Nel Mezzogiorno quindi la spesa in conto capitale, ridotta al lumicino, viene ampiamente rimpiazzata dalle risorse europee che, invece di sommarsi alle risorse ordinarie, le sostituiscono.
La conclusione è che sono i fondi europei della politica di coesione europea sostenere il Mezzogiorno e ad obbligare il Governo italiano a cofinanziare i fondi strutturali.
Se poi decidesse una buona volta di considerare le risorse europee come straordinare e aggiuntive alle risorse ordinarie,forse il divario del Sud con le regioni del Nord potrebbe cominciare finalmente a ridursi.
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.