Questo motto latino ci ricorda, come fin dai tempi antichi, il benessere fisico e la cura del corpo fossero collegati al benessere psicologico, mente e corpo erano considerate connesse l’una all’altra in maniera tale che potevano influenzarsi vicendevolmente. Spesso un malessere fisico incide sul nostro umore e viceversa, un problema psicologico può ripercuotersi sul nostro corpo. È risaputo che fare attività fisica permette di mantenersi sani e in forma alleviando dolori, aiutando la prevenzione delle malattie e attenuando lo stress quotidiano. Ma la pratica sportiva può diventare un’ossessione dannosa per noi stessi arrivando a diventare una vera e propria dipendenza.

Molti studi hanno cercato di stabilire quali meccanismi neurobiologici sono implicati nella trasformazione dello sport in un farmaco che può aiutare, in giuste dosi, a superare disagi psicologici cronicizzati su basi organiche come ansia e depressione, ma che può anche diventare una droga in grado di produrre piacere, così come veri e propri sintomi di astinenza fisica.

Quello che sembra chiaro è la grande capacità dello sport di attivare la disponibilità della “dopamina” e delle cosiddette “beta-endorfine”, sostanze chimiche endogene del cervello dall’effetto simile agli oppioidi esogeni, come eroina e morfina. L’ipotesi conseguente è che lo sport, soprattutto quello aerobico, può attivare la dipendenza in virtù della sua capacità di sostenere l’alta disponibilità di queste sostanze di cui il cervello legge l’assenza attraverso i sintomi dell’astinenza.

L’ “˜exercise addiction’ può essere definita come una dipendenza da un programma di esercizio fisico con la comparsa di sintomi di “astinenza” dopo 24/36 ore di mancata pratica dell’attività sportiva e colpisce soggetti non professionisti che hanno come passione una determinata attività sportiva.

A tutti capita di saltare un allenamento, per pigrizia, poca voglia, altri impegni, ma quando l’attività sportiva finisce per dominare e regolare la vita dell’individuo, si parla di dipendenza. Talvolta la dipendenza da sport accompagna altri disturbi come quelli alimentari, dove la ricerca della forma fisica perfetta (unita a un’immagine distorta del proprio corpo) diventa l’obiettivo unico della vita.

Tutta la vita della persona ruota intorno all’allenamento e all’attività fisica, si trascura la famiglia, la vita sociale, il lavoro, tutto viene finalizzato all’andare in palestra e ad allenarsi. Quando la pratica sportiva non è più un piacere, ma diventa il DOVERE e lo SCOPO finale della nostra giornata, si è instaurata una dipendenza.

Va sottolineata la frequente presenza di anoressia e bulimia nervosa associate alla “pratica fisica dipendente” e alimentate dalle stesse motivazioni di controllo del peso e dell’aspetto fisico che si pongono alla base dell’exercise addiction, soprattutto nelle donne.

Negli uomini le motivazioni alla base della “dipendenza sportiva”, se legate al controllo dell’immagine corporea, portano più spesso a mostrare il problema della cosiddetta “anoressia inversa”, ossia quella paura patologica, tipica di alcuni bodybuilders, di diventare troppo magri, deboli e sottosviluppati dal punto di vista muscolare.

Ciò che appare comune è la presenza di un comportamento di iper-controllo dell’alimentazione associato alla dipendenza da esercizio fisico.

In sintesi la dipendenza da sport mostra come una passione possa essere negativa per la qualità della vita e giustifica la distinzione fra passioni e oggetti d’amore che invece sono sempre migliorativi della nostra esistenza.

Paola Pinna

Psicologa del lavoro laureata presso l'Università degli Studi di Cagliari, specializzata in psicoterapia presso il Formist di Cagliari.