di Giampiero Vargiu

Ci ricorderemo del 2020 come un anno orribile. Il coronavirus ci ha costretto a stare a casa. Un anno di ansia, di socializzazione vietata, di crisi economica, sociale e culturale. Delle scuole chiuse. Dei teatri chiusi.

Il 2020 è stato un anno orribile anche per quanto riguarda i femminicidi, il peggiore in termini di percentuali dal 2000, in particolare, nel contesto familiare: una donna uccisa ogni tre giorni.

Un anno che ci ha lasciato un’ultima notizia triste e atroce. Agitu Ideo Gudeta, imprenditrice etiope, nota per il suo allevamento “La capra felice” a Frassilongo, in provincia di Trento, è stata uccisa da un suo collaboratore di trentadue anni, al quale aveva dato un lavoro e un tetto, a colpi di martello, per futili motivi.

“Tutti qui in Trentino, chi più chi meno, conosciamo la sua storia. La tristezza, la rabbia, l’incredulità, il disgusto ci hanno sommersi. È agghiacciante” ha scritto sulla sua pagina facebook la freelance illustrator trentina Giorgia Broseghini.

Una storia di emigrazione, di accoglienza e di integrazione, di valorizzazione del territorio, di amore per la terra e per gli animali, di autonomia e libertà femminile. Una donna che parlava con le sue risate travolgenti e coinvolgenti.

Agitu e le capre. Una vita in simbiosi. Dormiva in auto per difenderle dagli orsi. “Gli tiro contro dei petardi e scappano” diceva scherzando. Riusciva a convivere con il grande plantigrado. Insegnava ai giovani trentini l’antico mestiere del casaro e dava lavoro ad altri africani.

Agi, come la chiamavano quanti la conoscevano, era arrivata in Italia all’età di 18 anni e si era laureata in sociologia a Trento. Rientrata in Etiopia è stata costretta a fuggire perchè minacciata di morte per via del suo impegno contro l’accaparramento delle terre da parte di alcune multinazionali per coltivarle con essenze estranee, dopo aver cacciato i contadini locali.

Raccontò a Internazionale “Quando sono arrivata a Trento avevo duecento euro in tasca, niente di più. Ho trovato lavoro in un bar, per mantenermi, ma nel frattempo ho cominciato a pensare all’allevamento delle capre. In Etiopia avevo lavorato in alcuni progetti con i pastori nomadi del deserto e avevo imparato ad allevare le capre. Ho pensato che con tutti questi pascoli non sarebbe stato difficile fare del buon latte”.

Il sogno di Agitu è stato raccontato dai Media più volte e i suoi prodotti avevano ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali Cheese, l’annuale fiera internazionale dei formaggi organizzata da Slow Food. Il premio come migliore prodotto del Trentino. Nel 2015 l’azienda agricola di Agitu ha rappresentato la Regione Trentino all’Expo di Milano. In proposito aveva scritto “La mia soddisfazione più grande è quando le persone mi dicono che amano i miei formaggi perchè sono buoni e hanno un sapore diverso. Mi ripaga di tutta la fatica e di tutti i pregiudizi che ho dovuto superare per farmi accettare come donna e come immigrata”.

Per Agitu è stato tutto difficile. Aveva denunciato con il sorriso anche le minacce ricevute da un uomo del posto, condannato negli anni successivi a nove mesi per danneggiamenti e lesioni.

Anche in quel caso, volto solare e sempre sorridente, aveva reagito positivamente. Sul suo profilo facebook aveva scritto “Buon Natale a te che vieni dal sud, buon Natale a te che vieni dal nord, buon Natale a te che vieni dal mare, buon Natale per una nuova visione e consapevolezza nei nostri cuori”.

In passato aveva collaborato anche con Emma Bonino in iniziative sulla migrazione.

La ricordo sorridente e soddisfatta nella trasmissione della domenica dedicata all’agricoltura “Mela verde”. Raccontava della sua fatica e dei muscoli che le erano cresciuti grazie alla mungitura delle sue capre. Mostrava con orgoglio i suoi animali, le sue 180 capre autoctone di razza Mochena, che chiamava ad una ad una per nome. Capre allevate negli ampi pascoli montani incontaminati immersi nelle montagne trentine, nella Valle dei Mòcheni, ai piedi del Lagorai. Ci aveva condotti nella sua azienda e il suo negozio di vendita dei suoi prodotti biologici a Trento. Aveva intenzione di realizzare un agriturismo.

Una morte che rattrista molto, ma sono convinto che lei ci avrebbe invitato a continuare a lavorare per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti, per la pace e la messa al bando della violenza, di qualunque tipo e contro chiunque. La realizzazione dell’utopia che la violenza un giorno diventi un tabù.