di Giampiero Vargiu
Sul sito dell’Associazione Oristano e Oltre ho già scritto dieci pezzi sulla strategia energetica della Regione Sardegna. Sono da sempre contrario alla realizzazione della dorsale del metano: un progetto superato dai fatti. Ogni tanto mi incuriosisce l’idea di andare a rileggermeli e mi sono sempre di più convinto della bontà delle mie posizioni in merito e che ho esposto in questi ultimi anni. Per essere precisi, le sostengo da almeno una decina di anni, a seguito anche delle mie letture dei Saggi di Jeremy Rifkin, di Hermann Scheer, di rapporti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia e di riviste tipo QualEnergia.
Parlare e discutere di energia lo si deve fare, prima di tutto, avendo una strategia libera da condizionamenti e una visione del modello di Società per il futuro che intendiamo progettare, avendo ben presenti due concetti, già evidenziati e che riscrivo:
– i cambi di paradigma energetico hanno sempre significato, nella storia dell’Umanità, un cambio del modello e della struttura sociale, ha portato innovazione e un miglioramento della “capacità di relazione” tra gli umani: i passaggi dall’uomo cacciatore – raccoglitore a quello agricolo, a quello tecnologico, moderno, post moderno si sono sempre accompagnati alla evoluzione dei modelli energetici, che dall'”energia delle braccia” sono passati alle prime macchine idrauliche, alle macchine per la stampa, alle macchine a vapore con lo sviluppo del carbone, alle macchine a combustione interna con il petrolio e, oggi, alle macchine ibride, elettriche, a idrogeno, a guida autonoma, nell’era dell’intelligenza artificiale, dell’internet delle cose, della realtà aumentata e dei Social Network;
– i cambi di paradigma energetico, con i conseguenti stravolgimenti sociali e culturali, hanno accompagnato l’uomo dalla “coscienza mitologica”, al “cervello teologico e dell’economia patriarcale”, alla “Rivoluzione industriale leggera”, al ” pensiero ideologico nella moderna economia di mercato”, alla “coscienza psicologica nel mondo esistenzialista postmoderno” e, oggi, al “se teatrale nella società dell’improvvisazione”, come scrive Jeremy Rifkin nel suo saggio “La Civiltà dell’empatia”. Io aggiungo, ha portato allo sviluppo delle moderne democrazie rappresentative e, spero, nel futuro, con l’avvento di un “Sistema Energetico Sostenibile, Diffuso e Democratico”, ad un modello di “Società Umana” sociale, partecipata, sicura, equa e democratica.
Ecco, quando parlo di nuovo paradigma energetico, penso a una nuova Società, nella quale si passa dalle grandi centrali di produzione e dalle grandi distribuzioni, con un modello centralizzato e piramidale, che è specchio anche di una Società verticistica, di grandi disuguaglianze e antidemocratica a una Società ad energia distribuita, rinnovabile e sostenibile, efficiente, con reti intelligenti, una Società democratica, equa e sicura, così come definita da Kate Raworth in “L’Economia della ciambella”, che altro non è che la base teorica dell'”Economia Circolare”.
Non dobbiamo passare a un nuovo paradigma energetico solo perché ce lo chiede l’Europa o altre Istituzioni internazionali, ma perché crediamo fortemente che l’Umanità abbia bisogno per la propria esistenza futura di un nuovo modello di Società.
Certo, dobbiamo rispettare gli impegni europei sull’Agenda 2030, i 12 indicatori BES adottati dall’Italia, gli impegni seguiti alla COP 21 (Conferenza delle Parti) di Parigi sulle riduzioni dei gas climalteranti, con i seguenti obiettivi:
- mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine;
- puntare a limitare l’aumento a 1,5°C, dato che ciò ridurrebbe in misura significativa i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici;
- fare in modo che le emissioni globali raggiungano il livello massimo al più presto possibile, pur riconoscendo che per i paesi in via di sviluppo occorrerà più tempo;
- conseguire rapide riduzioni successivamente secondo le migliori conoscenze scientifiche disponibili, in modo da raggiungere un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda metà del secolo.
Inoltre, siamo impegnati, a livello europeo, su una riduzione della CO2 di almeno del 55% entro il 2030 e di almeno del 90% entro il 2050.
Dall’1 al 12 novembre 2021 si terrà a Glasgow la COP 26. Se la pandemia da coronavirus avrà attenuato il suo vigore in maniera significativa, l’obiettivo é di raggiungere accordi vincolanti per la lotta ai cambiamenti climatici.
Ho la sensazione che, però, in Sardegna la nostra classe dirigente sia ancora a “guardia del bidone”, per dirla con un linguaggio colorito, ma che rispecchia in pieno le posizioni in campo. Tutte le ultime Giunte della Regione Sardegna hanno spinto per la realizzazione della dorsale del metano Nord – SUD. Dello stesso avviso sono le Organizzazioni sindacali e quelle delle Imprese.
In particolare, ricordo, così come scritto in un mio pezzo dal titolo “Niente blackout in un mondo 100% a fonti rinnovabili”, che esistono già progetti che dimostrano la reale possibilità di una transizione verso un mondo a energia verde, con il ricorso a mix energetici adeguati (solare, vento, idrogeno, idroelettrico e accumuli) e in linea con gli impegni mondiali sulla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Nonostante le esperienze negative degli ultime anni in tema di infrastrutture e, in particolare, di quelle energetiche (non ultima la vicenda del solare termodinamico), si continua a percorrere la strada dei progetti calati dall’alto, spesso slegati tra di loro, che, anche per le modalità e i tempi con i quali sono presentati, non consentono un dibattito sereno e compiuto e non portano a niente e, soprattutto, fanno danni dal punto di vista della coesione sociale e della credibilità delle Istituzioni.
Come già scritto, la Strategia è evidente l’incoerenza tra l’idea della scelta del GNL, definita pensando a un “vettore energetico fossile di transizione” e la decisione di realizzare un insieme di dorsali, che, per loro natura, non sono transitorie, con i pesanti impatti che una infrastruttura del genere si porta dietro, con le conseguenti lacerazioni a livello sociale.
A oggi mi sembra evidente la seguente situazione in Sardegna:
- SNAM, che avrebbe dovuto realizzare le dorsali insieme a SGI, attraverso la Società comune ENURA, prevede solo la realizzazione della rete del metano nelle 4 aree di Portovesme, di Cagliari (collegata a Portovesme), di Oristano, collegato ai depositi costieri e di Sassari, con Porto Torres, Alghero e Sassari;
- Italgas, attraverso Medea, sta completando le reti nei 17 Bacini che gestisce con dei depositi satellite costituiti da depositi criogenici e da vaporizzatori. Il trasporto del GNL a tali depositi sarà realizzato con cisterne criogeniche;
- la situazione degli altri 21 Bacini, su un totale di 38 Bacini individuati in Sardegna per la realizzazione della rete di metanizzazione, non è chiara.
Su questa situazione piomba oggi, 9 luglio 2021, quanto scritto nelle prime tre pagine de LA NUOVA, con il titolo significativo in prima pagina “Sardegna prima isola green al mondo”, a firma di Giuseppe Centore.
Nella NUOVA sono riportate due interviste. La prima è del Ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani e la seconda dell’Amministratore Delegato e Direttore Generale di ENEL Francesco Starace. Chiarisco subito che non credo che la questione che più ci riguarda sia il fatto che la Sardegna avrà il primato richiamato nel titolo, anche perché ci sono già altre realtà nel mondo che stanno già andando nella stessa direzione. Il merito delle interviste riporta le scelte che sono già state fatte e sulle quali, almeno a detta del Ministro per la Transizione Ecologica, sarebbe d’accordo anche il Presidente della Giunta della Regione Sardegna, con cambiamento della propria posizione di 180 gradi rispetto alla volontà più volte espressa dallo stesso Presidente Solinas e dall’Assessore dell’industria Anita Pili, che hanno sempre dichiarato che la dorsale del metano andava realizzata a tutti i costi.
Dice Cingolani, nella sua intervista dal titolo “Rivoluzione energetica per una Sardegna verde”, in merito alla dorsale del metano, “Questo intervento che investe in metanodotti di grande portata va contro i piani che scoraggiano l’uso delle fonti fossili. È un progetto abbastanza antitetico a quello che Parlamento e Governo stanno sviluppando insieme. Dobbiamo guardare a tecnologie più moderne, dal punto di vista delle fonti energetiche e, nel nostro caso, dobbiamo ricordarci che prima di completare la dorsale avremo in esercizio il Tyrrenian Link: potremo scambiare con il resto della rete nazionale molta energia, in sicurezza e senza aggravi per l’ambiente”.
Il Tyrrenian Link è la dorsale che il Gestore della Rete Elettrica Nazionale di Trasporto TERNA prevede nel Piano di Sviluppo della Rete, appena presentato e che segue il Piano 2018 – 2022. Tra i prossimi interventi prevede due elettrodotti HVDC (High Voltage Direct Current: Alta Tensione in Corrente Continua) Continente – Sicilia – Sardegna e CentroSud – CentroNord, per affrontare la crescita delle rinnovabili e l’abbandono del carbone.
Alla domanda sulle esigenze energetiche dell’Industria della Sardegna Sud risponde Cingolani che “È il problema che si pone la Germania insieme a noi depositaria della grande manifattura che produce inquinanti hard – to – abate, difficile da abbattere. Elettrificazione degli altoforni e gas sono le soluzioni che come per l’acciaio si possono applicare anche qui, con un vantaggio in più: avete poche grandi industrie inquinanti e reti di imprese, reti di comunità. In questo caso le rinnovabili e gli accumuli sono sufficienti a garantire l’energia a tutti”.
Nella sua intervista il Ministro prevede una decuplicazione del ricorso alle fonti di energia rinnovabile per rispettare quanto previsto nel PNRR, negli Accordi della COP 21 di Parigi del 2015, per meglio rispondere alle crisi future e per aumentare di decine di migliaia i posti di lavoro.
Inoltre, riguardo alla rivoluzione verde, aggiunge che “Cambiare radicalmente un sistema energetico non è un qualcosa che si può fare in poco tempo. …….. Nelle zone industriali e per le industrie l’energia sarà prodotta dal gas, nel frattempo si affineranno le tecnologie di accumulo per le rinnovabili e si manterranno in funzione anche le centrali a carbone. Questo processo durerà pochi anni, poi nel lungo termine si andrà avanti con un massiccio e quasi esclusivo uso di energia elettrica”.
In particolare, il Ministro evidenzia il fatto che sono previsti solo due terminali di gas, che la legge ha individuato solo per le due più importanti aree industriali della Sardegna, quella Sud – Ovest e quella Nord – Ovest.
Francesco Starace è ancora più diretto e, nel pezzo dal titolo “Starace chiude il gas” e dal sottotitolo “Non ha un futuro. Qui avete sole e vento”, dice “……. La chiusura degli impianti a carbone al 2025 potrà avvenire senza altra capacità di generazione termica, alimentata a gas. Oggi e nel prossimo futuro il gas in Sardegna non c’è. Che senso ha destinare investimenti in questa filiera quando si sa che servirà solo a stabilizzare il sistema per un breve arco di anni? Analizzando il PNRR ci siamo così domandati: ma è possibile che una vasta area e importante del paese possa già adesso “saltare” il gas e arrivare prima degli altri a vedere il suo parco energetico e industriale veramente green? È possibile far fare a una delle aree più preziose del paese un poderoso salto in avanti? Noi riteniamo di sì”.
Alla domanda sui possibili scenari, Starace risponde “Noi pensiamo a una Sardegna solo elettrificata, per le famiglie e le imprese, che sfrutti i doni naturali, acqua, sole e vento e cambi per sempre i paradigmi ambientali locali. Un primo scenario ipotizza l’installazione, a Tyrrenian Link in esercizio, di un gigawatt di batterie e circa 4/5 gigawatt di potenza di rinnovabili in più rispetto a quanto abbiamo adesso. Oltre agli ovvii benefici ambientali, come la scomparsa di fatto dell’anidride carbonica prodotta dalle fonti fossili, un piano del genere svilupperebbe investimenti sull’intera filiera da qui al 2030 di 15 miliardi di euro, un indotto più che doppio e una occupazione tra i 10 e 15 mila addetti qualificati e specializzati. Soprattutto, si vedrebbe e si venderebbe nel mondo l’isola non solo come produttrice di inquinanti materie prime, ma come un’area del tutto green. Dalle auto elettriche nei luoghi turistici sia del mare che delle aree interne, ai porti liberi dal gasolio delle navi in sosta, alimentate solo dall’energia elettrica e non dai motori a diesel. La Sardegna sarebbe un unicum in tutto il Mediterraneo”.
Sui temi della rivoluzione verde L’AD di ENEL dice “”Entro il 2030 l’intero sistema andrà a regime, forse anche prima, se il Tyrrenian Link entrerà in linea secondo il programma”.
Le proposte che ho già fatto in diverse occasioni mi sembra che siano in linea con quanto detto sia da Cingolani che da Starace.
La Sardegna non può più indugiare su battaglie di retroguardia a difesa del fortino che ha sempre trovato la sua esplicitazione nell’idea “Siamo gli unici a non avere il metano”. Oggi serve uno scatto della nostra classe dirigente, tutta, un atto di coraggio e delineare con sicurezza un progetto di futuro che vede la nostra Regione come una delle prime al mondo che raggiunge gli obiettivi di “Comunità 100% rinnovabile” e “Carbon Neutral” entro il 2050 e, forse, anche prima, se non ci si continua ad attardare su battaglie che non guardano al futuro e alle nuove generazioni.
la Regione Sardegna deve prendere con decisione una soluzione alternativa, tipo quella che si sta per realizzare nello Stato delle Hawaii, simile alla Sardegna come superficie ed abitanti, decidendo di:
1. dotarsi di un Piano Industriale che definisca i fabbisogni delle attività produttive in maniera più puntuale di quanto fatto finora;
2. eliminare quanto prima le fonti energetiche fossili, considerando le soluzioni che stanno portando avanti ENURA e Medea di transizione breve verso le fonti di energia rinnovabile;
3. elettrificare tutto il sistema con un mix energetico più ampio possibile (solare, vento, idrogeno, idroelettrico e accumuli), facendo interventi con infrastrutture innovative e smart sulle reti, con accumuli del tipo innovativo, anche riprendendo, per la Sardegna, in maniera seria il sistema di accumulo dovuto alle centrali idroelettriche, che potrebbero avere anche altre funzioni, dati i periodi sempre più importanti di siccità;
4. elettrificare in maniera più importante la Sardegna per quanto riguarda la mobilità, rispetto alle scelte già fatte dalla Regione, peraltro, molto apprezzabili, con la scelta di realizzare stazioni di ricarica elettrica sui principali assi viari;
5. spostare le risorse previste per la dorsale sulla realizzazione di una “Rete Sarda Intelligente”, flessibile e adeguata a un sistema che punta in maniera decisa sulle fonti rinnovabili di energia, sull’accumulo, sull’autoconsumo e sulla produzione, quando possibile, dove serve. Soprattutto nelle zone interne è possibile realizzare una rete di “Comunità Energetiche”;