L’Italia si è presentata a Bruxelles battendo i pugni su tavolo, sicura che questa fosse la tattica vincente.
Per il premier Conte il Consiglio europeo del 28-29 giugno è stato un successo, per Salvini abbiamo ottenuto il 70% delle richieste.
Anticipando le conclusioni , riconfermo quanto detto nel titolo del Post: ha vinto l’Europa di Visegrad, per l’ l’Italia un disastro.
In presenza di differenti valutazioni il metodo più giusto da seguire è quello di mettere a confronto le richieste e i risultati ottenuti dall’Italia.
Di seguito quindi le principali richieste italiane e le risposte presenti nel Documento finale del Consiglio.
Una prima richiesta dell’Italia era quella di rafforzare le frontiere esterne: “Rafforzare frontiere esterne. L’Italia sta già sostenendo missioni UE (EUNAVFOR MED Sophia e Joint OperationThemis) e supportando la Guardia Costiera Libica, occorre rafforzare queste iniziative. Intensificare accordi e rapporti tra Unione europea e Paesi terzi da cui partono o transitano i migranti e investire in progetti. Ad esempio la Libia e il Niger, col cui aiuto abbiamo ridotto dell’80% le partenze nel 2018″
Prima ancora di esaminare le risposte degli altri partner europei è necessario sottolineare che arriva dal governo gialloverde un riconoscimento esplicito del lavoro dei governi precedenti quando afferma che, nel 2018, le partenze sono state ridotte dell’80%.
Detto questo, nel Documento finale a questo proposito vi sono solo affermazioni generiche: “L'UE resterà al fianco dell'Italia e degli altri Stati membri in prima linea a tale riguardo. Accrescerà il suo sostegno a favore della regione del Sahel, della guardia costiera libica, delle comunità costiere e meridionali, di condizioni di accoglienza umane, di rimpatri umanitari volontari, della cooperazione con altri paesi di origine e di transito, nonché di reinsediamenti volontari. Tutte le navi operanti nel Mediterraneo devono rispettare le leggi applicabili e non interferire con le operazioni della guardia costiera libica.”
La differenza sostanziale delle due posizioni è che l’Italia chiedeva che accodi e rapporti fossero gestiti dalla UE, mentre nel Documento si afferma che l’ UE resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea.
Un’altra, importante richiesta era l’istituzione di “Centri di protezione internazionale nei Paesi di transito. Per valutare richieste di asilo e offrire assistenza giuridica ai migranti, anche al fine di rimpatri volontari. A questo scopo l’Ue deve lavorare con UNHCR e OIM. Perciò è urgente rifinanziare il Trust Fund UE-Africa (che ha attualmente uno scoperto complessivo di 500milioni di euro) che incide anche su contrasto a immigrazione illegale su frontiera Libia-Niger.”
L’Italia chiedeva di individuare dei Centri di protezione internazionale nei paesi di transito e, quindi fuori dell’Europa; l’Italia avrebbe voluto delegare a paesi terzi (Tunisia, Libia, Niger, ma si è parlato anche di Albania) le fasi di identificazione e valutazione delle richieste d’asilo. Chiedeva ancora il rifinanziamento del fondo Africa per 500 milioni.
La risposta all’individuazione di Centri di protezione internazionale è assolutamente generica: “Al riguardo, il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione a esaminare rapidamente il concetto di piattaforme di sbarco regionali, in stretta cooperazione con i paesi terzi interessati e con l'UNHCR e l'OIM. Tali piattaforme dovrebbero agire operando distinzioni tra i singoli casi, nel pieno rispetto del diritto internazionale e senza che si venga a creare un fattore di attrazione.”
Il documento europeo parla di “piattaforme di sbarco regionali, in stretta cooperazione con paesi terzi” (senza specificare quali) e di “trasferimento in centri istituiti negli stati membri, unicamente su base volontaria”.
D’altronde, quella dei Centri di protezione internazionale nei paesi di transito è stata una delle richieste di Salvini nel suo velocissimo viaggio in Libia; è stata una richiesta che i paesi di transito hanno bocciato in maniera decisa.
Il rifinanziamento del Fondo Africa è stato invece accolto ma rimane un netto divario fra quanto stanziato per la Turchia e per l’Africa. “Il Consiglio europeo conviene l'erogazione della seconda quota dello strumento per i rifugiati in Turchia e al tempo stesso il trasferimento al Fondo fiduciario dell'UE per l'Africa di 500 milioni di EUR a titolo della riserva dell'undicesimo FES”
La richiesta fondamentale dell’Italia era il superamento del Trattato di Dublino che. in sostanza,stabilisce che la richiesta di asilo deve essere gestita dal primo paese dell’Unione in cui il migrante ha messo piede. Si tratta indubbiamente di un meccanismo che oggi svantaggia i paesi mediterranei di prima accoglienza.
Questa la richiesta italiana. “Superare Dublino. Nato per altri scopi, è ormai insufficiente. Solo il 7% dei migranti sono rifugiati. Senza intervenire adeguatamente rischiamo di perdere la possibilità di adottare uno strumento europeo veramente efficace. Il Sistema Comune Europeo d’Asilo oggi è fondato su un paradosso: i diritti vengono riconosciuti solo se le persone riescono a raggiungere l’Europa, poco importa a che prezzo.”
È lo smacco più cocente per l’Italia. La risposta è un rinvio sine die. “È necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà, tenendo conto delle persone sbarcate a seguito di operazioni di ricerca e soccorso. È altresì necessario un ulteriore esame della proposta sulle procedure di asilo. Il Consiglio europeo sottolinea la necessità di trovare una soluzione rapida all'intero pacchetto e invita il Consiglio a proseguire i lavori al fine di concluderli quanto prima. In occasione del Consiglio europeo di ottobre sarà presentata una relazione sui progressi compiuti.”
I partner europei hanno perciò ribadito la volontà di mantenere di fatto inalterata la responsabilità della gestione delle richieste d’asilo (e dell’accoglienza) a carico dei paesi di primo ingresso. Pur affermando la necessità di “trovare un consenso sulla riforma del regolamento di Dublino”, il Consiglio non chiarisce quando e come la riforma avverrà.
Non solo, però, non è passata la riforma del Regolamento di Dublino, ma si è fatto un deciso passo indietro rispetto ai timidi progressi registrati nel passato.
Nel novembre 2017, dopo anni di negoziati, il Parlamento europeo aveva approvato una proposta di riforma molto ambiziosa
Nel quadro della riforma, il Paese in cui un richiedente asilo fosse arrivato per primo non sarebbe stato più automaticamente responsabile del trattamento della domanda di asilo. I richiedenti asilo sarebbero stati invece ripartiti tra tutti i Paesi dell'Unione europea e sarebbero stati ricollocati in un altro Stato membro rapidamente e in maniera automatica.
I Paesi UE che non avessero accolto la propria quota di richiedenti asilo avrebbero rischiato secondo la proposta dei deputati, di veder ridotto il loro accesso ai fondi UE.
Alla richiesta infatti dell’Italia di: “Superare il criterio di Paese di primo arrivo. Chi sbarca in Italia, sbarca in Europa. Riaffermare responsabilità-solidarietà come binomio, non come dualismo. È in gioco Schengen.”
La risposta è stata: Nel territorio dell'UE coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontarialasciando impregiudicata la riforma di Dublino.
Le decisioni assunte nel Consiglio europeo non solo rinviano sine die la riforma del Regolamento di Dublino, non solo i migranti sbarcati nel paese di primo arrivo non saranno ricollocati in maniera automatica ma. Addirittura poiché tutte le operazioni saranno effettuate su base volontaria, i paesi che rifiutano i migranti non vedranno ridotto l’accesso ai fondi UE di cui sono i maggiori beneficiari.
È il trionfo dei paesi dell’Est, di coloro che hanno fatto dell’egoismo nazionale il segno distintivo della loro politica, i principali alleati di Salvini con l’Austria, la Baviera, il Fonte nazionale francese.
È la disfatta dell’Italia che si ritrova ancora più isolata di prima. Dovrà affrontare da sola il problema dei migranti senza la solidarietà degli altri paesi europei che, addirittura potrebbero richiederle di ricevere i migranti, già registrati in Italia, e successivamente spostati in altri paesi.
Nel documento di Bruxelles vi è infatti anche questa possibilità, anche se solo sulla base di negoziati diretti: “Per quanto concerne la situazione all'interno dell'UE, i movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri rischiano di compromettere l'integrità del sistema europeo comune di asilo e l'acquis di Schengen. Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti e cooperare strettamente tra di loro a tal fine.”
Queste le richieste e le risposte nel Consiglio europeo di Bruxelles. Qualcuno può decentemente sostenere che si tratta di un successo dell’Italia, anche se parziale, o vale il giudizio che si tratta di una disfatta?
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.