Quali sono i motivi delle forti disuguaglianza tra il Nord e il Mezzogiorno, quali i motivi di questa situazione di forte disagio economico e sociale e come se ne può uscire?

Mi rifaccio ad una intervista fatta dal giornalista Ignazio Dessì a Gianfranco Viesti, docente di Economia Applicata all'Università Aldo Moro di Bari e autore del libro “Mezzogiorno a tradimento. Il Nord, il Sud e la politica che non c'è”.

Secondo il Professor Viesti, “La minore occupazione al Sud è conseguenza di uno sviluppo economico molto diverso rispetto al Centro – Nord. Al Sud mancano principalmente le attività economiche orientate all'esportazione, prevalentemente industriali, ma anche i servizi avanzati che garantiscono al Nord un numero di posti di lavoro elevato. A determinare il distacco, consolidatosi dagli anni '80, è stato insomma il minor sviluppo industriale, la carenza di industrie interne capaci di alimentare l'export esterno. Tale distacco si è notevolmente incrementato con la crisi del 2011, che ha avuto due caratteristiche. In primo luogo è stata una crisi di domanda interna, quindi, essendo l’economia del Mezzogiorno meno proiettata all’estero, aveva meno possibilità di recuperare quanto si perdeva sul mercato interno. In secondo luogo la crisi è stata caratterizzata da bonifiche fiscali pubbliche e da austerità selettive territorialmente, nel senso che hanno colpito più il Meridione del Centro – Nord, incidendo su tutta una serie di ambiti, dall’istruzione alla sanità. Dal 2011 c'è stato, quindi, un ulteriore diversificarsi dei tassi di occupazione con un aumento delle distanze tra le due realtà geografiche. Nell’ultimo biennio, è vero, c’è stato un discreto recupero dell’occupazione nel Mezzogiorno, ma siamo ancora molto lontani dai livelli pre – crisi, e per ciò lontanissimi dalle medie europee”.

Dal 2008/2009, la crisi ha riguardato la domanda internazionale ed ha colpito di più il Nord. Invece dal 2011, in particolare nel 2013-2015, la situazione è molto mutata perché, con la correzione del bilancio pubblico fatta in Italia si è prodotta una duplice conseguenza. Da un lato è aumentata la pressione fiscale. Tale aumento si è concentrato sulla pressione fiscale locale (regionale e comunale), e questo ha colpito di più il Mezzogiorno perché, essendo più bassa la base imponibile, per compensare la mancanza di trasferimenti dello Stato, si sono dovute aumentare maggiormente le aliquote. I dati, per esempio quelli di Bankitalia, dimostrano che la stessa famiglia, con stesso reddito e numero di figli, subisce una tassazione più pesante nelle regioni più povere rispetto a quelle più ricche. Inoltre, L’intervento sulla spesa pubblica ha prodotto interventi selettivi territorialmente. Il caso più rilevante quantitativamente è quello della sanità, con i vincoli imposti a molte regioni del Sud dai piani di rientro. Il caso più eclatante è invece quello della Università, dove si è adottata una politica selettiva che ha colpito moltissimo gli Atenei delle Isole e in misura consistente quelli del Centro – Sud.

La situazione del servizio sanitario nel Mezzogiorno, negli ultimi anni, è notevolmente peggiorata rispetto alla media nazionale. I vincoli posti dai piani di rientro hanno bloccato il turn-over dei medici e degli infermieri, per cui abbiamo una presenza di personale sanitario nel Sud notevolmente inferiore a quella del resto del paese. C'è poi stata, per esigenze di risparmio, una contrazione dei servizi offerti dalle strutture pubbliche e questo ha portato in primo luogo a far diventare a pagamento una serie di servizi sanitari. Così la fascia più debole della popolazione ha dovuto rinunciare a certi servizi sulla salute, specie di prevenzione (analisi e screening). Dall’altro il fenomeno ha incrementato le emigrazioni sanitarie verso il Nord, squilibrando ancora di più il sistema.

Alla domanda “Cosa bisognerebbe fare?” il Professore risponde che occorre
“Rendersi conto innanzitutto di quanto è accaduto in questi anni in Italia, anche perché quello di cui discorriamo non viene attualmente discusso pubblicamente, non fa parte del dibattito politico e neppure dell'attenzione del sistema dell’informazione. E poi decidere insieme quali tipi di diritti di cittadinanza garantire nel nostro Paese a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro reddito e dalla loro residenza. E' in atto infatti un processo sotterraneo per cui si creano diritti di cittadinanza diversi a seconda della residenza e del censo, contrariamente a quanto prevede in modo chiaro la nostra Costituzione”.

Lo sviluppo e la crescita passano, innanzitutto, per gli investimenti. Bisogna, infatti, rendersi conto di quest'altro elemento fondamentale evidenziato negli ultimi anni: il crollo degli investimenti sia pubblici che privati. Quelli privati si sono molto ridotti perchè le imprese hanno percepito la carenza di domanda, soprattutto sul mercato interno e, dunque, hanno posticipato gli acquisti di macchinari per modernizzare o ampliare le attività produttive. Gli investimenti pubblici hanno invece avuto un vero e proprio tracollo, perchè per intervenire sul deficit di bilancio sono la cosa più semplice da tagliare. Di conseguenza il nostro Paese ha rallentato tantissimo gli sforzi di investimento. Questo, naturalmente, è particolarmente grave per il Mezzogiorno, perchè la necessità di investimenti privati, per potenziare le attività produttive e di investimenti pubblici, per garantire un livello di infrastrutture e di servizi che si avvicini ai livelli medi nazionali, è indispensabile”.

Dal punto di vista degli investimenti, in questi anni il Governo Nazionale ha messo a disposizione risorse importanti attraverso il “Masterplan per il Mezzogiorno”, che costituisce il quadro di riferimento entro cui si collocano le scelte operative, definite nel corso di un'intensa interlocuzione del Governo con le amministrazioni regionali e le città metropolitane del Mezzogiorno, ai fini della predisposizione di specifici “Piani Strategici e Operativi”, mediante appositi accordi interistituzionali.

I “Patti per il Sud” declinano concretamente gli interventi che costituiscono l’asse portante del Masterplan.

Le risorse finanziarie destinate ai Patti per il Sud a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014 – 2020 sono state assegnate dal CIPE con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016, per un totale di 13,412 miliardi di euro.

Si tratta di 15 Patti per il Sud, uno per ognuna delle 8 Regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 7 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari e Messina).

Nel Patto per la Sardegna del 29 luglio 2016 sono previsti 2.9558.244.000,00 euro. A questi sono stati aggiunti 1.578.000.000,00 euro per la metanizzazione, all'interno dei quali 600milioni per la dorsale, attraverso l'APQ (Accordo di Programma Quadro) Metano. Su quest'ultimo aspetto, penso che, ritenendo utile la metanizzazione della Sardegna, ma senza la costruzione della dorsale, i 600 milioni possono essere spesi in maniera più utile per eliminare altri gap infrastrutturali.

Per la Sardegna sono, inoltre, stati previsti 168.000.000,00 euro per il Patto di Cagliari.

Se nel Mezzogiorno e, quindi, anche in Sardegna, la situazione continua a restare precaria, individuo alcune criticità:

– la insufficienza degli investimenti;

– la continua difficoltà a spendere tutte le risorse messe a disposizione, sia di fonte nazionale che europea;

– le troppe scelte sbagliate su investimenti sbagliati (i troppi “prenditori”) nel corso degli anni;

– la burocrazia e la incompetenza della macchina amministrativa;

– la lentezza della giustizia;

– la corruzione e la malavita organizzata.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.