Sabato 10 novembre scorso si è tenuto al Grande Hotel Terme Sardegna di Fordongianus un Convegno – Dibattito su “Cento anni di meridionalismo, da Nitti e Omodeo. Il Mezzogiorno oggi”.
Le Relazioni degli specialisti Antonio Sassu e Amedeo Lepore” ho illustrato, rispettivamente le Relazioni svolte da Giorgio Macciotta, Claudio De Vincenti, Antonio Sassu e Amedeo Lepore.
In questo pezzo illustro le considerazioni che ritengo più importanti emerse nel dibattito e la chiusura dei relatori e, in particolare, quella di De Vincenti. Aggiungerò delle mie proposte.
Il Sindaco di Busachi e Presidente dell'Unione dei Comuni del Barigadu Giovanni Orrù, nello stigmatizzare il fatto che il territorio del Barigadu non ha ricevuto alcun beneficio dalla realizzazione della diga del Tirso, ha messo in evidenza le seguenti questioni:
– occorre un'azione di perequazione rivolta al territorio interessato dalla diga del Tirso rispetto agli investimenti che lo Stato ha portato avanti tra gli anni 1951 e 1971 nelle attuali aree di crisi della Sardegna (Porto Torres, Ottana, Portovesme);
– la Sardegna è stata interessata in maniera molto invasiva dalle Servitù Militari, ma gli investimenti nell'industria non sono stati adeguati;
– la Riforma Agraria e la nascita dell'ETFAS (Ente per la Trasformazione Fondiaria e Agraria in Sardegna, Ente Regionale della Sardegna, istituito nell'ambito della cosiddetta “Riforma agraria” dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste con DPR n. 265 del 27.04.1951 con il compito di acquisire, bonificare e trasformare terreni incolti con conseguente assegnazione finale ai contadini), non hanno portato alcun giovamento al territorio interessato dalla diga;
– l'ampliamento dell'invaso originario, con la costruzione della diga Eleonora d'Arborea, ha ulteriormente penalizzato i territori del Barigadu e del Guilcer: non è stata fatta la rete irrigua promessa, che avrebbe riguardato 50 ha, non è stata fatta neanche la bonifica dei tralicci sommersi dall'ampliamento dell'invaso.
Andrea Murgia, economista, funzionario della Commissione Europea e candidato di Autodeterminazione alle prossime elezioni alla Presidenza della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna ha lamentato il fatto che i relatori non hanno parlato di Europa, evidenziando che ormai i fondi strutturali europei hanno di fatto sostituito le risorse che un tempo venivano garantite dallo Stato sulle infrastrutture. Stato che ha fatto il gioco delle tre carte, poichè i fondi europei dovevano essere addizionali e non sostitutivi di quelli statali.
Murgia ha anche evidenziato i seguenti aspetti:
– in Europa non sanno che cosa sia la questione meridionale;
– la Sardegna è Mezzogiorno?
– ci sono problemi della Sardegna rispetto ai principali indicatori riguardanti i progetti europei, nei quali si trova all'ultimo posto tra le Regioni in transizione (reddito medio superiore al 75% di quello medio europeo ma non superiore al 90%) o in convergenza (reddito medio inferiore al 75% di quello medio europeo). Tali indicatori sono il delivery, che è l'indice della capacità di realizzare i progetti, l'accountability, che è l'indice della capacità di rendicontare i progetti e la governance, che è l'indice della capacità di gestire i progetti. In particolare, la Sardegna ha dimostrato di avere un indice di governance basso. La stessa situazione si verifica con i fondi nazionali.
Un ultimo aspetto evidenziato è che il Centro Regionale di Programmazione, nato e strutturato in base agli articoli 13 – 15 della Legge Regionale n. 7/62, all'articolo 15 della Legge Regionale n. 33/75, all'articolo 67 della Legge regionale n. 5/85 e al Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 179/86 e soggetto tecnico destinato alla predisposizione degli atti programmatici della Regione ordinariamente previsti dalle norme quali il Documento di programmazione economico – finanziaria, il Piano Generale di Sviluppo, i Piani di Rinascita ed i relativi Programmi di Intervento, nonostante il suo evidente fallimento continua ad esistere.
Salvatore Lai, già Sindaco di Gavoi e Assessore Regionale degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica, ha sostenuto le fragilità della nostra Regione, con la situazione, complice l'attuale Giunta Regionale, che è gravissima, con tutti gli indicatori sociali ed economici negativi: c'è un elevato abbandono scolastico, i giovani emigrano, lo spopolamento continua nonostante gli investimenti, i cittadini non sono coinvolti nei progetti di sviluppo e nelle scelte, l'industria è stata smantellata e la pubblica amministrazione è inesistente.
Lai, evidenziando la sua paura di un futuro a tinte fosche con la fine delle pensioni nei paesi della Sardegna, alla domanda “che tipo di sviluppo?” ha risposto che non sono sufficienti il turismo, che rappresenta solo il 10% del reddito e l'agricoltura, che rappresenta il 7% del reddito. Serve un “movimento di popolo”, una nuova capacità di costruire insieme un nuovo progetto di sviluppo industriale rispettoso dell'ambiente, coniugato con progetti di sviluppo locale, con l'intervento dell'amministrazione pubblica. Non bisogna fermarsi all'assistenza, occorre innovare e progettare il cambiamento, tenendo presenti i bisogni sociali.
Luigi Pintori, esperto di sviluppo locale, ha esordito con le seguenti domande:
– riguardo al cambiamento, dove vogliamo arrivare?
– quale modello sociale vogliamo adottare rispetto alla quarta rivoluzione industriale?
Per rispondere a queste domande ha citato Amartya Sen (economista, filosofo e accademico indiano, Premio Nobel per l'economia nel 1998), che in economia ha introdotto il nesso irrinunciabile tra sviluppo e libertà.
In particolare, Pintori ha evidenziato le caratteristiche che deve avere un progetto di sviluppo perchè possa diventare tale e duraturo:
– l'indicatore della misura dello sviluppo non deve più essere il PIL (Prodotto Interno Lordo), ma il benessere raggiunto dai cittadini, che deve poter essere misurato con degli indicatori;
– deve essere orientato alla innovazione, alle nanotecologie, alla intelligenza artificiale (I. A.) e alle reti di comunicazione e alla intersezione tra di essere;
– deve essere incentrato sul raggiungimento del benessere equo – sostenibile;
– deve essere progettato come un modello di democrazia economica, in grado di valorizzare al massimo livello il Terzo Settore (Servizi Sociali nella loro accezione più ampia);
– deve andare oltre e superare l'attuale situazione, nella quale prevale il rapporto stretto capitale – consumo e rivitalizzare il rapporto capitale – lavoro.
Vincenzo Medde, insegnante di filosofia in pensione, ha iniziato il suo discorso evidenziando che è necessario chiarire alcuni fatti storici precedenti e/o contemporanei alla costruzione della diga, che ci possono far capire meglio il contesto e trarne degli insegnamenti utili. In particolare, i seguenti:
– non conosciamo la storia della diga del Tirso e della bonifica di Arborea;
– dietro la costruzione delle infrastrutture degli inizi del 1900 c'è stata la convergenza di idee tra la borghesia più avanzata milanese, i tecnocrati illuminati e la politica riformista di quel periodo;
– dietro la costruzione della diga c'è stato il riformista Turati e non Gramsci, che sosteneva che la convergenza citata era losca: non casualmente l'Ingegner Omodeo scriveva su la “Critica Sociale” (nata come rivista mensile inizialmente denominata “Cuore e Critica” nel 1887 e trasformata in la “Critica Sociale” da Turati nel 1890, diventando di chiara ispirazione socialista) e non su “L'Ordine Nuovo” (pubblicazione a periodicità variabile fondata a Torino il 1° maggio 1919 da Antonio Gramsci e dagli intellettuali socialisti torinesi Palmiro Togliatti, Angelo Tasca e Um berto Terracini). Gramsci scriveva anche che i contadini sarebbero stati liberati dal proletariato settentrionale, in particolare da quello piemontese e non si sarebbero liberati da soli.
Medde ha proseguito il suo intervento ponendo le seguenti domande:
– perchè è accaduto che l'intervento su Arborea è stato autopropulsivo e quello su Ottana e sulla Sardegna Centrale sostanzialmente non lo è stato?
– perchè un intervento centralista come quello sulla diga e sulla bonifica di Arborea ha funzionato e che cosa ci insegna questo fatto?
– perchè non ha funzionato e si è arrestato quel processo di convergenza negli anni settanta?
A queste domande ha aggiunto la considerazione che proprio a partire dagli anni settanta è nato un altro processo di convergenza, del tipo di quello di inizio del 1900, che ha innescato il processo di sviluppo del Nord – Est dell'Italia e del Centro. Il Veneto, terra di emigrati, è arrivato dove non è arrivata la Sardegna per le ragioni illustrate da Antonio Sassu sulla bassa qualità delle Istituzioni e sul deficit di cultura.
Negli anni settanta la Regione Sardegna aveva incaricato Antonio Pigliaru di individuare i fattori di blocco per lo sviluppo della Sardegna. Medde suggerisce che, per innescare lo sviluppo, occorre individuare questi fattori di blocco e conclude il suo intervento citando Giorgio Todde (scrittore e medico, che è nato e vive a Cagliari), del quale evoca l'immagine con la quale ci invitava a metterci non spalle alla Sardegna ma spalle al mare, per individuare i nostri problemi interni che ci bloccano.
Bustianu Cumpostu, ingegnere e insegnante di matematica, coordinatore di “Sardigna Natzione Indipendentzia” ( Movimento attivamente impegnato nella tutela dell'ambiente e nella salvaguardia del patrimonio storico – culturale della saregna, SNI ritiene che la difesa di questi valori costituisca un'autentica missione storica prioritaria davanti alle sfide imposte dalla globalizzazione della cultura e dei mercati globalizzati, esprime ferma condanna del neoliberismo, considerato portatore di modelli di sviluppo economico aggressivi e alieni non solo al contesto sardo, ma a qualsiasi contesto di sviluppo sociale e progresso armonico ed equo), parlando in lingua sarda, sostanzialmente, avverte che per poter innescare un nuovo progetto di sviluppo della Sardegna occorre prima di tutto abbandonare l'idea che bisogna sciogliere il nodo Centro – Periferia, ma che occorre un progetto di sviluppo in un rapporto paritario tra l'Italia e la Sardegna, visti come due Centri, di cui nessuno dei due deve stare in un rapporto di sudditanza rispetto all'altro. Chiude il suo intervento, sempre in lingua sarda, ponendo la domanda retorica “Este una kistione meridionale o una kistione natzionale? (“È una questione meridionale o una questione nazionale?”).
Antonio Solinas, Consigliere Regionale del Partito Democratico, ha posto come esigenza forte, per poter innescare un serio processo di sviluppo della Sardegna le seguenti questioni da risolvere:
– l'insularità e la continuità territoriale;
– il sostanziale monopolio nei trasporti;
– ci sono nodi da sciogliere sia nel sistema dei trasporti via mare che in quelli via aereo;
– la continuità territoriale non ci deve essere solo per i Sardi, ma, in particolare nel settore del turismo, anche per tutti i viaggiatori da e per la Sardegna;
– serve un progetto di sviluppo per le Zone Interne, che si stanno spopolando (Busachi in 30 anni è sceso da 3300 abitanti a 1300). Per combattere lo spopolamento occorre conservare nel territorio i presidi dei servizi essenziali, organizzandoli anche a livello intercomunale. Inoltre, bisogna ridurre le distanze, con interventi infrastrutturali, tra i centri principali di Oristano e Cagliari con le periferie;
– nei bandi sui P. I. A. il Barigadu si classificò primo, ma la metà delle risorse non furono neanche trasferite dalla Regione al territorio;
– occorre andare oltre il campanilismo, che, finora, ha vanificato molti progetti.
Al riguardo, Solinas cita Paolo Fadda (scrittore e storico), che, riferendosi alle Terme di Fordongianus, evidenziava il rischio di diventare una cattedrale nel deserto se il territorio non fosse riuscito a costruirgli intorno un progetto di sviluppo complessivo. Tale pericolo sembra oggi scongiurato e tutti i territori interessati dal Tirso stanno predisponendo un progetto di sviluppo che riguarda tutto il compendio del Tirso.
Antolio Pili, Sindaco di Allai, ha incentrato il suo intervento lasciando, in sintesi, ai presenti al dibattito la domanda “Perchè dall'Unità d'Italia non siamo riusciti a invertire la tendenza che ci ha relegato ai margini dello sviluppo rispetto al Nord?”
Il dibattito è stato, sostanzialmente, chiuso da Claudio De Vincenti, che, rispetto alla sua relazione iniziale, ha introdotto le seguenti puntualizzazioni:
– lo sviluppo può essere innescato se dietro c'è la passione civile, oggi dimenticata;
– non è vero, rispondendo alla questione posta da Andrea Murgia, che il grosso delle risorse per il Sud provengono dalla Unione Europea. La Sardegna ha sempre avuto un ruolo attivo importante nel portare avanti la “Questione Meridionale” e non è stato sicuramente un caso che sia stato il sardo Antonio Gramsci a scrivere cose molto importanti sulla stessa. Gramsci, inoltre, sulle infrastrutture cambiò parere nei “Quaderni dal carcere” e le considerò indispensabili. Continuando il discorso sulla provenienza delle risorse, nel programma 2014 – 2020, su un totale delle risorse disponibile di 128 miliardi, 42 sono state di provenienza dalla UE e 86 dallo Stato, anche se è vero che non sono state interamente addizionali. Infatti, nel Governo Gentiloni, per ovviare a questo inconveniente, si era scelto di ripartire le risorse ordinarie, per fare in modo che fossero aggiuntive, in base alla popolazione e, come risulta dalle Tabelle SVIMEZ, la spesa in conto capitale (gli investimenti) pro capite dello Stato è più alta al Sud;
– citando Sassu, invita tutti ad abbandonare i luoghi comuni, perchè se è vero che oggi sia incontestabile che il ritardo di sviluppo del Sud rispetto al Nord è uguale a quello degli anni '50, è anche vero che ci sono stati nel mezzo periodi, nei quali tale divario si è attenuato. Se non guardiamo anche a quei periodi di attenuazione del divario per cercare di capire perchè sia successo e non cerchiamo di cogliere in fondo le ragioni di essa, non riusciremmo mai a invertire la rotta e a innescare nuovamente un processo di sviluppo vigoroso al pari di quello innescatosi tra gli anni '50 e '70: tra il 1951 e il 1971 il PIL era salito dal 51% al 61%, tra il 2008 e il 2013 il PIL del Sud è crollato del 13%, quello del Nord del 5%, ma tra il 2015 e il 2017 la crescita del Sud è stata del 3,7%, quella del Nord del 3,3%. Ci dobbiamo chiedere quali sono stati i motivi e indagarli e cogliere le sfumature, altrimenti è impossibile venirne a capo;
– non si può fare a meno dell'industria e delle grandi infrastrutture. In Sardegna, per superare la situazione di isolamento e andare, senza negare la propria specificità, oltre le politiche che fino ad oggi non hanno avuto successo e superare il divario in termini di sviluppo rispetto alle zone più avanzate occorre superare i nodi legati anche al sistema dei trasporti e alla metanizzazione;
– basta con il PIL. In un progetto di sviluppo è indispensabile guardare al Terzo Settore. Il Governo Gentiloni, ha promosso l'azione “Resto al Sud”, che ha fatto nascere iniziative di successo di giovani, soprattutto nel Terzo Settore, prendendo ispirazione dalla cooperativa sociale GOEL, nata in Locride (Calabria), che ha contribuito a creare iniziative di successo incentrate su attività multifunzionali in agricoltura, turismo e artigianato. Progetto quest'ultimo che ha avuto successo entrando anche nei mercati internazionali e ha contribuito a combattere la criminalità organizzata.
Nel concludere De Vincenti pone l'accento sulla esigenza imprescindibile che i problemi si risolvono insieme, che occorre rivendicare ma avere ben presente che il resto d'Italia non ce l'ha contro la Sardegna. Bisogna trovare soluzioni, che non sono facili.
Voglio utilizzare questo pezzo, come già fatto con “Il centennale della Diga del Tirso. La “Retorica e la Controretorica delle Grandi Opere” e la “Partecipazione”, anche in maniera propositiva e insisto nell'avanzare delle proposte, adeguandole e implementandole, anche in vista della impostazione dei prossimi fondi strutturali 2021 – 2027 della Unione Europea, di quelli diretti della stessa Unione Europea e di tutte le risorse che verranno programmate nei prossimi anni e che ci possono riguardare. Nell'ordine, in sintesi:
– ritengo sia giunto il tempo che i territori dell'Oristanese, del Nuorese, del Mandrolisai e dell'Ogliastra (il Centro Sardegna da Ovest a Est) debbano iniziare a ragionare e progettare insieme, non escludendo forme istituzionali innovative che li veda agire insieme, senza che, ovviamente, siano limitati i presidi della Giustizia, della Scuola, della Sanità e Sociali esistenti, ma, anzi, rafforzati;
– è indispensabile una Scuola di Alta Formazione di Amministrazione Pubblica, che potrebbe essere ubicata a Oristano, di respiro nazionale;
– i fondi strutturali della prossima programmazione 2021 – 2027 vanno concentrati, a differenza di quanto fatto nei precedenti settenni con risultati spesso inefficaci, sulle infrastrutture, comprese quelle legate ai servizi sociali, alla formazione e alla cultura;
– la Regione Sardegna deve incentivare per le Zone Interne progetti sociali, culturali ed economici, in particolare per i giovani e le donne, capaci di invertirne la tendenza allo spopolamento, all'abbandono scolastico e al basso tasso di imprenditorialità;
– nelle Zone Interne bisogna puntare alla valorizzazione delle terre ad uso civico, che da problema devono diventare una formidabile risorsa comunitaria di sviluppo, attuando e/o modernizzando i “Piani di Valorizzazione delle terre ad uso civico”;
– i 4 territori citati, che comprendono tutto il Centro Sardegna da una costa all'altra, devono, in controtendenza rispetto a chi sostiene che sono valide le sole opere che hanno un rapporto costi/benefici positivo nella valutazione dei progetti, senza considerare gli aspetti di tipo sociale e di riequilibrio e a quanto proposto nel territorio di Nuoro di costruire una ferrovia che da Nuoro porti a Olbia senza individuare un progetto complessivo di sviluppo (senza di questo la via potrebbe semplicemente incoraggiare la fuga da Nuoro verso Olbia e basta), iniziare ragionare su un asse di sviluppo unitario, sul quale costruire un asse ferroviario a doppia corsia elettrificato di bassa e alta velocità che, partendo dal Consorzio Industriale Provinciale Oristanese deve ricomprendere l'area di Tossilo, l'area di Ottana, il Consorzio di Prato Sardo, la Piana di Oliena e Dorgali per pervenire al porto di Tortolì – Arbatax. Su questo asse si devono innestare delle bretelle per le zone più interne, che devono essere partecipi di questo progetto. Intorno a questo asse va finanziato un grande progetto di reindustrializzazione legato ad attività innovative e green, di meccanica fine e legate alle nuove tecnologie, accompagnato da una forte campagna di marketing territoriale da portare in tutto il mondo, in modo da portare investitori stranieri. Ovviamente va fatto un grande sforzo, con l'aiuto anche delle realtà universitarie e delle Organizzazioni Sociali presenti in questo territorio, di coinvolgimento dell'imprenditoria locale e dei giovani. Dobbiamo costruire Scuole all'avanguardia sia dal punto di vista strutturale che da quello didattico e pedagogico;
– i due porti dell'Oristanese e dell'Ogliastra devono essere dotati di un progetto di sviluppo, che li specializzi in coerenza con il progetto di sviluppo citato e di adeguate risorse finanziarie, tenendo presente la recente iniziativa della Giunta Regionale di realizzazione della ZES in Sardegna riguardante anche il porto del Consorzio Industriale Provinciale Oristanese;
– la realizzazione di una “Comunità Energetica” dell'intero territorio a energia distribuita e in autoproduzione, sulla falsariga delle “Oil Free Zone” previste nel Collegato Ambientale della Legge Finanziaria Nazionale 2016 e della Legge della Regione Piemonte n. 12 dell'agosto scorso, che presuppongono una Legge emanata dalla Regione Sardegna;
– un progetto di sviluppo, già citato da me nel pezzo “Il Territorio Oristanese. Un “Percorso d'acqua“, che riguardi tutta l'asta del Tirso, allargandolo al Bacino del Taloro e a quello del Flumendosa. Le linee d'azione da sviluppare in questo progetto integrato sono il turismo, il Distretto delle lagune, un Sistema di parchi fluviali, l'enogastronomia, i beni culturali, le specificità dell'agroindustria, la rigenerazione urbana e le infrastrutture, sia quelle legate alla mobilità sia quelle legate alle rete delle telecomunicazioni.
Un libro dei sogni? No. Dipenderà da noi e dalla nostra capacità di metterci insieme e avere il coraggio di guardare avanti, oltre il consenso elettorale ravvicinato.
Insisto anche sulla mia ferma convinzione che la stagione di grandi riforme, di visioni di ampio respiro e di feconda progettualità di inizio '900 e negli anni del Piano di Rinascita non ha sortito gli effetti sperati perchè non c'è stata partecipazione, quella indispensabile perchè si inneschino “processi di sviluppo locale”, in realtà a “risorse scarse” come le nostre. La categoria della partecipazione, che è sociale e culturale prima che economica, non può essere lasciata allo spontaneismo, bisogna progettarla, normarla, perchè sia reale ed efficace. A questo riguardo insisto con la mia proposta che la Regione dovesse definire apposite Linee Guida sulle metodologie, le tecniche, gli indicatori di risultato condivisi e ritenuti congrui della reale partecipazione e le pratiche di informazione e partecipazione e deve incentivare forme di collaborazione interistituzionale per fornire l'adeguato supporto conoscitivo e documentale. Insomma, ritengo che la partecipazione deve poter essere misurata per renderla reale ed efficace, perchè anche i progetti di sviluppo siano realmente spinti dal basso e vedano una partecipazione reale dei cittadini, che, quindi, li “sentano” propri.
Giampiero Vargiu
Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.