Le amministrative di Cagliari, arrivate prematuramente in seguito alle dimissioni di Massimo Zedda, vedono un centro-destra favorito, con un candidato non particolarmente di spicco ma forte di un trend nazionale e regionale molto chiaro. Eppure il post-Zedda è interessante per due motivi:
- I candidati alle primarie sono giovani, con esperienza nell’amministrazione della città ma nuovi rispetto alle solite logiche del centro-sinistra sardo. Sembra che nessuno abbia chiesto il permesso di candidarsi, almeno non alla triade che ha dominato il centro-sinistra sardo almeno negli ultimi 20 anni
- Scongelano il PD dalla posizione di blocco unico e isolato del centro-sinistra, dando una dinamicità che fino a sei mesi fa era un miraggio.
Ritengo, insomma, che pur partendo in svantaggio, il centro-sinistra cagliaritano abbia qualcosa da dire, qualcosa di nuovo. Non mi soffermo, anche perché non ne ho contezza, sulle dinamiche che hanno portato a queste primarie e alla presentazione di questi candidati, ma ancorché fortuita, questa competizione ha degli elementi di innovatività ed esprime dei candidati interessanti perché giovani, preparati, autonomi e innovatori.
Tutte queste caratteristiche sembrano stridere con il fatto che i candidati sono comunque espressione di una continuità amministrativa; invece, a mio avviso, essi rappresentano una proposta innovativa, quasi un rilancio di un’azione progressista, che prospetta ulteriori grandi cambiamenti in una città che negli ultimi 8 anni è stata trasformata. In meglio.
A Oristano due anni fa è andata diversamente. L’amministrazione uscente aveva una conformazione differente da quella di Cagliari: i suoi confini erano molto più ristretti, con il Partito Democratico unico partito di una coalizione di liste civiche fatte in buona parte da dirigenti dello stesso partito, passati e futuri. In questo contesto più ristretto, nel 2017 il Partito Democratico ha perseguito per la continuità amministrativa, circoscrivendo i confini della coalizione, escludendo potenziali alleati, sferzando le velleità di nuovi profili che intendevano proporsi. Pur disarcionando il Sindaco uscente, ha optato per una continuità ortodossa e minoritaria:
- In primo luogo lavorando per settimane per imporre alla coalizione il candidato Sindaco, evitando con tutti i mezzi le primarie. Ricordo, tra le altre cose, che un altro partito aveva proposto un candidato Sindaco del PD, proposta recapitata al mittente poiché la proposta proveniva da altri partiti e suonava come una provocazione, anche perché era una provocazione. Quella scelta ha portato alla creazione di una lista, avversa al PD, che ha preso il 10%.
- In secondo luogo, pretendendo di escludere tutti i partiti un minimo strutturati dall’alleanza, al fine di detenere il predominio della coalizione, che però era molto debole.
- Inoltre, non permettendo a personalità e profili nuovi di esprimersi e rinverdire il rapporto con la comunità, vista le modalità di scelta del candidato Sindaco e la linea di rigida continuità imposta a tutti i pezzi della coalizione, quelli che sono rimasti perché non avevano alternative.
Una continuità perdente, lo sappiamo bene. Il risultato è stato la Giunta Lutzu, una Giunta di centro-destra che fino ad oggi si è distinta per una certa inconsistenza e una continua maretta malcelata, che a quanto si legge in questi giorni dai giornali, sta per emergere a seguito delle elezioni regionali.
Nonostante sembri che la maggioranza consiliare stia per vedere l’ingresso di due nuovi consiglieri, ritengo che l’amministrazione comunale di Oristano possa non durare 5 anni. Per questo motivo mi sembra importante che il campo di centro-sinistra, con il PD in prima fila, stabilisca il da farsi oggi.
Prepararsi a governare la città, insomma. Perché a vincere le elezioni con strane alchimie è riuscito anche il centro-destra che “governicchia” questa città con esiti (secondo chi scrive negativi) che vedremo tra qualche anno, ma è necessario che anche a Oristano il centro-sinistra proponga candidati, programmi e modalità comunicative innovative, al fine di ribaltare un trend che vede gli oristanesi apprezzare gli amministratori che non fanno le cose, che non toccano niente, che perseguono lo status quo.
Per questo, nella parte finale di questo post, avanzo le seguenti proposte per il rilancio del centro-sinistra in città:
- Il PD deve porsi come il soggetto aggregatore di una coalizione ampia e civica, con liste che davvero rappresentano la comunità e non esponenti politici locali. È finita l’epoca del Partito Democratico egemone nel campo del centro-sinistra, perché nei contesti in cui non amplia i propri confini, questo è fortemente perdente.
- Chi non si candida non decida chi si candida. Sembra un gioco di parole, ma il senso è questo: dietro le candidature non ci devono essere benedizioni da parte dei Big (sic!) locali. Chi si propone deve essere autonomo e perseguire il suo progetto o il progetto del suo gruppo di riferimento, alla luce del sole.
- Il programma deve essere partecipato (non condiviso, partecipato!) con la quota maggiore possibile delle forze sociali della città. Per farlo occorre lavorare almeno un anno prima delle elezioni e guardarea quello che non c’è e ci potrebbe essere, non a quello che già c’è.
- Il candidato sindaco deve essere deciso tramite primarie, convocate per tempo e con regole chiare. Deve essere scelto dai cittadini, non dai notabili.
Chi scrive è un tesserato del PD, eppure non riconosce nel PD locale la forza necessaria ad esprimere candidature e proposte per la città. I motivi sono molteplici e sono dovuti anche alle contingenze regionali e nazionali; il punto è che in città il centro-sinistra non può essere rilanciato da azioni decise dall’assemblea degli iscritti PD o da organismi direttivi che, ahimè, non rappresentano più nessuno. Il centro-sinistra ha però due armi potentissime per rilanciarsi: il grande cuore dei suoi elettori e dei suoi militanti, che sanno gettare il cuore oltre l’ostacolo, e poi le primarie, che portano entusiasmo, partecipazione e prospettive di comunità.
È presto per dirlo, è già ora di dirlo.
Riccardo Scintu
Ha conseguito nel 2010 il Dottorato di Ricerca in Scienza Politica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì. Laureato nel 2006 all’Università di Bologna in Scienze dell’Organizzazione e del Governo. Opera in numerosi enti locali della Sardegna come componente esterno di organismi di valutazione delle performance e come consulente sulle tematiche dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane