Sabato 6 ottobre scorso si è tenuta all'Hospitalis Sancti Antoni, a Oristano, un Convegno sul “Centennale della Diga del Tirso”. Occasione di dibattito fra gli storici, in una sala gremita, a un secolo dalla costruzione della diga del Tirso e dall'avvio delle bonifiche, organizzata da “Paesaggio Gramsci, Associazione per il Parco letterario” e coordinata dal Presidente dell'Associazione Umberto Cocco, già Sindaco di Sedilo e giornalista professionista.
L'iniziativa si inserisce nelle manifestazioni previste per il Centennale, a seguito dell'inaugurazione il 17 agosto a Ula Tirso.
L'occasione mi consente di riprendere il filo di alcune mie riflessioni fatte con il pezzo “Una strategia energetica per la Sardegna, coraggiosa e che guarda al futuro“, nel quale raccontavo del grande fervore di idee e del progetto “Sardegna Isola dei Laghi”, in particolare, nei primi due decenni del 1900.
I Relatori del Convegno di Oristano sono stati:
– Maria Carmela Soru, che insegna Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Cagliari ed è autrice del libro “Terralba. Una bonifica senza redenzione“;
– Sandro Ruju, che studia da molti anni la realtà economica, sociale e politica della Sardegna contemporanea e ha pubblicato diverse monografie sulla storia dell'industria isolana. Autore, tra gli altri saggi, di “L’irrisolta questione sarda”;
– Piero Bevilacqua, che è storico, scrittore e saggista italiano, già Professore Ordinario di Storia contemporanea all'Università La Sapienza di Roma. Autore, fra gli altri, di “Breve storia dell’Italia meridionale dall’Ottocento a oggi”
– Marisa Fois, già Visiting Fellow al Graduate Institute di Ginevra, ricercatrice all’Università di Cagliari, ha collaborato con il Centre des Mondes Africains (CEMAf) di Aix-en-Provence. Si occupa di minoranze, politica e identità in Nord Africa, decolonizzazione e postcolonialismo;
– Toni Ricciardi, che è coautore del “Rapporto italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes, del primo “Dizionario enciclopedico delle migrazioni italiane nel mondo” e membro del Comitato editoriale di «Studi Emigrazione».
Ho scritto questo pezzo servendomi degli scritti e dei video presenti nel sito dell'Associazione Paesaggio Gramsci e dei miei ricordi dell'iniziativa del 6 ottobre scorso citata.
La Relazione di Carmela Soru ha avuto il titolo “quell'idea rimasta incompiuta“. Come detto dalla Soru “Alla fine del secolo scorso la diga del Tirso diviene il soggetto prioritario dei processi materiali e politici della trasformazione che riguardò, società, ambienti ed economie della Sardegna intera. La forza lavoro venne dispiegata con 16.000 unità, uomini donne e bambine, le cui braccia erano reputate idonee a trasportare sacchetti di iuta e pietre su ceste di vimini collocate sulla testa. Nella stessa compagine lavorativa si individuano prigionieri di guerra austro ungarici, sovversivi, braccianti, minatori scalpellini e reduci di guerra. Ne morirono 56, tra queste Emma Gramsci.
Anche a Terralba iniziarono i lavori di preparazione per l’acqua che dal Tirso dovevano dissetare campagne spente o malate dall’arsura e dalla malaria. Più del 40% della forza lavoro sarda si riversò nella piana di Terralba tesa a prosciugare centinaia di paludi, acquitrini e stagni, compreso lo Stagno di Sassu. Molti morirono di malaria.”
“Il progetto L'”isola dei laghi”, tema condiviso nella sede del Genio civile di Cagliari sin dall’ultimo decennio dell’Ottocento, può ora decollare sull’onda dell’elettricità, in un clima di modernizzazione industriale annunciata sugli ideali di solidarietà e di democrazia sociale che grazie a nuove politiche legislative avrebbe parificato i conti tra Meridione e Settentrione. A tale scopo la diga del Tirso viene progettata per irrigare fino a 40.000 ettari di terreni del Campidano di Oristano e a mettere a disposizione per l’industria 300 milioni di kWh. Lo Stato destina ben 145 milioni alla Società Imprese Idrauliche ed Elettriche del Tirso, partecipando al 40% dei suoi investimenti.”
In particolare, la Soru ha messo in evidenzia il grande disagio sociale ed economico che investì le popolazioni interessate e il contrasto, già da lei evidenziato nel suo libro “Terralba. Una bonifica senza redenzione”, tra la speranza di riscatto generata dalle grandi opere infrastrutturali sulla produzione di energia elettrica da fonte idrica e sulle bonifiche nella piana del Campidano, pensate inizialmente dalla Sinistra Storica e portate avanti dalla politica meridionalistica di Francesco Saverio Nitti, Filippo Turati e Angelo Omodeo e il governo fascista, che impose la nascita di Mussolinia di Sardegna e decretò la scomparsa dell’anima territoriale sociale di Terralba.
Come dice la Soru “Con la prevaricazione del regime fascista esercitata sul Comune originario di Terralba emerge l’anima speculativa e colonizzatrice contro la vantata “causa meridionale“ di redenzione di questo pezzo d’Italia.”
Fu un tradimento anche di quanto portato avanti dal deputato terralbese socialriformista Felice Porcella, già Sindaco della stessa cittadina, attivo protagonista della legiferazione sulla bonifica.
La Soru afferma che “Il decollo della bonifica scaturisce non da una pianificazione industriale ordinata da un‘élite governativa e dai settori più avanzati dell’intellighenzia tecnica e politica, ma si rivela una risposta a un originale progetto di bonifica locale. Questa, però, non riesce a compiersi, per non essere stata accompagnata all’interno di una dispiegata politica sociale democratica, che avrebbe potuto attestarsi con lo sfruttamento dell’eccezionale carica riformatrice espressa dallo sviluppo capitalistico dell’epoca, sciogliendo, finalmente, il divario fra le due economie della nazione.” Il gap tra il Nord e il Sud dell'Italia, drammaticamente parte della nostra attualità.
Sandro Ruju ha completato la descrizione del quadro dei progetti infrastrutturali previsti dai socialriformisti dei primi decenni del 1900 per la Sardegna, evidenziando la costruzione del lago Coghinas con la sua centrale idroelettrica, lo stabilimento della Sarda Ammonia per la produzione di fertilizzanti e fitofarmaci, la nascita di Carbonia e il “Piano di Rinascita“, che ha visto la costruzione dei poli industriali di Porto Torres, Assemini, Villacidro, Arbatax e, in seguito, Ottana. Un progetto di industrializzazione “pesante” che, comunque, ha visto i territori soggetti passivi del proprio sviluppo, che ha portato alle situazioni di declino di oggi.
Piero Bevilacqua ha dato alla sua Relazione il titolo “Quando lo Stato faceva la sua parte”. Sia nella iniziativa tenutasi all'Hospitalis Sancti Antoni che a quella dei giorni successivi al Liceo Classico De Castro, Bevilacqua ha inquadrato le scelte del progetto “Sardegna Isola dei Laghi” in uno scenario nel quale, dopo i fallimenti delle scelte liberiste della Destra Storica dei primi decenni seguiti all'avvio dell'Unità d'Italia, il socialriformismo seppe avere, dopo le incertezze iniziali, una visione di lungo periodo, in una situazione drammaticamente difficile, nella quale la situazione della Sardegna poteva essere così rappresentata:
– era a pieno titolo dentro la questione meridionale, con le situazioni di grave disagio sociale, culturale ed economico;
– la malaria imperversava nelle piane (la Sardegna era la più malarica d'Italia) e in montagna si era proceduto ad un intenso disboscamento, con tutte le conseguenze che questo aveva comportato dal punto di vista del dissesto idrogeologico (il 40% del manto boschivo era stato perso nella prima metà del 1800);
– erano decenni di siccità ed erano praticamente assenti corsi d'acqua perenni;
– c'era una scarsa densità abitativa, con una popolazione di 864.000 abitanti e una densità di 36 ab/km2, circa la metà di oggi;
– la Destra Storica, che si insediò al Governo nel 1861, fallì soprattutto perchè puntò solo sull'agricoltura e cancellò l'Amministrazione Generale di Bonificazione, nata nel 1855 ad opera del Regno di Napoli con l'obiettivo di infrastrutturare il Meridione con i progetti, in particolare, dell'Ingegner Carlo Afan de Rivera e in possesso di grandi professionalità, andate, quindi, disperse;
– le politiche di bonifica al Nord erano molto più vantaggiose, perchè attuate in Regioni, nelle quali esistevano città ricche dal punto di vista economico, ricche di storia e di reti commerciali. La stessa Legge Baccarini del 1882 avvantaggiò solo il Nord strutturalmente più organizzato, mentre al Sud non esistevano i Consorzi di Bonifica, non esistevano le Cooperative, che al Nord erano in grado di organizzare le realtà rurali in maniera adeguata.
In questo scenario, Tecnici Ministeriali e Politici di grande preparazione e lungimiranti come Meuccio Ruini, Angelo Omodeo, Ivanoe Bonomi e Francesco Saverio Nitti capirono che per creare sviluppo occorreva aggiungere all'agricoltura l'industria e per sviluppare l'industria era indispensabile avere notevoli produzioni di energia elettrica. Dotati di grandi visioni e capacità progettuali, in particolare con la Legge Speciale del 1907 dettero il via alla progettazione e alla successiva costruzione, a partire dal 1918, della diga del Tirso.
Capirono, soprattutto che un processo di modernizzazione poteva essere portato avanti solo dallo Stato, con la realizzazione di grandi infrastrutture e con l'attuazione di importanti riforme. In particolare idearono la cosiddetta “Bonifica Integrale”, fatta di prosciugamenti di acquitrini, rimboschimenti di montagne, strade rurali e collegamenti con aree di grande scambio commerciale.
In questo scenario molto dinamico venne realizzata la diga del Tirso, ma non si riuscì a realizzare una delle idee più importanti dell'Ing. Omodeo, che era quella di utilizzare l'energia elettrica per creare un ciclo produttivo completo, che consentisse di arrivare alla lavorazione dei minerali estratti in Sardegna fino ai manufatti finiti. Vinsero i territori più forti del Nord, che imposero nel proprio territorio le industrie di lavorazione dei prodotti grezzi, con la Sardegna che continuò a soffrire nelle miniere per la sola attività estrattiva, con stipendi da fame e tutti i problemi di salute conseguenti alle condizioni precarie di tale lavoro.
Marisa Fois ha dato alla sua Relazione il titolo “Rinascita e discordia“. In particolare, la Fois, evidenziando la contraddittorietà tra sogno di sviluppo e disillusione, ha messo in evidenza i seguenti aspetti:
– la diga del Tirso ha modificato il “sentimento di Comunità” dei territori interessati del Guilcer e
del Barigadu;
– non si è tenuto conto delle peculiarità locali, imponendo un modello che poteva andare bene per il Nord e non in una realtà isolata sia rispetto al resto della Sardegna che al resto dell'Italia;
– la rinascita, forse, c'è stata a valle, nella piana;
– la discordia ci fu sicuramente, perchè vennero espropriati i terreni migliori, praticamente senza nulla in cambio. Lo stesso paese di Zuri fu sradicato e spostato;
– il progresso promesso dai politici non ci fu;
– la popolazione, contrariamente a quanto scritto e detto da molti, tentò di ribellarsi in vari modi (Atti di opposizione, reclami, rimostranze e sciopero per le condizioni di lavoro), fu privata delle fonti di reddito fino ad allora possedute, legate alle campagne e al fiume stesso;
– l'energia elettrica stessa arrivò in case prive di acqua, fogne e servizi igienici.
Il risultato della costruzione della diga fu che i centri abitati si spopolarono e il progetto di rinascita si rivelò per il territorio un fallimento.
La Fois ha terminato la sua Relazione con un insegnamento di Gramsci illuminante, che proietta il fallimento di allora ad oggi: “la Storia insegna, ma non ha scolari“. Ha, inoltre, aggiunto un messaggio di speranza dicendo che i territori del Guilcer e del Barigadu hanno dimostrato di avere le energie per reagire e intraprendere un percorso di sviluppo.
Il dibattito successivo alle relazioni degli esperti, molto interessante, ha rimarcato gli aspetti messi in evidenza dagli esperti stessi, mettendo anche in evidenza le ataviche difficoltà delle nostre classi dirigenti e la carenza di progettualità, anche dal punto di vista dell'organizzazione territoriale e istituzionale.
La mia ferma convinzione è che quella stagione di grandi riforme, di visioni di ampio respiro e di feconda progettualità non ha sortito gli effetti sperati perchè non c'è stata partecipazione, quella indispensabile perchè si inneschino “processi di sviluppo locale”, in realtà a “risorse scarse” come le nostre. Forse è pretendere troppo che in quella stagione maturasse una simile idea, ma la storia dimostra, come diceva Gramsci, che non siamo stati buoni scolari, ma non lo siamo ancora oggi.
La categoria della partecipazione, che è sociale e culturale prima che economica, non può essere lasciata allo spontaneismo, bisogna progettarla, normarla, perchè sia reale ed efficace. A questo riguardo insisto con la mia proposta fatta in merito alla Legge Urbanistica, che è stata abbandonata dall'attuale Giunta Regionale, sul comma 4 dell'articolo 22 “Informazione e partecipazione”, con la quale chiedevo che la Regione dovesse definire apposite Linee Guida sulle metodologie, le tecniche, gli indicatori di risultato condivisi e ritenuti congrui della reale partecipazione e le pratiche di informazione e partecipazione e deve incentiva forme di collaborazione interistituzionale per fornire l'adeguato supporto conoscitivo e documentale. Insomma, ritengo che la partecipazione deve poter essere misurata per renderla reale ed efficace, perchè anche i progetti di sviluppo siano realmente spinti dal basso e vedano una partecipazione reale dei cittadini, che, quindi, li “sentano” propri.
Voglio utilizzare questo pezzo anche in maniera propositiva e avanzo delle proposte, anche in vista della impostazione dei prossimi fondi strutturali 2021 – 2027 della Unione Europea, di quelli diretti della stessa Unione Europea e di tutte le risorse che verranno programmate nei prossimi anni e che ci possono riguardare. Nell'ordine, in sintesi:
– ritengo sia giunto il tempo che i territori dell'Oristanese, del Nuorese, del Mandrolisai e dell'Ogliastra (il Centro Sardegna da Ovest a Est) debbano iniziare a ragionare e progettare insieme, non escludendo forme istituzionali innovative che li veda agire insieme, senza che, ovviamente, siano limitati i presidi della Giustizia, della Scuola, della Sanità e Sociali esistenti, ma, anzi, rafforzati;
– a proposito di retorica e controretorica delle grandi opere questi 4 territori citati devono, in controtendenza rispetto a chi sostiene che sono valide le sole opere che hanno un rapporto costi/benefici positivo nella valutazione dei progetti, senza considerare gli aspetti di tipo sociale e di riequilibrio, iniziare ragionare su un asse di sviluppo unitario, sul quale costruire un asse ferroviario a doppia corsia elettrificato di bassa e alta velocità che, partendo dal Consorzio Industriale Provinciale Oristanese deve ricomprendere l'area di Tossilo, l'area di Ottana, il Consorzio di Prato Sardo, la Piana di Oliena e Dorgali per pervenire al porto di Tortolì – Arbatax. Su questo asse si devono innestare delle bretelle per le zone più interne, che devono essere partecipi di questo progetto. Intorno a questo asse va finanziato un grande progetto di reindustrializzazione legato ad attività innovative e green, di meccanica fine e legate alle nuove tecnologie, accompagnato da una forte campagna di marketing territoriale da portare in tutto il mondo, in modo da portare investitori stranieri. Ovviamente va fatto un grande sforzo, con l'aiuto anche delle realtà universitarie e delle Organizzazioni Sociali presenti in questo territorio, di coinvolgimento dell'imprenditoria locale e dei giovani. Dobbiamo costruire Scuole all'avanguardia sia dal punto di vista strutturale che da quello didattico e pedagogico;
– i due porti dell'Oristanese e dell'Ogliastra devono essere dotati di un progetto di sviluppo, che li specializzi in coerenza con il progetto di sviluppo citato e di adeguate risorse finanziarie;
– la realizzazione di una “Comunità Energetica” dell'intero territorio a energia distribuita e in autoproduzione, sulla falsariga delle “Oil Free Zone” previste nel Collegato Ambientale della Legge Finanziaria Nazionale 2016 e della Legge della Regione Piemonte n. 12 dell'agosto scorso che, per prima, le ha istituite in Italia e delle quali scriverò in un prossimo post;
– un progetto di sviluppo, già citato da me nel pezzo “Il Territorio Oristanese. Un “Percorso d'acqua”, che riguardi tutta l'asta del Tirso, allargandolo al Bacino del Taloro e a quello del Flumendosa. Le linee d'azione da sviluppare in questo progetto integrato sono il turismo, il Distretto delle lagune, un Sistema di parchi fluviali, l'enogastronomia, i beni culturali, le specificità dell'agroindustria, la rigenerazione urbana e le infrastrutture, sia quelle legate alla mobilità sia quelle legate alle rete delle telecomunicazioni.
Un libro dei sogni? No. Dipenderà da noi.
Giampiero Vargiu
Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.