Il 6 settembre u.s., dopo una serrata trattativa finale è stato raggiunto e firmato l’accordo per l’ILVA tra Governo ( Commissari ), Sindacati e acquirente Arcelor – Mittal, che permette di salvare e mantenere in Italia la più grande acciaieria d’Europa.
Un accordo che, confidando siano rigorosamente rispettati e anticipati – come previsto – sia gli interventi di bonifica sia i livelli di sicurezza ambientale e del lavoro, può essere giudicato positivamente. L’intesa non si discosta in modo sostanziale dalla proposta del lodo dell’ex ministro Calenda ( dossier rimasto poi sospeso con l’ingresso del nuovo governo ), ma apprezzabilmente migliorativo su alcuni punti che hanno quasi certamente facilitato l’accordo.
Ne riepilogo in estrema sintesi i termini, riportando tra parentesi quanto previsto in precedenza:
a – 10.700 assunzioni da parte di Arcelor – Mittal ( 10.000 + 1500 delle società per le attività esternalizzate di Taranto e Cornigliano );
b – 250 milioni di euro per gli esodi incentivati, con un importo di 100.000 euro a persona ( 200 milioni, idem il resto );
c – garanzia di assunzione degli esuberi a fine piano da parte di Arcelor – Mittal ( idem, ma con la garanzia da parte delle società di Taranto e Cornigliano );
d – mantenimento sia dei livelli salariali che delle tutele, compreso art.18, esistenti prima del Jobs Act ( idem );
e – completamento dei principali interventi di bonifica ambientale per il 50% nel 2019 e 50% entro il 2020 ( idem, ma senza l’anticipo del 2019 );
f – limite di produzione di 6 milioni di tonnellate annue, condizionando ogni incremento successivo ad invarianza delle emissioni ( limite di 6 milioni sino al completamento del piano ambientale );
g – impunità penale per azienda e commissari governativi ( idem ).
Entro il 23 settembre p.v. si terrà il “referendum” tra le maestranze, ma è presumibile abbia un esito positivo.
Ambivalente il giudizio degli abitanti di Taranto, credo per il timore che la tutela in materia di ambiente e sicurezza subiscano intollerabili allentamenti: un tema su cui ci deve essere massima vigilanza, anche se il governatore Emiliano ha sottolineato che “».Senza garanzie sulla salute non darò mai il mio assenso al piano ambientale “.
Il malcontento dei tarantini ha anche un’altra origine, ma su questo punto tornerò successivamente.
In conclusione la trattativa e l’accordo per l’ILVA può considerarsi chiuso in linea generale in modo positivo ma, a mio giudizio, porta dentro il retrogusto agrodolce di una morale con almeno tre facce, che vanno oltre il caso specifico e che meritano di essere analizzate:
1 – Una prima faccia riguarda il ruolo ( in questa vertenza, come in altre, molto attivo ) che deve essere riconosciuto al Sindacato dei Lavoratori, quale “Parte sociale” con cui qualunque governo deve confrontarsi.
Personalmente ritengo che uno degli errori del governo Renzi, e di Renzi in particolare, ha riguardato un atteggiamento tendenziale “ad escludendum” che ha avuto verso il Sindacato dei Lavoratori, cioè verso una delle parti sociali; peraltro contraddittorio perché stesso atteggiamento non l’ha avuto con l’altra “Parte sociale”, cioè con le Associazioni imprenditoriali. Al riguardo, un punto merita di essere chiarito ancora una volta ( avendo già in altro Post toccato questo tema ). Non si capisce né, a mio avviso, può essere in alcun modo condivisa la “Vulgata” che tende a considerare in modo diverso i Sindacati dei Lavoratori e le Associazioni imprenditoriali: Confindustria, CNA, Confartigianato, Confcommercio, Coldiretti, Confagricoltura e via via tutte le altre.
Queste Associazioni sono sindacati nel senso etimologico del termine: ” Sindacato – Associazione di lavoratori o di datori di lavoro, appartenenti alla stessa categoria, costituita per la tutela di interessi professionali collettivi “ ( Vocabolario Zingarelli, voce Sindacato ).
È un concetto semplice che vede i Sindacati dei Lavoratori tutelate gli interessi di questi e le Associazioni datoriali sindacati che tutelano gli interessi delle imprese.
Queste sono le “Parti sociali”, e in una realtà economico – sociale complessa il confronto con esse sui temi del lavoro, dell’economia e sui temi sociali è non solo utile, è indispensabile. Questo non significa adesione implicita del Governo, significa però confronto sui temi e sulle soluzioni sul tavolo: un confronto aperto all’ascolto reciproco delle rispettive valutazioni utili ad assumere decisioni finali, che spettano al Governo, meglio ponderate.
Il recupero del rapporto con le “Parti sociali”, entrambe le parti sociali, è un tema a mio avviso ineludibile per la “sinistra”. Ma è un tema obbligato per qualunque compagine che vada al Governo del Paese, senza atteggiamenti di emarginazione verso l’una o l’altra.
I sindacati, come tutte le aggregazioni sociali, hanno fatto nel tempo errori, ne fanno e ne faranno: sta a coloro che vi partecipano battersi dall’interno perché le rappresentanze vengano svolte dai migliori; ma resta a mio avviso, quantomeno per i lavoratori, la forma di aggregazione più valida per la tutela degli interessi di categoria, nell’ambito di un equilibrio sociale complessivo e non meramente egoistico.
Il potere contrattuale individuale è debole ed è razionale considerare l’aggregazione una modalità di rafforzamento di questo potere: l’unione fa la forza, è uno slogan banale ma si fonda su una verità incontrovertibile. Ciò nonostante esiste, diffuso, un atteggiamento di sfiducia, che però credo possa essere superato solo se ci si batte dall’interno e non rifiutando la partecipazione.
2 – 3 Questi sono due aspetti che trovo utile trattare in un unico contesto, essendo le due facce di una stessa medaglia.
La vicenda ILVA mostra in modo esemplare quanto grande sia la distanza tra il “Dire” ed il “Fare”. Tra “Improvvide promesse” non basate sulla conoscenza dei fatti, atti e stato delle cose e “Gestione effettiva” con tutte le conseguenze che invece derivano da quei fatti, atti e stato delle cose.
La chiusura dell’accordo Arcelor – Mittal è infatti il contrario di quanto incautamente promesso in campagna elettorale dal M5S, con cui aveva conquistato a Taranto il 47% dei voti: chiusura delle fonti inquinanti, bonifiche ambientali, riconversione economica. I tarantini si sentono traditi. Significative ( tralasciando l’esacerbazione che ha costretto deputati grillini eletti nel tarantino ad essere accompagnati sotto scorta ) le annotazioni di Michele Riondino, attore, ieri convinto elettore del M5S “»Penso che quello messo in atto sia un vero e proprio tradimento delle promesse fatte in campagna elettorale»” ed alla domanda sul fatto che il M5S ha capito successivamente che da quel contratto era impossibile recedere, risponde “»Io penso che se non si hanno le idee chiare su qualcosa non si debbono prendere impegni».Non si promette quello che non si può ottenere “ ( da La Repubblica dell’8/9/2018 ).
Partendo da queste risposte e dalla vicenda, a me interessa nell’analisi andare oltre il caso specifico, sottolineando un problema più generale su cui debbono impegnarsi, per il superamento, Partiti ed Elettori e che a mio avviso è causa prima, e troppo spesso, di vicende relative alle promesse mancate.
Credo che i Partiti e le loro strutture interne debbano modificare profondamente l’approccio della promozione elettorale, costruendo promesse programmatiche credibili e praticabili e di cui devono offrire agli elettori gli elementi informativi concreti che consentano di valutarne la realizzabilità ( fonti finanziarie ed utilizzi, finalità degli obiettivi, tempistiche».).
È vero e di ciò sono profondamente convinto, che questa strada non sarà imboccata se non saranno i cittadini i primi a rifiutare che i programmi elettorali siano promesse di propaganda – che è l’atteggiamento attuale sia dei Partiti promittenti sia dei Cittadini destinatari – e comincino a pretendere programmi elettorali strutturati con le informazioni adeguate, in precedenza richiamate, che permettano al cittadino elettore di valutarne praticabilità ed effetti. Insomma deve maturare il concetto che il programma elettorale non è propaganda ma è una promessa sulla quale viene chiesto il voto e pertanto da considerarsi “altamente vincolante“.
La migliore reazione sarebbe la negazione del voto ai Partiti che non adottassero questo approccio. Credo che il messaggio arriverebbe a destinazione dopo poche campagne elettorali a qualunque livello: Amministrative, Regionali, Nazionali. I partiti che per primi lo adottassero come nuovo metodo di approccio credo che godrebbero di un vantaggio competitivo.
Resta da vedere se i cittadini coralmente cominceranno ad imboccare questa strada: ne saremo all’altezza?
Sono consapevole che in questa analisi è presente un certo grado di utopia, ma l’alternativa qual’è: continuare a credere a chi a parole e senza dati le spara più grosse?!
Gianni Pernarella
Laurea in Giurisprudenza conseguita a Pisa e studi post laurea in Economia. Dipendente del Banco di sardegna dal 1973 al 2003. Dopo esperienza pluriennale di filiale, assume nel 1990 ruoli di responsabilità nella struttura centrale “Organizzazione e Sistemi Informativi” dove, in veste di funzionario capo progetto, ha gestito oltre 10 progetti organizzativi e relativi a sistemi informativi. Collaboratore per oltre 6 anni del SIL – PTO di Oristano; ha scritto quattro libri sulla materia del credito e dell'economia provinciale oristanese relativa all'artigianato.