Il prossimo 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto voteranno per due referendum consultivi per richiedere maggiore autonomia dalle proprie regioni dallo Stato..
Nei due quesiti si chiede ai cittadini dipronunciarsi sulla possibilità che hanno le regioni di chiedere al Governo più materie di competenza. Una possibilità finora mai utilizzata, ma prevista dal Titolo V della Carta Costituzionale sui rapporti tra Stato e Regioni, all’art. 116.
Cosa dice l’art. 116? Lo riporto integralmente vista la sua importanza.
“Il Friuli Venezia Giulia , la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.”
I due referendum non richiedono un quorum e, seppur distinti, chiedono sostanzialmente la stessa cosa ai propri elettori: i cittadini dovranno pronunciarsi a favore o contro all’apertura di un eventuale negoziato con il governo per la richiesta di maggior autonomia.
L’obiettivo a cui tendono i promotori del referendum, che sarà sostenuto da tutte le forze politiche, è quello del modello previsto per le regioni a Statuto speciale dove l’autonomia fa sì che il 90% delle imposte rimanga nel loro territorio.
In concreto Veneto e Lombardia, che cedono ogni anno allo Stato un residuo fiscale – cioè la differenza di entrate e spese che viene calcolato in oltre 70 miliardi, chiedono che buona parte di queste risorse rimangno nelle casse delle loro Regioni.
Come si comprende facilmente, un impatto per nulla marginale sui conti pubblici del Paese
Impatto che ricadrà sullo Stato ma anche sul sistema delle Regioni ordinarie e speciali.
Cosa succede nel frattempo in Sardegna?
Nella nostra Regione tutti i temi al centro del dibattito autonomistico della nostra soria, (il federaralismo, la Rinascita, la questione meridionale, la riscrittura dello Statuto), sono venuti a noia; troppo faticosi e di scarso impatto elettorale.
È fondamentale che il dibattito riprenda da subito; non vi è dubbio infatti che la sicura, larghissima vittoria del referendi dum in Lombardia e Veneto porrà all’ordine del giorno l’urgenza di una riforma dello Stato in senso federalista,
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano alLiceo Jeansono de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.