Il titolo di questo pezzo è, in parte, suggerito da quanto scritto da Mila Spicola l'1 di ottobre scorso su “Democratica”, che è il quotidiano online del Partito Democratico. La tentazione di scrivere le mie riflessioni sul tema affrontato da Mila Spicola è stata troppo forte, anche se consapevole della complessità della questione posta. L'esordio del pezzo citato scrive che “Tra gli annunci del Governo non compare nessun investimento nei servizi educativi, si balbetta di tempo pieno ma nulla di concreto è messo in atto.”
Prima di scrivere sulla Formazione credo sia importante, prima di tutto, riportare alcuni dati sulla situazione italiana:
– negli ultimi 10 anni il reddito pro capite degli italiani è calato dell’8,4% dal 2007 al 2017, in pratica 2.400 euro a testa, attestandosi sotto la media europea. Peggio di noi hanno fatto Cipro (-8,6%) e Grecia (-23,3%), mentre si sono verificati degli aumenti in altri Stati come +1,2% in Portogallo, +2,9% in Francia, +3,2% nel Regno Unito, +10,6% in Germania e addirittura +36,9% in Irlanda;
– nel 2017 il reddito pro capite degli italiani (26.300 euro) è superiore a quello degli spagnoli (24.500 euro), dei greci e dei portoghesi (17.400 euro) ma resta inferiore a quello della maggior parte dei Paesi europei: Lussemburgo (81.800 euro), Irlanda (56.400 euro), Danimarca (46.500 euro), Svezia (43.000 euro), Paesi Bassi (40.700 euro), Austria (37.100 euro), Finlandia (35.700 euro) e Germania (35.500), Belgio (34.900 euro), Francia (32.300 euro) e Regno Unito (32.100 euro);
– L’Istat certifica oggi una disoccupazione sotto il 10%, prima volta dal 2012. È una grande notizia nel dato medio, ma aumentano i giovani che non trovano un lavoro e gli inattivi, specie al Sud. Giovani e Meridione, strettamente connessi tra loro, sono le parti deboli su cui agire;
– Il 2 febbraio 2018, l’Istat ha organizzato una Giornata di studio dal titolo “Popolazione, istruzione e mobilità: il caso italiano”. Il convegno è stato l’occasione per fare il punto sull’istruzione in Italia, attraverso l’analisi di alcuni temi rilevanti per la comprensione del fenomeno: il rendimento scolastico, la scuola come ambiente di integrazione, la povertà educativa, il rapporto tra scuola e mobilità sociale, disciplinare e territoriale. Sono emersi molti suggerimenti utili;
– Come è scritto nel sito del MIUR (Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca), in ambito europeo il raggiungimento di specifici obiettivi formativi fissati nella Strategia Europa 2020 da parte dei Paesi membri va da tempo assumendo un rilievo sempre maggiore, tanto che il Consiglio europeo ha individuato come prioritari gli interventi da realizzare nel settore educativo. In tale contesto, sul tema della “dispersione scolastica” l’indicatore utilizzato per la quantificazione del fenomeno è quello degli early leaving from education and training (ELET) con cui si prende a riferimento la quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni d’età con al più il titolo di scuola secondaria di I grado o una qualifica di durata non superiore ai 2 anni e non più in formazione. L’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANS) è stata istituita dal Decreto Legislativo 15 aprile 2005 n.76, al fine di favorire la realizzazione del diritto – dovere all'istruzione e alla formazione e la vigilanza sull'assolvimento dell’obbligo scolastico e formativo, in relazione ai percorsi scolastici, formativi e di apprendistato degli studenti, a partire dal primo anno della scuola primaria; successivamente, il Decreto Ministeriale n. 74/2010 ne ha dato completa attuazione e ha definito le caratteristiche e le modalità di acquisizione delle informazioni sugli alunni, nonché le diverse modalità di accesso e fruibilità da parte dei soggetti individuati normativamente. Di tutti i dati, uno citato nell'Anagrafe Nazionale degli Studenti, quanto alla distribuzione territoriale, evidenzia che una maggiore propensione all’abbandono scolastico è evidente nelle aree più disagiate del paese: per la scuola secondaria di I grado, mediamente il Mezzogiorno ha riportato una percentuale di abbandono complessivo dell’1% (con l’1,2% nelle isole e lo 0,9% al Sud) mentre il Nord Est in media una percentuale più contenuta, pari allo 0,6%;
– Il Report dell'audizione del 22 marzo 2007 (purtroppo l'ultimo a disposizione, ma la situazione oggi non è cambiata di molto, se non in peggio) del Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica Luigi Biggeri alla VII Commissione Permanente del Senato della Repubblica “Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport” evidenzia che, a titolo esemplificativo, nella Scuola, il numero di ragazzi stranieri è in continuo aumento: nell’anno scolastico 2004/2005 sono il 5,3 per cento del totale degli iscritti alla scuola primaria, mentre erano meno della metà (2,2 per cento) solo 5 anni prima. Valori analoghi si riscontrano nella scuola dell’infanzia e nella secondaria di primo grado. Più scarsa la presenza straniera nella scuola superiore (2,4 per cento). (cfr il sito del Ministero della pubblica istruzione www.pubblica.istruzione.it). Tra i diplomati intervistati nel 2004 gli attivi sul mercato del lavoro sono passati dal 72,3 per cento del 2001 al 62,8 per cento del 2004: il 47,1 per cento ha trovato un’occupazione (nel 2001 gli occupati erano il 55,5 per cento) e circa il 16 per cento è alla ricerca di un lavoro (valore vicino a quello rilevato nel 2001). È mediamente più facile trovare un lavoro per i giovani con titolo di studio più elevato (hanno un lavoro continuativo il 56 per cento dei laureati, contro il 35 per cento dei diplomati di scuola superiore: Indagine Istat sui percorsi di studio e di lavoro dei diplomati della scuola superiore – anno 2004. Cfr. il sito dell’Istat www.istat.it – settore Istruzione e lavoro). Inoltre, è evidenziato che la spesa media dichiarata dalle famiglie ammontava a circa 661 euro annuali per le medie e a solo 480 euro per le elementari. Considerando il ciclo di istruzione completo, la spesa sostenuta da una famiglia per portare un figlio alla laurea sarebbe intorno ai 22mila euro (Cfr. il sito dell’Istat www.istat.it – settore Istruzione e lavoro).
In questo scenario, tutti ripetono il mantra “L'Italia non cresce”. La soluzione salvifica prospettata dall'attuale Governo è il Reddito di Cittadinanza, la Flat Tax per i professionisti al di sotto di una certa soglia di reddito e la Quota 100 per i pensionati. È aperto il dibattito se siano misure che favoriranno la crescita, ma nel frattempo ci indebitiamo ulteriormente, con la scelta di un rapporto deficit/PIL al 2,4%, che, tradotto, significa altri 14 miliardi di euro di debito rispetto allo stesso rapporto all'1,6% richiesto dalla Unione Europea e 27 miliardi di euro in più rispetto allo 0,8%, che era il rapporto previsto dal Governo Gentiloni. Debito che dovranno restituire le future generazioni, così come sta succedendo a noi, che ci ritroviamo a dover sopportare l'enorme debito creato, soprattutto, nel periodo del cosiddetto “Governo CAF” (Craxi, Andreotti, Forlani). Continuiamo a fare debito sulle spalle dei giovani e togliamo a loro qualsiasi prospettiva di futuro. Io, con rammarico, penso che non ci sarà alcuna crescita con le misure adottate dall'attuale Governo. Spero di sbagliarmi.
Come si può uscire dalla situazione?
La prima cosa che dovrebbe fare una classe dirigente che guarda agli interessi dei cittadini e al bene comune è abbandonare l'inseguimento affannoso dei sondaggi e la scelta frenetica di misure populiste per comprare il consenso elettorale, chiunque lo faccia.
Per avere questa capacità occorrono dei veri statisti, una classe dirigente che abbia lo sguardo lungo, che fa proposte nell'interesse della nostra nazione, abbandonando l'incredibile e vergognoso tentativo di addossare le colpe della nostra situazione ora sui migranti, noi che siamo tuttora un popolo di migranti, ora sulla Unione Europea, che è l'Entità che ci ha consegnato settant'anni di pace, una Europa che per secoli si è fatta guerre fratricide, perchè spinti da divisioni, nazionalismi, sovranismi e brama di potere.
In particolare, a me interessa capire cosa può fare la Sinistra, se si vuole candidare a essere un'alternativa seria alla Destra di oggi, perchè, al di la di quello che molti ci vogliono far credere, vedo anche oggi differenza tra chi crede che devono essere solo il PIL e la crescita gli unici indicatori da inseguire, con il mercato unico regolatore delle nostra vite e chi, invece, crede che al centro di tutto deve esserci la “risorsa umana”. Ecco, intendo concentrare i miei ragionamenti sulla “risorsa umana”.
Sono convinto che il progresso della nostra Comunità nazionale e, più in generale, della Comunità Umana, passi, oggi più che mai, con l'avvento dell'intelligenza artificiale, dell'Internet delle Cose (IoT), della Società della Comunicazione e della Globalizzazione, attraverso la valorizzazione della “risorsa umana”.
Rispetto a questa indispensabile scelta stiamo dimostrando di aver capito meno dei nostri genitori, che spesso erano semplici agricoltori, pastori o piccoli artigiani, quale sia la scelta indispensabile per innescare l'ascensore sociale, che ha consentito a molti figli di poveri, come lo sono stato anch'io, di poter avere una vita dignitosa e migliore. Appunto, di poter salire sull'ascensore, che ha consentito di migliorare la mia situazione sociale, culturale ed economica (Oggi, sempre di più, diventa ingegnere il figlio dell'ingegnere, medico il figlio del medico, avvocato il figlio dell'avvocato, farmacista il figlio del farmacista). Cosa hanno fatto questi nostri genitori, che venivano da famiglie umili e povere? Si sono indebitati, hanno fatto immani sacrifici e ci hanno mandato a Scuola, favoriti, anche, dal più facile accesso all'istruzione negli anni della nostra formazione giovanile, per merito delle classi dirigenti di allora, che hanno reso possibile questo “accesso”.
Ecco, oggi, per fare progredire la nostra Comunità Nazionale bisogna mettere un’attenzione specifica al tema del diritto universale della persona all’Istruzione e alla Formazione, qualificate. Un diritto legato più al “capitale umano”. Per fare questo è necessario un cambio di passo politico e ideale.
Come scritto da Mila Spicola nel pezzo citato, qualche giorno fa il cardinale Bassetti, presidente della Cei, ha ricordato come i giovani sono i veri nuovi poveri e «la loro è povertà sociale, che li vede convivere a forza con una condizione lavorativa umiliante, che nel Sud del Paese raggiunge punte di preoccupazione allarmanti».
Non è retorica della carità, è una dichiarazione di altissimo senso politico, da cui la Sinistra non può prescindere, anche in vista della Conferenza Programmatica (il “Forum di Progetto” di Maurizio Martina”) di fine ottobre, perchè la situazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, in particolare nel Sud Italia, dà corpo a una questione meridionale, che deve diventare questione nazionale.
Come scrive la Spicola, “La Sinistra deve offrire e costruire l’alternativa al sussidio proposto dai sovranisti e guadagnarsi il consenso su una proposta che sia nel solco della propria storia e cultura politica, che poi è diventata la proposta dell’Europa migliore: quella che basa la ricchezza e i valori comuni delle nazioni sul superamento delle subalternità economiche, attraverso il diritto universale alla conoscenza.”
Come hanno fatto i nostri genitori, l'Italia può ulteriormente indebitarsi sull'unico e vero investimento che ci potrà fare progredire: La Scuola, l'Università, l'Innovazione e la Ricerca. Questo si potrà fare non trascurando le altre problematiche sul campo.
Ancora, scrive la Spicola, “Insistendo sulla qualità: dell’offerta, dei percorsi, dei docenti, del personale educativo e formativo, delle strutture. La dispersione scolastica, che non è solo abbandono ma anche scarsi rendimenti scolastici o inadeguata formazione, schianta lontano dalla crescita il Sud, una buona parte del Sud, fatta di numeri che sono bambini, ragazzi, giovani in difficoltà, è un tema che va ben oltre le politiche scolastiche e incide sullo sviluppo culturale, sociale ed economico di un territorio. Quello che abbiamo al Sud (dunque in Italia) è il frutto di quel che non facciamo.”
“Molti studi sottolineano come per assicurare il successo scolastico nelle aree marginali si deve investire nei primi tre anni di vita. Un asilo nido negato nelle aree del bisogno, non decide solo il destino di quei bambini ma lo sviluppo di interi territori. Non si è fatto abbastanza, se ancora oggi solo al 4% dei bambini di Palermo è offerto il tempo pieno a Scuola rispetto all’85% dei bambini di Torino e se solo il 7% frequenta il nido a fronte del 45% dell’Emilia Romagna.”
La situazione, in particolare al Sud, è preoccupante.
Se non si agisce il rischio non è solo economico, ma sociale, culturale e di tenuta democratica.
Io non mi preoccupo se l'Italia si indebita per un grande “Piano per la Formazione” per i prossimi dieci anni. Quei 27 miliardi di euro in più di indebitamento, forse di più se necessario, vanno spesi per le infrastrutture scolastiche a tutti i livelli, per una Scuola moderna e all'altezza delle migliori esistenti al mondo, anche dal punto di vista pedagogico, per un sistema universitario all'avanguardia e per un sistema della ricerca nei settori più avanzati non più dominato dai baroni e dal nepotismo. Aggiungo che un “Piano per la Formazione” della portata citata va predisposto, con i necessari gradi di umiltà e capacità di innescare la partecipazione alla elaborazione di un tale progetto, attraverso la indispensabile partecipazione degli operatori della formazione, degli esperti e dei cittadini, in una sinergia che potrà fare solo del bene al nostro Paese, nella direzione di un progresso, sociale, culturale ed economico stabile e sostenibile.
Una scelta di “Alta Politica e Democrazia”, lontana dalla politica gridata di oggi, dalla ricerca totalizzante del consenso popolare, delle facili promesse elettorali e degli slogan, che, forse, nell'immediato non fa aumentare la posizione nei sondaggi, ma capace di innescare il “Nuovo Rinascimento dell'Italia”.
Giampiero Vargiu
Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.