Pur non essendo un esperto e non conoscendo appieno le varie Riforme che ci sono state in Sardegna in materia di Sanità, come cittadino mi avventuro in questo delicatissimo tema, sperando di fornire un contributo utile.

Sono stato sollecitato dai pezzi apparsi nel sito dell'Associazione Oristano e Oltre dal titolo “Giunta Pigliaru come un bucato: chiari e scuri in un unico lavaggio” e “L'odissea della Sanità oristanese”, scritti, rispettivamente, da Riccardo Scintu e Elisa Dettori. In particolare, tento di dare una risposta all'Assessore dell'Igiene e Sanità e dell'Assistenza Sociale della Regione Autonoma della Sardegna Luigi Arru, che è intervenuto, in maniera garbata, nel sito dell'Associazione (considero un ottimo segnale il suo voler entrare nel dialogo sul tema e gliene rendo il giusto merito).

Riccardo aveva, in particolare, dato un giudizio negativo scrivendo “….. la qualità e quantità dei servizi della ASL sono in netto peggioramento, viste le grandi carenze di personale e la retrocessione dei servizi nei territori periferici dell’isola. È inutile utilizzare come riferimento i dati medi nazionali: la Sardegna è un territorio esteso con una popolazione mediamente più anziana delle altre Regioni e con una densità abitativa ridotta. La sanità dovrà costare per forza di più di quanto previsto dai criteri ministeriali, sarebbe stato importante che la Regione Sardegna imponesse questa visione e pretendesse delle deroghe e dei fondi per garantire la qualità dei servizi.”

L'Assessore aveva scritto di non condividere il giudizio “per gli elementi utilizzati per l’analisi sulla riforma. Primo quale riforma? Centrale Regionale Committenza? Realizzazione ASL Unica? Rete Ospedaliera? Piano Regionale Prevenzione? Nuova Azienda Regionale Emergenza Urgenza con nuovo Servizio Elisoccorso?”

Premetto che io, contrariamente a quanto scritto e detto da molti, sono favorevole alla istituzione della Azienda Sanitaria Unica e la motivazione di questo mio pensiero sarà chiara da quanto scriverò di seguito. Inoltre, ritengo che una riforma così importante in una materia così sensibile, nella quale trattiamo della salute e della vita delle persone, ha bisogno di tempo per dare i propri frutti e spero che l'attuale riforma non venga cancellata brutalmente con un semplice tratto di penna da chi ci governerà nei prossimi anni, nel solco della solita incertezza ad ogni cambio di amministrazione, anche alla luce del fatto che la Giunta Regionale in scadenza ha dovuto, riuscendoci, a ripianare un enorme deficit ereditato dalle precedenti gestioni della Sanità: un buon punto di partenza per chi gestirà il sistema in futuro. Ritengo che molti dei problemi verificatisi siano dovuti anche alla necessità di ulteriori medici specialistici e personale amministrativo.

Il mio pezzo si concentrerà sulla istituzione della Azienda Sanitaria Unica e sulla Riforma della Rete Ospedaliera. Per fare questo mi servo della puntata di Report del 17.12.2018 dal titolo “Sanità 4.0 e Ospedali Intelligenti 4.0”. Mi concentrerò, poichè scrivere su tutto quanto detto in quella puntata di Report richiederebbe molto spazio, su alcuni casi citati e aspetti che ritengo utili al mio ragionamento.

L'esordio della trasmissione è stato di Sigfrido Ranucci che dice, rivolgendosi alla Ministra della Salute Giulia Grillo e ai Governatori delle 20 Regioni Italiane, che si possono “……. risparmiare 15 miliardi di euro ogni anno attraverso la Sanità 4.0 e gli Ospedali Intelligenti 4.0. Immaginate che i nostri anziani un po’ acciaccati possano ingerire una pillola con dei sensori, che facciano un check up costante e, se c’è qualcosa che non va, lanci degli allarmi ai parenti o ai medici. Immaginate un futuro dove non ci sono file negli studi dei medici di famiglia perché le visite possono essere fatte attraverso la telemedicina, le prescrizioni viaggiare via cloud e possano essere lette in tutte le farmacie d’Italia. Immaginate un futuro dove non ci sono file nel pronto soccorso né nelle sale d’attesa delle visite specialistiche convenzionate, perché possono essere monitorate da lontano cardiopatie, allergie, ipertensione, diabete. Possono essere controllate anche le evoluzioni di alcune malattie degenerative neurologiche, oppure gli esiti di un’operazione chirurgica. Immaginate anche che ci siano dei malati oncologici, spesso sperduti, che possano consultare un database e trovare un paziente che ha avuto la loro stessa patologia e che ce l’abbia fatta. E scegliere le cure migliori. Scegliere magari anche di essere operati da un robot che usa un laser come bisturi, guidato dalla mano di un chirurgo, il migliore che c’è, dall’altra parte di un continente. Sembra un’utopia, ma la bella notizia è che tutto questo esiste già. Basta solo abbattere i muri della Sanità che ci sono in questo momento, creare una Rete. Abbiamo le competenze, abbiamo le tecnologie. La parola magica, anzi le parole magiche sono: medicina predittiva, ospedale intelligente.”

Nella trasmissione, la sanità 4.0 è stata illustrata da Michele Buono, che, inizialmente, riporta le seguenti risposte di esperti intervistati:

– Paul Yock – Direttore Byers Center for Biodesign Università Stanford. “Quasi vent’anni fa realizzavamo soltanto tecnologie impiantabili, come pacemaker, valvole, cateteri. Adesso creiamo dispositivi connessi a internet, in grado di svolgere anche analisi dei dati”;

– Leslie A. Saxon – Cardiologa Università Sud California Los Angeles. “Interrogare a distanza i dispositivi ogni giorno, invece di visitare i pazienti solo qualche volta l’anno, è una grande opportunità, come fu quella degli antibiotici”;

– Andrew Thompson – Cofondatore E Amministratore Delegato Proteus. “Un farmaco digitale è un medicinale che, una volta ingerito, può comunicare con uno smartphone e trasferire informazioni”;

– Todd Richmond – Istituto Tecnologie Creative Università Sud California Los Angeles. “Ed è qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale, per mettere ordine tra milioni di dati”;

– Roberto Cingolani – Direttore Scientifico Istituto Italiano Di Tecnologia. “Spesso si scopre che due soggetti completamente diversi con storie completamente diverse possono avere patologie simili o mutazioni simili. A questo punto tutte queste informazioni tornano al medico, il quale trova correlazioni a dei risultati che caso mai a occhio, per esperienza, non avrebbe trovato perché ci voleva troppo tempo”.

Una delle considerazioni al riguardo di Michele Buono è che “Un ospedale non è diverso da un’industria avanzata: un sistema di produzione efficiente per un buon prodotto finale. In questo caso, il prodotto è la nostra vita”.

Intervistato, Sergio Pillon, che è Coordinatore Commissione Telemedicina Italiana e studia con la Nasa come sbrogliarsela con la salute pure su Marte, sostiene che il primo strumento è avere una cartella informatizzata, nella quale arrivano anche le informazioni del paziente esterne all’ospedale, una sorta di fascicolo sanitario elettronico, la nostra storia clinica, che non c’è, perché il Servizio Sanitario Italiano non è digitalizzato nel suo insieme e non fa Rete. Usa ancora la carta, anche nei casi di sistemi avanzati, per cui siamo in una fase in cui il digitale non viene utilizzato per la sua reale potenzialità: viene utilizzato, ma poi stampato.

Il tutto, osserva Michele Buono, come se “in un’organizzazione che dovrebbe essere ad alta intensità produttiva si scrivessero delle mail e invece di dare il comando invia, si stampassero per spedirle in busta con francobollo”.

Ancora:

– Sergio Pillon fa notare che “Oggi un paziente che va in un pronto soccorso, viene rimandato a casa, gli hanno fatto la tac e una marea di esami. Tre giorni dopo va in altro pronto soccorso, di quella tac e di quello che ha fatto nel primo non può avere nulla il secondo pronto soccorso e quindi va ripetuto tutto”;

– Mariano Corso – Osservatorio Innovazione Digitale Sanita’ Politecnico Milano dice “Con un utilizzo allo stato dell’arte del digitale sarebbe possibile risparmiare ogni anno qualcosa come 6,8 miliardi per il sistema sanitario nazionale e anche circa 7,6 miliardi di produttività per i cittadini, derivanti da un miglior utilizzo del tempo. Insomma parliamo di qualcosa che assomiglia a 15 miliardi l’anno che noi di fatto stiamo sprecando”.

Questo succede in una situazione in cui Il Ministero della Salute un Piano per la Digitalizzazione lo ha e investe più di un miliardo l’anno in un Sistema Sanitario che è frammentato in 20 organizzazioni regionali e non esiste una regia per mettere insieme tutti i pezzi e non esistono delle strutture intermedie, capaci di trasferire conoscenze e tecnologia alle strutture che stanno sul territorio nelle Regioni e nelle società in house che rispondono alle Regioni, perchè non esiste una logica di rete nazionale ma, anche, con i centri più avanzati a livello mondiale, come oggi si può già fare.

Un altro esempio citato nella puntata di Report riguarda la Sanità dello Stato di Israele, che ha creato, come spiegano dei Dirigenti, casi di studi medici virtuali, nei quali il paziente può benissimo restare a casa sua e i medici possono vedere la sua cartella clinica elettronica, lo visitano a distanza, niente più carta e dati condivisi tra tutti gli attori del sistema, con l'utilizzo di un'apparecchiatura, denominata Tytocare, un apparecchio che consente una visita medica a distanza grazie a una telecamera e una serie di dispositivi medici integrati. Il dispositivo si connette a un cloud protetto e il medico, anche da casa sua, ovunque si trovi, può scaricare i file e vederli in tempo reale e la prescrizione, poichè lo strumento riconosce l'impronta digitale del medico, è immediatamente disponibile in qualsiasi farmacia d'Israele, per cui il paziente deve solo consegnare al farmacista la tessera sanitaria. In questo modo, in Israele, possono essere indirizzati in ospedale solo il 12% dei pazienti, con un'ottimizzazione del lavoro del personale e risparmio di tempo e denaro. Gli stessi ospedali utilizzano un sistema informatico denominato Alma, che sta per Analisi di Gestione Avanzata in tempo reale, con una piattaforma che mette in relazione le attività cliniche, economiche, amministrative, quelle del personale e la logistica, per cui è possibile coordinare in modo efficiente il lavoro degli ospedali e garantire ai pazienti cure migliori.

Nella puntata di Report sono stati evidenziati anche i farmaci digitali, che sono dei medicinali che, una volta ingeriti, possono comunicare con lo smartphone attraverso il corpo e trasferisce informazioni e il paziente può condividere le informazioni farmacologiche, cardiache, respiratorie con qualcuno della sua famiglia oppure con un medico o un infermiere. Un'applicazione consente ai medici e al personale sanitario di controllare se effettivamente un paziente stia seguendo la cura in modo corretto.

Un approccio già seguito nel Reparto di Cardiologa Università Sud California Los Angeles e illustrato dalla professoressa Leslie Saxon è quello di non confinare la Sanità esclusivamente nei limiti dello spazio fisico, con il “Center for body computing”, che può progettare un’assistenza sanitaria personalizzata, grazie alle tecnologie digitali. A tale scopo la professoressa ha coinvolto un informatico capace di creare esseri umani virtuali, ha creato una squadra di medici virtuali, partendo da medici veri, sempre disponibili in tutto il mondo, 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Una volta creata l’immagine digitale della professoressa Saxon, sono state caricate le sue conoscenze nel suo avatar, sono state catalogate circa 2.600 domande tipiche dei pazienti studiando, insieme agli sceneggiatori di Hollywood, la maniera più efficace per rispondere. Il personaggio virtuale costruito autoapprende man mano che risponde alle domande, diventa sempre più intelligente e, in questo modo, il lavoro del medico, grazie al digitale, non si limita più a visite saltuarie. Cambia tutto il modello: il paziente è al centro e prende il controllo, perchè può, da casa, interrogare e avere le risposte e questo può essere fatto simultaneamente in tutti i luoghi che si vuole.

In ultimo metto in evidenza il progetto “Ospedale Intelligente 4.0”, progettato grazie al Centro Nazionale Edilizia e Tecnica Ospedaliera. È un ospedale che, dal punto di vista economico, ha dei risultati straordinari, perchè non fa duplicazioni e non fa sprechi.

Innanzitutto, è un nodo connesso a una rete globale per scambiare informazioni.

Quattro livelli in tutto. Alla quota meno 1 ci sono i server per la gestione digitale, il magazzino, la farmacia e le cucine; al piano zero, due accessi: la reception e il pronto soccorso. Da un lato negozi, bar, ristoranti e auditorium per convegni e spettacoli; dall’altro gli ambulatori, i laboratori di analisi, radiologia e tac. Grazie alla telemedicina, più day hospital e meno degenza.

Al primo piano c'è la degenza in stanze singole in un’unica area con i blocchi operatori e le postazioni degli infermieri, senza divisione per reparti, in modo da favorire l’interoperabilità. Alcuni blocchi sono attrezzati per le operazioni in remoto. Il tutto, come sperimentano a Genova, all’Istituto Italiano di Tecnologia. Si simula un’operazione di microchirurgia con laser e robot. Il chirurgo è in una postazione, il paziente potrebbe trovarsi anche in un altro continente.

Un ospedale di questo tipo, che faccia un’attività media, potrebbe avere un costo di 150 milioni di euro. Rispetto ai costi di un ospedale tradizionale si possono risparmiare fino al 25/30% dei costi annui, per cui in circa tre anni il nuovo ospedale si può ripagare. In Italia servirebbero circa 600 ospedali di questo tipo.

A questo va aggiunta la considerazione che le applicazioni scientifiche nel mondo dei big data e dell’artificial intelligence permetterebbero di creare un volano per la ricerca, per cui in questo modo si fa anche politica industriale e attrattività del territorio.

Questo significa rivoluzionare la Sanità, ma anche la qualità della salute. Come dice Sigfrido Ranucci in conclusione “Certo i nostri anziani oggi non sanno molto di web, non sanno neanche collegarsi e ci sono magari anche zone che non sono coperte. Ma quelli di domani si troveranno sicuramente a loro agio. Ma bisogna cominciare a pensarci oggi”.

Ecco, questo sforzo va fatto oggi, per avere un Sistema della Sanità Nazionale all'altezza dei tempi, una Sanità Diffusa, con al centro il cittadino 24 ore su 24, tenendo presente che il tema è la salute dei cittadini, con le Regioni che dialogano tra di loro, senza limiti fisici.

Lo spezzatino che ha portato a una Sanità diversa in ciascuna Regione, senza rete interna e con il mondo e senza alcuna regia non funziona nell'interesse del cittadino. Sono convinto che l'Autonomia differenziata nelle varie Regioni, in continuità con le scelte di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, creeranno ulteriori differenze nella Sanità tra Nord e Sud e non contribuiranno a ottimizzare la Sanità, non cogliendo tutte le potenzialità oggi offerte dalle nuove tecnologie.

Giampiero Vargiu

Laureato in Ingegneria elettrotecnica all'Università di Cagliari nel 1980. Sindaco del Comune di Villagrande Strisaili dal 1995 al 2000. Socio della Societ di Ingegneria TEAM SISTEMI ENERGETICISRL, che ha sede operativa a Oristano e opera in tutta la Sardegna. Esperto in efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili.