In un post recente ponevo il problema del superamento delle disuguaglianze sociali e dei divari territoriali come le priorità oggi in Italia.
Il problema centrale del nostro paese sta nel fatto che la crescita dell’economia, del lavoro e del reddito non si distribuiscono uniformemente in tutte le aree del paese ma solamente in alcune, che diventano sempre più ricche e competitive, mentre le altre avanzano più lentamente o addirittura regrediscono.
Discorsi vecchi e risaputi si dirà, ma non è così, anche perché, in un paese come il nostro in continua propaganda elettorale, si è fatto di tutto per nascondere questa verità.
Da un lato si sono evidenziati i risultati ottenuti in tema di risanamento dei conti pubblici, di aumento del Pil, dell’export e dell’occupazione; dall’altro si è negato totalmente qualsiasi risultato positivo. Operazione molto semplice quest’ultima, specie nel Mezzogiorno, dove tutti i dati erano negativi.
Riaffermato preliminarmente, come ho detto nel Post che analizzava il reddito di inclusione e di cittadinanza, che il tema di sostegno al reddito è da sostenere e potenziare, rimane da affrontare il tema dello sviluppo del Mezzogiorno.
Il sostegno al reddito è un atto di giustizia sociale e di redistribuzione della ricchezza, ma se ci si limita a questo, o addirittura, diventa il mezzo per persistere nelle politiche economiche attuali, il Sud è condannato al sottosviluppo.
La domanda di fondo è la seguente: il Mezzogiorno può farcela da solo oppure ha bisogno della solidarietà nazionale?.
La risposta a questa domanda non è univoca: le classi dirigenti del Nord tendono a rispondere con la scelta del federalismo fiscale; non si nega a parole la solidarietà verso il Sud, ma il loro interesse punta a potenziare l’autonomia politica, economica e sociale delle regioni del Centro Nord.
Qualcuno ha rilanciato la formula, “più autonomia al Nord, più stato al Sud”, ma questa formula per ora è rimasta uno slogan.
Per le classi dirigenti del Mezzogiorno il fallimento delle politiche del Mezzogiorno è unicamente responsabilità dello Stato e del Governo nazionale.
La loro risposta diventa allora la seguente; l’indipendenza subito o in prospettiva e immediatamente più autonomia con più poteri e più risorse.
Ovviamente questa richiesta è il modo migliore per evitare una seria valutazione sul perché e di chi è la responsabilità del divario non solo economico, ma poltico, sociale e culturale fra Nord e Sud.
Una seria analisi delle cause del divario potrebbe portarci alla conclusione della mancanza della solidarietà nazionale da un lato e dell’inadeguatezza delle classi dirigenti meridionali dall’altro.
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.