di Giampiero Vargiu

Mi capita sempre più spesso di cercare in quel che leggo delle parole importanti per questo periodo, nel quale tanti di noi sembra abbiano perso la bussola. Le cerco nei saggi, nei quotidiani, nelle riviste, nei discorsi delle poche persone che incontro e in quelle che hanno una esposizione pubblica nei Media e nei dirigenti.

La confusione sembra regnare sovrana.

Al riguardo, nel quotidiano di ispirazione cattolica Avvenire mi ha incuriosito un pezzo scritto da Umberto Folena dal titolo “Parolacce e paroline” e sottotitolo “Sul Covid l’illusione delle alternative”.

In esso riporta l’ammonizione di Paul Watzlawick, che nel suo saggio “Istruzioni per rendersi infelici” ci mette in guardia quando ci troviamo alle prese con due possibilità diverse ed opposte: potrebbe nascondere una trappola, perchè nel momento in cui ne scegliamo una, ci può essere rimproverato di non aver scelto l’altra. Questo fenomeno si è accentuato in questo periodo della pandemia in Italia.

Riporto alcuni degli esempi citati da Folena.

Se vengono presi provvedimenti quando ospedali e cimiteri traboccano, la risposta è “Assassini, dovevate agire prima”. Agisci in anticipo, prima che la crisi divampi e la risposta è “Terroristi, volete seminare il panico solo per consolidare il vostro potere”.

Vari le stesse restrizioni per l’intero paese: “Idioti, come si fa a trattare allo stesso modo territori diversi?”. Dividi l’Italia assegnando a ogni Regione restrizioni diverse in base alla diffusione del virus e alla saturazione degli ospedali: “Che cos’è questa storia dei colori, non siamo qui a giocare a risiko”.

Tieni le scuole aperte: “Irresponsabili, non sapete che i ragazzi sono il primo veicolo di contagio per genitori e nonni? Volete lo sterminio dei vecchietti?”. Chiudi le scuole: “Ma come si fa a lasciare i ragazzi a casa? La didattica va fatta in presenza. I ragazzi hanno bisogno di frequentare i coetanei”.

Ci interroghiamo su cosa fare in caso di seconda ondata dopo l’estate: “Idioti, non ci sarà nessuna seconda ondata, il virus è morto, lo dicono i migliori virologi, immunologi, epidemiologi, volete solo terrorizzarci”. Arrivano ottobre e la seconda ondata: “Che cosa avete fatto per prevenire la seconda ondata? Era evidente che sarebbe arrivata”.

Tralascio gli altri casi esemplificativi di alternative – trappole citate da Folena, che chiude in maniera pessimistica citando la canzone di Antoine “Pietre”: “Tu sei buono e ti tirano le pietre, sei cattivo e ti tirano le pietre, qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai”. In seguito Antoine è diventato un navigatore solitario e non ha più preso pietre in faccia in mezzo all’oceano.

Mi sono convinto che bisogna uscire da questi meccanismi e fare scelte che guardino in una direzione, al nostro futuro.

Ecco, una parola che mi convince e che deve diventare una nostra guida è “speranza”.

La speranza è stata spesso rappresentata come allegoria sia nella pittura che nella scultura.

Di questa parola cito la definizione che ne ha dato il filosofo e scrittore tedesco Ernst Bloch.

Senza scendere nei dettagli delle teorie di Bloch, posso sintetizzare il suo pensiero scrivendo che cercò, tra le altre cose che scrisse, di stabilire un collegamento tra l’ideologia marxista e il cristianesimo. Riconosceva al cristianesimo un significato utopico di speranza di redenzione e al marxismo la capacità di trasformare questo messaggio in una prospettiva rivoluzionaria.

Mi interessa, in particolare, evidenziare la sua definizione del concetto legato alla parola “speranza” che ne dà nei tre volumi “Il principio speranza”, scritti tra il 1953 e il 1959:

“L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perchè di per sè desidera aver successo invece che fallire. Lo sperare, superiore all’aver paura, non è nè passivo come questo sentimento nè, anzi meno che mai, bloccato nel nulla. L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di questo affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono”.

Per Bloch la speranza è un valore reale e non va intesa come un astratto sogno campato in aria ma basata sul dinamismo della realtà.

L’assunzione della speranza come spinta a gettarci nel futuro ci può aiutare a uscire dalla confusione, dall’ansia e dalle incertezze di questo periodo.