Premetto che questo è un post di parte. È un post di un elettore e militante di sinistra, che ha a cuore il futuro delle sinistra in Italia e in Europa. Il post che mi accingo a scrivere è frutto di una riflessione nata a seguito delle elezioni del 4 marzo, ma che cerca di superare il periodo contingente attraverso ragionamenti più generali, stimolate dal post di Antonio Ladu pubblicato il 29 maggio “Prima gli italiani. Slogan elettorale efficace, ma quali sono i significati e quali le conseguenze?”
La sinistra in Europa vive un lungo periodo di crisi di identità a seguito dell’ormai evidente fallimento della così detta Terza Via, dottrina inaugurata da Blair nei primi anni ’90, che cercava di scardinare il dualismo Socialismo/Liberalismo, attraverso un paradigma che coniugasse le due dottrine novecentesche.
Il modello della terza via ha contagiato, nel corso degli ultimi 20 anni, tutti i partiti socialisti/social democratici europei, i quali però, in assenza di un pensiero originale e solido, hanno governato spesso in maniera scialba, perseguendo politiche pubbliche simili, se non identiche, a quelle dei propri avversari politici.
Il continuo avvicinamento delle posizioni tra i partiti di centro-sinistra e centro-destra ha lasciato sempre più spazio a nuove organizzazioni politiche che si ponessero in contrasto non con il pensiero e le politiche dei partiti maggiori, ma con lo stesso sistema politico su cui poggiava il confronto democratico, con degenerazioni visibili in tutta Europa.
La sinistra, trasformatasi lentamente in un partito di centro, ha cominciato a perdere consensi e sta sparendo nel panorama politico dei principali Paesi europei. Nel frattempo si fa fatica a intravvedere un nuovo paradigma che orienti i partiti di sinistra e le politiche da perseguire, che siano a tutela delle fasce più deboli della popolazione.
Quale è dunque oggi il ruolo della sinistra europea?
Per definire un ruolo politico, credo che occorra partire dai principi. Ritengo che i valori di riferimento della sinistra europea possano essere due. Entrambi questi valori hanno radici storiche profonde, ma allo stesso tempo un’urgenza attuale.
Il primo è il valore della Resistenza da ogni forma di autoritarismo. La Resistenza, durante la Guerra Civile Europea, ha unito ovunque le migliori anime delle nazioni, proprio perché ambiva al superamento dei nazionalismi, vera causa delle guerre e delle derive autoritarie. Oggi le sinistre devono unirsi per contrastare le derive xenofobe (islamofobiche in particolar modo) e lavorare per influenzare il resto del mondo con la cultura europea, una cultura di libertà e di rispetto delle differenze.
Il secondo è il valore dell’integrazione Europea. Ci sono servite due guerre mondiali per capire che gli Stati Nazionali sono fonti di guerre. Per renderle impraticabili è essenziale costruire un’Europa dei popoli che, naturalmente, è molto di più di un grande mercato. Le sinistre non solo devono difendere l’UE, ma devono fare in modo che il suo raggio d’azione cresca, che porti a compimento il processo di integrazione politica, oltre che economica. La soluzione ai problemi dei cittadini non è nella chiusura e nel ritorno agli Stati nazionali, è invece nel completamento del sistema politico europeo, che sia più democratico, più rappresentativo, più vicino ai cittadini.
Credo questi due principi dovrebbero essere il fondamento di una sinistra moderna e pronta alle sfide contemporanee della globalizzazione, per contrastare un mercato che uccide i posti di lavoro e concentra i patrimoni. Solo un coordinamento sovranazionale può contrastare tale deriva.
La sinistra, insomma, deve smettere di gestire l’esistente (atteggiamento conservatore) o rammendarlo (atteggiamento riformista), dovrebbe riproporre una logica rivoluzionaria, una rivoluzione non più fatta con le armi, ma con gli strumenti di libertà, conoscenza, integrazione.
In fondo, per rispondere al quesito, credo che la funzione della sinistra sia sostituire l’Europa degli Stati Nazionali con l’Europa dei Popoli.
Riccardo Scintu
Ha conseguito nel 2010 il Dottorato di Ricerca in Scienza Politica presso l’Università di Bologna, sede di Forlì. Laureato nel 2006 all’Università di Bologna in Scienze dell’Organizzazione e del Governo. Opera in numerosi enti locali della Sardegna come componente esterno di organismi di valutazione delle performance e come consulente sulle tematiche dell’organizzazione e della gestione delle risorse umane.