Il sostegno al reddito per i più poveri attraverso il Reddito di Inclusione o di Cittadinanza, l’accompagnamento al lavoro attraverso i Centri per l’impiego, il salario minimo garantito sono obiettivi ancora da raggiungere in Italia.
In Francia invece sono realtà da lungo tempo con il Reddito di solidarietà attiva, (RSA) per un costo di 10 miliardi annui, con i Centri per l’Impiego che occupano 54.000 persone e richiedono una spesa di 5,7 miliardi di euro l’anno e il salario minimo garantito (SMIC), fissato dal1 gennaio 2018 a 9,88 euro come salario minimo orario lordo.
Eppure queste misure non si sono rivelate sufficienti per abbattere la povertà. Hanno permesso ai poveri di sopravvivere , ma senza prospettiva di crescita e di autonomia personale e familiare.
I poveri (definiti come le persone che vivono con meno del 60 per cento del reddito mediano, (fissato in Francia nel 2015 in 1.015 euro per una persona sola) sono 8,9 milioni (14,2 per cento del totale della popolazione), di cui 3 milioni in una situazione di privazione materiale grave.
Si stima che i bambini poveri sono tre milioni; questo significa che l’alimentazione, la salute, la padronanza del linguaggio sono peggiori dei bambini più favoriti fin dall’inizio della loro formazione scolastica.
Il tasso di disoccupazione giovanile in Francia è il 20,7%; certo molto più basso di quello italiano (32,7), ma comunque alto.
A fronte di questa situazione lo scorso 9 luglio 2018, di fronte ai deputati e senatori riuniti in Congresso a Versailles, Emmanuel Macron ha annunciato l’intenzione di istituire lo Stato Provvidenza del XXImo secolo.
Giovedì 13 Settembre ha presentato la Strategia nazionale di prevenzione e lotta contro la povertà.
L’obiettivo dichiarato è di non limitarsi al sostegno al reddito dei più poveri, ma di farli uscire definitivamente dalla povertà attraverso i tre principi chiave della prevenzione, dell’universalità e della dignità.
Per raggiungere questo risultato saranno investiti 8,5 miliardi di euro in 4 anni, destinati prevalentemente ai bambini e ai giovani, due nuovi aspetti della povertà in Francia.
La strategia di prevenzione e di lotta alla povertà si basa su cinque impegni.
1-L’uguaglianza delle possibilità a partire dall’infanzia
L’intento è di aggredire le diseguaglianze fin dall’infanzia e la scuola è il luogo privilegiato per raggiungere questo obiettivo.
Le misure più significative sono l’istruzione obbligatoria a partire dai tre anni, la creazione di 30.000 nuovi posti negli asili nido, la formazione continua di 600.000 insegnati dell’infanzia.
2- Garantire i diritti quotidiani dei bambini
Una delle caratteristiche della strategia è la concretezza e l’attenzione alle necessità quotidiane dei bambini. Fare in modo che i bambini sfavoriti possano godere di un’alimentazione sufficiente, equilibrata e praticamente gratuita è l’obiettivo principale di questa priorità.
Di seguito alcuni interventi previsti:
-fornire la colazione gratuita nelle scuole dei quartieri delle periferie degradate;
– prevedere pasti a 1 euro nel tariffario scolastico per i figli di chi non si può permettere un prezzo superiore nei comuni sotto i 10.000 abitanti
3- Percorso di formazione garantito per tutti i giovani
Questo impegno rientra nella decisione più generale di elevare l’obbligo di formazione per tutti i giovani fino a 18 anni, prevedendo, a partire dal 2020, l’accompagnamento dei giovani che abbandonano la scuola, con iniziative personalizzate.
Si prevede inoltre di:
-estendere la Garanzia Giovani (NEET che non studiano e non lavorano da 16 a 26 anni accompagnati al lavoro) a 500.000 persone fra il 2018 e il 2022;
-accompagnare i giovani maggiori di 18anni. separati dalle famiglie ed usciti dall’Aiuto sociale all’infanzia (Aide sociale à l’enfance).
Come già detto, i primi tre impegni perla prevenzione e la lotta contro la povertà si basano sulla scuola e la formazione.
Gli altri due impegni si propongono di rendere effettivo il diritto di tutti alle misure sociali e al lavoro.
4- Verso dei diritti sociali più accessibili, più giusti, più incentivanti al lavoro
Tra un quinto e un terzo degli aventi diritto non fa ricorso al principale sussidio contro la povertà, il Reddito di solidarietà attiva.
In parte perché è difficile orientarsi tra i vari strumenti, in parte perché le procedure amministrative sono lunghe e complicate e in parte perché i potenziali beneficiari non vogliono subire la stigmatizzazione connessa a ricevere prestazioni sociali, in una società che tende sempre più a vivere la povertà come una colpa.
In più, la molteplicità degli strumenti non incoraggia la ripresa di un’attività perché la complessità delle regole rende arduo sapere se ritornare a lavorare migliorerà effettivamente la propria situazione finanziaria.
Ecco perché si prevede una misura chiave nel Reddito universale di attività che si chiama universale non perché verrà distribuito a tutti, ma perché intende raggruppare in un unico strumento varie prestazioni (si pensa al reddito di solidarietà attiva, agli aiuti per la casa, i ai bonus per la ripresa dell’occupazione).
Un’altra misura è il rafforzamento del premio di attività (Prime d’activité) che consiste nel dare un supplemento di reddito alle persone che lavorano per un reddito debole, per esempio un tempo parziale pagato allo Smic (Salario minimo garantito). Si pensa che potranno beneficiare di questa misura 3,2 milioni di famiglie.
5- Investire per l’accompagnamento di tutti verso l’impiego
L’uscita durevole dalla povertà dipende dall’autonomia che da il lavoro. Non si può accettare che una parte dei cittadini sia considerata in occupabile e quindi relegata nei minimi sociali.
L’obiettivo è quindi che tutti i percettori del Reddito di solidarietà attiva siano accompagnati al lavoro, superando i differenziali territoriali.
Sono previste due misure in particolare:
-accompagnamento sociale rinforzato per 300.000 beneficiari del RSA all’anno;
-assunzione di altri 100.000 impiegati nel settore sociale.
In linea con l’impostazione della Strategia che prevede obiettivi, azioni ed interventi, il governo darà mandato a un consiglio scientifico di seguire la messa in opera delle proposte e di valutarne l’effetto.
Lanciare le proposta e dimenticare di assicurarsi che gli strumenti immaginati diventino realtà, nel passaggio legislativo prima e in quello operativo poi, è uno degli errori più diffusi nella produzione di politiche pubbliche di molti paesi, e purtroppo, in primo luogo dell’Italia.
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.