di Giampiero Vargiu

In questi giorni sono rimasto colpito dalle proposte avanzate da due economisti italiani di livello mondiale: Mariana Mazzucato e Carlo Cottarelli. Con la situazione dovuta al Covid che si aggrava, cercano di mostrarci una luce in fondo al tunnel e ci incoraggiano ad avere uno sguardo lungo.

Entrambi concentrano, in definitiva, i loro ragionamenti e le loro proposte sull’esigenza di rimuovere le disuguaglianze e di ripensare il capitalismo.

In questo pezzo mi soffermo su alcune proposte di Mariana Mazzucato. Sintetizzo delle proposte che ho ricavato da due suoi saggi:

– “Il valore di tutto”, con sottotitolo “chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale”;

– “Non sprechiamo questa crisi”.

“Il valore di tutto”

La Mazzucato, nel primo saggio, ricco di spunti teorici e di dati di evidenza empirica, parte, per capire la grande crisi del 2007-2008, dalle teorie del valore e della distribuzione.

In una sana economia i prezzi dipendono dal valore creato e non viceversa come è avvenuto con la grande crisi. Quando ci si arricchisce con la speculazione in borsa si estrae valore e non si crea valore, spostando la distribuzione del reddito a favore dei ricchi e favorendo le disuguaglianze.

Gli utili delle imprese non vengono impiegati per l’accumulazione e lo sviluppo in un’ottica di lungo periodo, ma per l’acquisto di azioni che ne aumenta i prezzi, a vantaggio dei managers che vengono remunerati con azioni della società.

“Non sprechiamo questa crisi”

Questi concetti, la Mazzucato li sviluppa in modo molto interessante nel secondo saggio, in particolare, nel terzo, nel quarto e nel quinto capitolo, avanzando delle proposte.

Mai più salvataggi incondizionati

Nel terzo capitolo “Mai più salvataggi incondizionati”, smentendo l’assunto classico che lo Stato sarebbe un peso per l’economia di mercato, evidenzia che lo Stato deve riscoprire il suo ruolo tradizionale di “investitore di prima istanza”, anzichè di solo “prestatore di prima istanza”. Non solo le imprese creano valore, con lo Stato che si deve limitare a facilitare questo processo e a correggere i fallimenti di mercato. Lo Stato si riprende il proprio ruolo di investitore, innovatore e creatore di valore. Questo cambio di paradigma è un presupposto essenziale per una politica efficace nell’era post Covid.

Lo Stato innovatore devi riprendersi il ruolo di investitore con l’obiettivo di portare a un’economia più sana, resiliente e produttiva. Deve recuperare la capacità di progettare, attivare e imporre condizioni ai beneficiari del sostegno pubblico, che devono operare con l’obiettivo di favorire una crescita inclusiva e sostenibile. Condizionalità come l’obbligo di riduzione delle emissioni climalteranti, il trattamento dei dipendenti con dignità, sia dal punto di vista retributivo che delle condizioni di lavoro, la riduzione delle retribuzioni dei dirigenti, l’astensione dall’outsourcing e della delocalizzazione.

Socializziamo i guadagni

Nel quarto capitolo “Socializziamo i guadagni, non solo i rischi”, ribalta l’assunto, che ha molto contribuito all’aumento delle disuguaglianze, “socializziamo i rischi ma privatizziamo i guadagni”. A questo riguardo avanza una proposta molto interessante riguardo ai pacchetti di incentivi erogati dagli Stati, avvenuti senza creare strutture capaci di trasformare i rimedi a breve termine in strumenti capaci di realizzare un’economia inclusiva e sostenibile. La proposta è di far seguire gli investimenti pubblici, che sono di tutti i cittadini, da un “dividendo di cittadinanza”, con l’obiettivo di trasformare un investimento pubblico per le imprese e la ricerca in un’occasione di remunerazione per i cittadini. ne verrebbe una riduzione delle disuguaglianze, con la socializzazione sia dei rischi che dei benefici.

Contrastare il feudalesimo digitale

Nel quinto capitolo “Contrastare il feudalesimo digitale”, si pone l’obiettivo di realizzare un ambiente che premi un’autentica creazione di valore e ne sanzioni l’estrazione nelle società – piattaforma, che monopolizzano i servizi di ricerca e di e-commerce.

In questo caso la proposta è di arrivare a una situazione di co-creazione, che preveda un ruolo dei governi non di sola regolamentazione ma anche di modellazione dei mercati, per garantire che il valore creato collettivamente sia messo al servizio di scopi collettivi. L’innovazione non deve avere solo un tasso di progressione, ma anche una direzione. Agli investimenti pubblici devono seguire  un diverso modello di progettazione e di utilizzazione.