Mi è capitato, quasi tre anni fa, all'interno di un dibattito e di una discussione su una proposta programmatica per la città di Oristano e per la sua Area Vasta, di introdurre il tema delle periferie. L'ho fatto spinto dall'idea di Renzo Piano che “le periferie sono le città del futuro, in esse si trova l'energia”. Diceva, inoltre, Renzo Piano “I centri storici ce li hanno consegnati i nostri antenati, la nostra generazione ha fatto un po' di disastri, ma i giovani sono quelli che devono salvare le periferie… Il nostro è un paese di talenti straordinari, i giovani sono bravi e, se non lo sono, lo diventano per una semplice ragione: siamo tutti nani sulle spalle di un gigante. Il gigante è la nostra cultura umanistica, la nostra capacità di inventare, di cogliere i chiaroscuri, di affrontare i problemi in maniera laterale”.
“La marginalità non è soltanto “fisica”, la periferia è metafora della condizione sociale che viviamo all’interno dei nostri paesaggi urbani.
L'incuria si riflette, di conseguenza, nella condizione sociale della popolazione che abita queste zone cittadine. Spesso la marginalità delle periferie riflette la marginalità degli individui che la abitano all’interno della società”.
Oristano può uscire dall'attuale crisi e diventare un “laboratorio” nel quale vincere la sfida del futuro se riusciamo a valorizzare il nostro patrimonio culturale e di solidarietà. In particolare, se riusciamo a coinvolgere i giovani.
Deve diventare patrimonio comune il progetto di una “Comunità” in cui la “sostenibilità” e il cosiddetto “potere laterale” diventano le categorie principali, culturali, sociali ed economiche: unire le forze per puntare su un modello di “Comunità collaborativa” e non “Competitiva”, moderno ed innovativo, che guarda al futuro, partecipato.
Nei saggi di Rifkin si dice che l’essere umano è diverso da quello raffigurato dall’Illuminismo: la scoperta dei neuroni specchio dimostra che siamo una specie sociale, fatta più per l’empatia che per l’autonomia, più a proprio agio in una società veramente democratica, più orizzontale, “laterale”, partecipata. Nei vari secoli siamo stati convinti o ci siamo convinti che l’uomo è un soggetto egoistico, spesso gregario, che è necessario l’uomo della provvidenza. I secoli passati sono stati dominati dai leaders, la società si è organizzata in maniera verticistica in tutti gli ambiti sociali, culturali ed economici. Tutte le attività economiche si sono sviluppate intorno ai grandi poli. In tutti i settori dell'economia, della cultura e della società l'organizzazione è stata di tipo piramidale, le decisioni si sono sviluppate al vertice e sono state trasferite alla base, che ha in genere avuto un ruolo passivo.
Il futuro è nella decisioni “laterali”, partecipate, lo sviluppo e il progresso delle nostre Comunità deve essere coprogettato, in una democrazia compiuta.
La nostra Identità deve rafforzarsi nel confronto e in relazione con gli altri, la nostra “identità” potrà aiutarci a uscire dalla crisi quanto più riusciremo a coltivare relazioni e quanto più saremo capaci di inserirci nei circuiti relazionali, anche esterni.
La prima considerazione, quella più immediata che dobbiamo fare, è che bisogna crederci.
Nella discussione citata emerse che le periferie di Oristano, così come è dappertutto in Italia, rappresentano “un non luogo”, sono prive di funzioni urbane, in termini di servizi, trasporto, nuovi mestieri e, quindi, nuova occupazione.
La prima esigenza è quella, quindi, di “costruzione di un processo partecipativo”, che veda la nascita di “Laboratori di quartiere”, ubicati in periferia e la promozione dell'”Architetto condotto”, in grado di coinvolgere gli abitanti nell'autocostruzione, di “curare” gli edifici malandati e di “rammendare le periferie”. Una sorta di “Consultorio costituito da architetti condotti”, che coinvolga i giovani professionisti, con l'obiettivo di far nascere delle start up nel settore delle ristrutturazioni architettoniche e urbane.
In quella occasione venne invitata l'Amministrazione Comunale a reperire importanti risorse, necessarie per far si che nelle periferie fossero individuate funzioni urbane, in termini di servizi, trasporto, nuovi mestieri, in collaborazione con dei “Laboratori di Quartiere”.
Nel frattempo l'idea di Renzo Piano si è sviluppata in una serie di progetti, che hanno convinto il Governo a mettere a disposizione risorse importanti e a lanciare un Bando Nazionale, che, a fine 2016, ha visto il Comune di Oristano piazzarsi al 16° posto e ottenere circa 17 milioni di euro di finanziamento pubblico per il “Progetto Oristano Est” con Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 6 dicembre 2016 che, oltre ad aver inserito quello oristanese tra i progetti in graduatoria, ha anche stilato la classifica per quelli che avranno da subito a disposizione le risorse e Oristano è tra questi.
La notizia è veramente importante, bisogna dargli il giusto risalto, è un grande merito dell'Amministrazione Comunale e va nella giusta direzione di “rammendo delle periferie”: le idee lanciate alcuni anni fa non erano un libro dei sogni o, quantomeno, erano sogni realizzabili.
Il programma prevede la spendita delle risorse da qui al 2019.
La domanda è: come far diventare questo progetto una grande occasione di crescita per la città?
Il “Progetto Oristano Est”si incrocia vantaggiosamente con le esperienze basate sulla collaborazione tra pubblico e privati.
È sufficiente a innescare un processo di crescita dell'ambito interessato e della città?
Ritengo che da questo punto di vista sia centrale sollecitare una nuova stagione di protagonismo nei cittadini che le abitano. Essere residenti in quartieri abbandonati, privi di opportunità di crescita economica e di sviluppo sociale e culturale, afflitti dall’assenza di “connessioni” è una condizione degradante che molti abitanti delle periferie non riescono più a tollerare. Ogni tipo di intervento di “rammendo” previsto dal “Progetto Oristano Est” dovrà essere partecipato e agito dalla comunità, anche allo scopo di operare una ricucitura delle opportunità di sviluppo economico e sociale per i residenti di queste aree. Solo così si interviene sulla difficile condizione delle periferie, che è incertezza del futuro e carenza di opportunità di sviluppo per chi le vive, prima ancora che una questione di urbanistica.
La sfida è questa: far diventare il “Progetto Oristano Est” un patrimonio della città, che lo deve sentire proprio.
Ecco, dare un'anima, rendere vivo e partecipato il progetto può contribuire alla crescita della città, creare un pò di entusiasmo nei giovani, farli sentire, attraverso dei “laboratori della creatività”, parte attiva della città, dare loro maggiore fiducia nel futuro.
Giampiero Vargiu