Il 8/7/2017 la Giunta regionale ha approvato il Piano di riordino degli ambiti territoriali della Sardegna a norma dell’articolo 4 della Legge n. 2/2016.

Neanche a parlarne, ovviamente, di rispettare i tempi della procedura previsti dall’articolo 4 della Legge, ma questa purtroppo non è una novità.

Il Piano, comunque, doveva definire gli ambiti territoriali delle unioni, delle reti urbane e di quelle metropolitane.

Il piano si articola in 16 ambiti territoriali ottimali e ogni ambito corrisponde alla delimitazione territoriale di una o più unioni di comuni o comunità montane.

A questi ambiti territoriali dovranno adeguarsi (non viene detto perchè, come e quando) le vigenti aggregazioni dei comuni come i sistemi locali del lavoro, i sistemi bibliotecari, le reti culturali, i SUAP, i Gal, le reti di smaltimento e di raccolta dei rifiuti ed eventuali altre aggregazioni.

Secondo la Delibera il Piano si basa su aree geografiche adeguate a favorire standard di efficienza e di efficacia nell’erogazione dei servizi pubblici e non isolate performance da parte di singoli enti locali.

Se questo era l’obiettivo strategico del Piano viene da sorridere, poiché questo obiettivo non viene raggiunto dai 16 ambiti ottimali, ma semplicemente dall’obbligatorietà dei comuni di associarsi in una o più Unioni.

Stabilito che gli ambiti territoriali delle Unioni derivano fondamentalmente dalla libera scelta dei comuni, il Piano doveva definire anche gli ambiti territoriali delle reti urbane e delle reti metropolitane.

Per le reti urbane è presto detto; non è stata costituita nessuna rete urbana e quindi Olbia, Nuoro ed Oristano si reggono da sole.

Per quanto riguarda le reti metropolitane invece Sud e Nord Sardegna si sono create il loro spazio; il Sud con la Città metropolitana di Cagliari, il Nord con la rete metropolitana di Sassari che comprende Sassari, Alghero, Portotorres, Sorso,Sennori, Castelsardo, Stintino, Valledoria.

In questo Piano di riordino le Province, che non sono state abolite ed hanno ancora delle funzioni, anche se limitate, non esistono.

Ci sarà tempo per approfondire questi argomenti.

Da subito mo sento comunque di esprimere in giudizio nettamente negativo. A che servono gli ambiti ottimali che, finora, non hanno trovato spazio neanche nella programmazione territoriale regionale, mentre lo hanno trovato le vecchie province con le aggregazioni delle Unioni dei Comuni?

La legge e il Piano sono il frutto di un brutto compromesso tra le indicazioni nazionali e i localismi regionali.

Inoltre questo Piano non solo non incide nel riequilibrio fra i diversi territori della Sardegna, ma accentua la debolezza dei terriori più svantaggiati.

Antonio Ladu

Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano alLiceo Jeansono de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.