In questi giorni mi è capitato di poter uscire per fare la spesa, nel rispetto delle disposizioni impartite dalle Istituzioni in merito alle azioni preventive e di contrasto al propagarsi del coronavirus. Ne ho approfittato per guardare meglio la città e cercare di capire le emozioni delle persone, in fila davanti a me, tante con le mascherine che coprivano, almeno parzialmente, il volto. Ho cercato di cogliere nei loro sguardi le stesse sensazioni e le emozioni che provavo io, dopo aver attraversato una città quasi deserta con quasi tutte le attività chiuse. Paura di cosa sta succedendo e di cosa ci aspetta o angoscia?

Come spesso mi accade provo a capire me stesso cercando risposte anche dagli altri. Mi sarebbe piaciuto sentire quali sono le sensazioni che provano le poche persone che ho incontrato, ma non è stato possibile per le restrizioni previste in questo periodo.

Che cosa sta veramente succedendo? Mi sono venute in soccorso alcune riflessioni fatte dal filosofo, sociologo e psicoanalista Umberto Galimberti.

La paura non riflette la situazione attuale perchè la paura è un ottimo meccanismo di difesa. Un pericolo, che è sempre determinato, porta le persone, per paura, a difendersi: a scappare da un incendio, a guardare a destra e a sinistra prima di attraversare una strada, sempre per la paura, che è salvifica.

Nel caso del coronavirus non abbiamo paura, perchè il virus non è un oggetto determinato, non sappiamo da dove viene, chiunque ce lo può trasmettere. Dice Galimberti “Quando abbiamo a che fare con un soggetto indeterminato la paura non funziona più, esiste l'angoscia, che viene quando abbiamo a che fare con un oggetto indeterminato”. Per esempio, i bambini non hanno paura di niente, hanno bisogno di essere accuditi, perchè non hanno paura, non riconoscono il pericolo, ma hanno l'angoscia. Urlano e piangono al buio e si placano quando interviene la mamma che accende la luce e li tranquillizza. È lo stesso meccanismo utilizzato dai Paesi della Unione Europea, che, con astuzia (che sarà molto probabilmente di breve durata), per evitare l'angoscia ai propri cittadini hanno individuato il pericolo del coronavirus nell'Italia, che è diventata l'oggetto determinato da evitare.

Dice ancora Galimberti “La distinzione tra paura e angoscia è importantissima, non farlo si potrebbe dimostrare un vero guaio, occorre non falsificare la verità dei fatti”.

È successo anche un altro fatto importante. Dopo la prima settimana di “terrore” per il coronavirus e di sospensione della socializzazione (chiusura Scuole, accaparramento dei generi alimentari ai supermercati) siamo passati a una situazione in cui si è tornati a uscire e si è tornati al lavoro: è ripresa per intero la socializzazione.

Per Galimberti gli attori in campo sono tre, che hanno interessi diversi: la Popolazione, la Politica e il Sistema Sanitario.

Il Sistema Sanitario pensa a soccorrere i malati, a suggerire azioni di contrasto e preventive rispetto al virus e a individuare cure, prima parziali e, con il tempo, decisive.

La Politica, se seria, in un momento delicato come quello attuale dovrebbe mettersi insieme ed evitare polemiche per la ricerca pretestuosa di un voto in più.

La Popolazione si regola sul mondo della vita, ma “Non si può essere uomini all'insaputa di chi siamo” dice Galimberti.

Lo stare a casa può essere una buona occasione per fare due cose: leggere e riflettere sulla nostra interiorità.

Per esempio, far leggere ai bambini una versione fatta ad hoc per loro de “I promessi sposi”, dove si parla della peste, che era più pericolosa del coronavirus, ma può aiutare a parlare di questo nuovo virus, può aiutare a dire ai bambini la verità, che non tutto è garantito, che nella vita esistono i pericoli, da cui occorre difendersi.

Ecco, il tempo libero può, prima di tutto essere utilizzato per parlare ai bambini. Già Freud diceva che quando c'è un lutto si evita di far vedere il morto ai bambini e con questo atteggiamento facciamo loro credere che la vita è sempre rassicurante, bella e garantita. Informandoli, invece i bambini si fanno lo schema, anche se non capiranno tutto, che la vita non è sempre garantita, che non saranno sempre protetti, che occorre muoversi nella precarietà della vita. Una impostazione di questo tipo consentirebbe una maggiore facilità nel parlare ai bambini anche di questioni come il coronavirus.

Lo stare a casa può anche essere una buona occasione per ricominciare a riflettere su noi stessi, per tornare a pensare a noi stessi, chi siamo, che cosa vogliamo dalla vita, che cosa stiamo facendo, quante parole si spendono per i bambini, quanti sguardi ci si scambia con i propri coniugi.

Le ultime vicende ci hanno dimostrato che l'uomo può essere un gigante, ma è anche molto fragile, vive in un mondo dominato dalla tecnica e dal consumo ma ha bisogno di “umanità”, di dare un senso alla propria vita.

Come fare per mettere d'accordo le contrastanti esigenze del Sistema Sanitario, della Politica e della Popolazione?

Lo stesso filosofo Aristotele ci diceva che i comportamenti umani non sono di tipo matematico, per cui le risposte si deducono automaticamente dalle premesse. I comportamenti umani sono assolutamente indecifrabili, imprevedibili, non deducibili da principi.

La qualità che occorre in casi di grandi crisi, come questa dovuta al coronavirus, è la saggezza, il buon senso. Quindi, Il Sistema Sanitario, come peraltro sta già facendo in maniera di cui dobbiamo essere orgogliosi, deve continuare nel suo impegno, la Politica deve essere unità nel tenere la barra dritta sulle direttive che ha impartito alla Popolazione, che deve rispettarle nel proprio interesse.

Ma che ci resterà e ci salverà dopo?

Per provare a dare qualche risposta a queste domande mi rifaccio al monologo di Stefano Massini, nell'ultima trasmissione televisiva di “Piazza pulita”, sollecitato dall'immagine del figlio di appena trenta giorni di suoi amici e, quindi, nato appena prima che si manifestasse in Italia il coronavirus.

In questa trasmissione Massini ha indicato 10 cose, che, quando sarà passata la tempesta del coronavirus, resteranno rispetto a oggi e, forse, ci salveranno. Ne cito alcune, che ritengo importanti.

L'idea di mondo verticistico, con nell'attico i potenti del mondo e nello scantinato i diseredati, dopo che gli ultimi fatti che hanno dimostrato che tutti ci possiamo ammalare, forse sarà messa in crisi.

Dal punto di vista della socialità, forse, crederemo meno nella realtà virtuale e non crederemo più che chattare sia meglio di una pacca sulle spalle e avremo più bisogno di guardare le persone “faccia a faccia”.

Poichè abbiamo toccato con mano che di fronte alla malattia siamo tutti uguali, avremo una diversa percezione delle differenze.

Lo spauracchio, soprattutto dell'altro, agitato da una certa politica e anche da tanti Mezzi d'Informazione anche in assenza di pericoli reali, dopo aver provato davvero l'angoscia non farà più alcun effetto. Non crederemo più tanto facilmente a chi sfrutta la nostra rabbia esaltando le nostre angosce per i propri scopi perchè abbiamo provato sulla nostra pelle l'angoscia vera.

La vicenda del coronavirus è un trauma collettivo, in particolare, per l'Occidente, che è attuale e non lo dimenticheremo facilmente, come invece sta succedendo per gli eventi legati alla seconda guerra mondiale e le catastrofiche deportazioni degli Ebrei, degli Omosessuali, dei Rom e dei Dissidenti politici. Essendo le stimmate recenti, perchè stiamo vivendo sulla nostra pelle il dramma, la memoria sarà presente.

L'immagine del bambino di trenta giorni è, però, quanto di più efficace per dimostrare la nostra fragilità.

Gli insegnamenti saranno questi? Sapremo usare al meglio, nella disgrazia, il tempo che abbiamo a disposizione?

Io ci spero.

Giampiero Vargiu