Dopo il Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2019 che doveva analizzare le bozze delle intese per l'autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, si è finalmente aperto un dibattito sul tema dell’Autonomia differenziata fondamentale non solo per le regioni ordinarie, ma anche per quelle a Statuto speciale.

Il dibattito verte innanzitutto sulle procedure che, questa volta, non sono relative solamente alla metodologia da seguire ma sono, anche e soprattutto, sostanza.

Per poter comprendere fio in fondo la portata dei temi in discussione è opportuno rileggere l’articolo 116 della Costituzione che riporto integralmente:

“Il Friuli Venezia Giulia [cfr. X], la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.

La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.”

Dobbiamo innanzitutto ricordare che l’articolo 116 della Costituzione del 1948 consisteva del solo primo comma, quello relativo alle regioni a Statuto speciale; il terzo comma è stato aggiunto con la revisione costituzionale del 2001.

Poiché questa revisione costituzionale ha sicuramente indebolito le Regioni a Statuto speciale, è fondamentale che le procedure di applicazione dell’Autonomia differenziata non le assestino un ulteriore, decisivo declassamento.

Le bozze dell'Intesa affermano infatti che l'approvazione da parte delle Camere “avverrà in conformità” “‹del procedimento “per l'approvazione delle intese tra lo Stato e le confessioni religiose” che per prassi parlamentare sono inemendabili.

Secondo le Intese dovrà essere il Governo a presentare alle Camere un apposito disegno di legge che recepisca i contenuti dell'Intesa da approvare a maggioranza assoluta dai componenti di entrambi i rami del Parlamento. L'approvazione da parte delle Camere dell'Intesa avverrà in conformità al procedimento, ormai consolidato in via di prassi, per l'approvazione delle intese tra lo Stato e le confessioni religiose.

È compatibile questa procedura con l’articolo 116 della Costituzione?

È concepibile che le forme e condizioni particolari di autonomia delle regioni a Statuto speciale siano approvate con legge costituzionale e che le forme e condizioni particolari di autonomia delle regioni a statuto ordinario siano approvate con accordi tra Governo e le singole regioni senza che il Parlamento possa apportare delle modifiche?

Le procedure proposte non sono assolutamente ammissibili; accettarle significherebbe la fine dell’unità nazionale. È evidente infatti che procedure, materie e risorse sarebbero determinate dalla capacità di pressione delle regioni più forti sul Governo e sui partiti.

È decisivo che sia il Parlamento e non le tre Regioni a predisporre una disciplina attuativa dell'art. 116, della Costituzione.

Antonio Ladu

Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.