Per scrivere questo pezzo ho preso spunto da un video che mi ha inviato Anito Marchi sul lungometraggio L’ultimo pugno di terra, che nel 1966 Fiorenzo Serra consegnava agli uffici della Regione Sarda nella copia definitiva. Il documentario, chiudeva un complesso lavoro iniziato nel 1959 per la realizzazione di un lungometraggio sulla Rinascita della Sardegna.

Questa vicenda è raccontata puntualmente nel cofanetto pubblicato da Il Maestrale nel 2014, per iniziativa della Società Umanitaria – Cineteca Sarda.

Una Deliberazione del 13 ottobre 1959 documenta che l’allora assessore alla Rinascita Francesco Deriu presentò in Giunta la proposta di Fiorenzo Serra di realizzazione del lungometraggio, per il quale si avvalse della consulenza di Michelangelo Pira, Luca Pinna, Giuseppe Fiori, Salvatore Mannuzzu, Antonio Pigliaru (per i testi e il soggetto), Cesare Zavattini (per la regia), con il commento parlato di Giuseppe Pisano e Manlio Brigaglia.

Un anno dopo, il 14 settembre 1960, è stata firmata la convenzione tra l’Assessorato alla Rinascita e Fiorenzo Serra, che non riuscì a rispettare i tempi di consegna per vari motivi.

Nel maggio 1962 il Parlamento approvò la legge sul Piano di Rinascita, ma il lungometraggio non era pronto, con notevole disappunto della Regione per la mancata consegna dello stesso. La Regione ritenne che a quel punto il film non avesse più la forza dell’attualità, ma lasciò libero il regista di procedere, comunque, con cura, al montaggio e alla sonorizzazione.

Nel luglio 1964 la Giunta vide il primo montaggio, con il titolo definitivo L’ultimo pugno di terra. Il nuovo assessore alla Rinascita, Pietro Soddu espresse “notevoli fondate perplessità. Il film, pur

avendo indiscusso valore artistico, non contiene tuttavia tutta la realtà della Sardegna, essendo esso unilaterale e non obiettivo, per cui la sua proiezione potrebbe dar luogo a numerose polemiche. Il suo contenuto sembra fermarsi ad una data antecedente alla istituzione della Regione, non facendo esso alcun cenno delle realizzazioni autonomistiche, anzi ignorandole completamente, per cui il film costituisce, in sostanza, una aspra critica alla classe dirigente autonomistica.» Soddu suggerì la necessità di apportare modifiche e gli altri componenti della Giunta condivisero la proposta di Soddu. Fiorenzo Serra prese atto delle osservazioni e nel settembre del 1964 inviò a Soddu l’elenco delle modifiche che intendeva apportare e che comportarono una sostanziale riscrittura del lungometraggio.

Come scrive Antonello Zanda (direttore del Centro Servizi Culturali della Società Umanitaria – Cineteca Sarda di Cagliari, scrittore e critico, giornalista pubblicista) nella rivista sarda di cinema Teorema “Il volume pubblicato dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda, intitolato L’ultimo pugno di terra. Il film di Fiorenzo Serra sulla Rinascita, curato da Giuseppe Pilleri e da Paola Ugo, presenta una serie di saggi che puntualizzano questo percorso e che rendono ragione della complessità della vicenda. In particolare il saggio di Paola Ugo (“L’ultimo pugno di terra: la memoria audiovisiva degli archivi”) e quello di Gianni Olla (“Il vero e il falso L’ultimo pugno di terra: confronti tra le versioni sullo sfondo della mitologia della Rinascita”) mettono in evidenza i passaggi e le trasformazioni evidenti tra la versione del 1964 (chiamata UPT2) e la versione presentata da Fiorenzo Serra nel 1966 (UPT3) a conclusione di questo progetto. Nel 1966 il regista presentò il film (la versione UPT3) al VII Festival dei Popoli di Firenze e ottenne un importante premio, la Coppa Agis, che gratificava il regista a conclusione dei grandi sforzi profusi per realizzare il suo capolavoro.” Questa versione si apre con un cartello di presentazione molto importante e chiarificante: «Questo non è un film di viaggio né un documentario di folklore: soltanto il ritratto di una regione italiana, con la sua gente e la sua vita, in un momento importante della sua storia. L’autore dedica questo suo rapporto alla Regione Autonoma della Sardegna che – nel quadro delle ricerche promosse per accertare le condizioni economiche, civili e sociali dell’isola al momento d’avvio del Piano di Rinascita – ha incoraggiato questa iniziativa.» La formula usata da Fiorenzo Serra è molto equilibrata e mira a stabilire oggettivamente i limiti del suo lavoro: è un ritratto che la Regione ha promosso nel quadro di un’attività di ricerca per appurare le condizioni socioeconomiche dell’Isola in prossimità del Piano di Rinascita. Questo significa che temporalmente il ritratto si pone “prima” del varo del Piano sebbene sia stato visibile solo “dopo”. Questo evita qualunque sospetto di giudizio sull’attuazione del Piano a soli due anni dal varo.

Ancora, scrive Antonello Zanda Pietrino Soddu è recentemente ritornato su questo argomento nel blog dell’Associazione Nino Carrus con una lettera datata 6 maggio 2015, intervenendo proprio sul lungometraggio di Fiorenzo Serra. Scrive Soddu, ricordando la reazione degli amministratori davanti alla versione del 1964 del film: «Le ragioni degli assessori più critici non erano però campate in aria, infondate o prive di valore. La Regione era una realtà viva. Il Consiglio regionale aveva approvato molte leggi importanti, l’amministrazione aveva superato le difficoltà iniziali e realizzato molti programmi in vari settori. Ricordo in particolare le leggi e gli interventi in agricoltura, la nascita dell’Isola, dell’Esit, dell’Ensae, i piani dei mattatoi, delle zone olivastrate, degli edifici per le scuole elementari e per gli ambulatori, l’elettrificazione dei centri ancora privi di reti, la costruzione di molte strade vicinali, la lotta alla malaria e all’idatidosi, tutti interventi diretti a cambiare le condizioni delle Sardegna.» In un passaggio della riflessione di Gianni Olla presente nel volume realizzato dalla Cineteca Sarda, il critico cinematografico ricorda che in quegli anni il processo di modernizzazione della Sardegna era stato comunque avviato e ricorda alcune date significative: «1959, la SIR di Rovelli acquista a Porto Torres i terreni in cui dovranno sorgere le industrie petrolchimiche; 1961, la Snia apre gli stabilimenti di Villacidro in cui dovranno essere prodotte fibre plastiche sintetiche; 1961-1963, nasce la cartiera di Arbatax; 1962, ha inizio a Sarroch la costruzione della Saras, che verrà inaugurata nel 1965; infine, nel 1962, viene fondato il Consorzio Costa Smeralda». Una realtà in continuo movimento quindi, con molti progetti che stavano partendo.

L’ultimo pugno di terra, nella stesura del 1964, è organizzata in 5 capitoli distinti con 5 titoli

diversi:

I pastori, quasi la preistoria

Cabras, un feudo d’acqua

Carbonia, una storia moderna

Alle radici dell’isola

Nell’attesa del domani.

Pietrino Soddu, nella lettera già citata, ricorda, inoltre, che nel preparare la versione successiva a quella “bocciata” dalla Regione, il regista «si limitò a qualche correzione puramente formale e a separare le singole realtà, facendole diventare meno drammatiche e meno accusatorie nei confronti della Regione». Il saggio analitico di Gianni Olla mette in evidenza tutte le differenze e conferma nei contenuti un intervento di correzione tutt’altro che formale.

Scrive Antonello Zanda “Nel 1989 la Società Umanitaria – Cineteca Sarda ritrova negli archivi della Regione le due copie in pellicola della versione UPT2 (1964) e qui comincia un’altra storia. La prima proiezione pubblica di quella versione si tenne a Nuoro nel 1990, alla 5ª edizione della rassegna dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico. Il film di Fiorenzo Serra inserito nella competizione concorsuale vinse il primo premio come miglior film etnografico. Negli anni successivi la necessità di un restauro e di un intervento di recupero critico di questa storia si fece sempre più forte. La Società Umanitaria cominciò a sollecitare la Regione sarda e soprattutto l’Assessorato ai Beni culturali affinché trovasse le risorse necessarie per un intervento restaurativo da affidare tecnicamente all’Immagine Ritrovata di Bologna, la struttura più qualificata per un intervento complesso come si presentava il lavoro sulla pellicola di Fiorenzo Serra. Dopo anni di vani e inutili tentativi si deve all’Assessore Elisabetta Pilia (primo assessore ai Beni culturali della Giunta Soru) aver rotto gli indugi nel 2006 (un anno dopo la morte di Fiorenzo Serra, avvenuta il 28 settembre 2005) e aver messo a disposizione le risorse necessarie per effettuare l’intervento. Nel 2008 è stato possibile proiettare per la prima volta a Cagliari la versione restaurata. La Società Umanitaria – Cineteca Sarda ha poi intrapreso negli anni successivi il progetto di una pubblicazione critica che restituisse al pubblico la complessa e per alcuni versi intricata storia del film di Fiorenzo Serra e la possibilità di vedere le due versioni del film. Tutto questo ora è a disposizione di tutti.”

Queste polemiche sono continuate fino a oggi, ma a questo punto mi piace evidenziare alcuni spunti contenuti nel saggio di Gianfranco Bottazzi “Eppur si muove”, con sottotitolo “Saggio sulle peculiarietà del processo di modernizzazione della Sardegna”, nella sua edizione del 1999.

Tra il 1861 e il 1991, nel Saggio è scritto “La Sardegna presenta andamenti simili a quelli del Mezzogiorno. Fino agli anni Cinquanta, per quanto si noti un appena percepibile declino della quota di addetti all'agricoltura e un parallelo leggerissimo aumento dei settori industriale e terziario, non vi è nessuna tendenza evidente a un inizio del processo delle migrazioni professionali. Dopo il 1951, il processo subisce una drastica accelerazione. È da sottolineare la straordinaria velocità con la quale l'esodo agricolo ha avuto luogo: praticamente in trent'anni, la quota di addetti agricoli si è ridotta dall'oltre il 50% a poco più del 10%. Si tratta di un arco di tempo di molto inferiore ai 100 – 150 anni che il processo ha richiesto, per avere luogo in queste proporzioni, negli USA o in Francia, per non parlare della Gran Bretagna, dove il processo ha avuto una durata ancora più lunga. Anche rimanendo in Italia, le regioni Nord – Occidentali hanno impiegato circa 80 anni per compiere la stessa evoluzione e se consideriamo l'insieme del Centro – Nord il processo ha richiesto non meno di sessant'anni.”

Questo dato, insieme ad altri citati, fanno essere ottimista Bottazzi sulle prospettive della Sardegna, ma rimarca la mancata industrializzazione, nonostante il Piano di Rinascita. La situazione di oggi si è ulteriormente aggravata, con un processo di smobilitazione dei pochi poli industriali.

Bottazzi rimarca questo fenomeno di mancata industrializzazione facendo notare una mancata cultura d'impresa diffusa nel territorio regionale. Ancora ai tempi della stesura del suo Saggio molte imprese hanno difficoltà a redigere dei preventivi affidabili ai clienti, con la conseguenza di continui aggiornamenti degli stessi. Una metafora da lui citata esemplifica la conservazione di una mentalità tipicamente da cultura contadina e non industriale nella concezione del rispetto dei tempi pattuiti e dei solleciti del committente: “Già vengo”.

La situazione della Sardegna è ancora oggi estremamente difficile, nonostante negli ultimi 20 anni ci siano state in Sardegna anche alcuni esempi di Aziende particolarmente innovative, con la vicenda del coronavirus che potrebbe ulteriormente aggravarla.

Dai dati del 26° Rapporto del Crenos e dal sito di Sardegna Statistiche, nel 2018 il 97% della struttura produttiva è costituita da meno di 10 addetti, nel 2019 la disoccupazione è al 14,7% e quella giovanile al 45%, i dati sul calo demografico ci dicono che nel 2017 a fronte di un numero di nati di 10.142 i morti sono stati 16.773, l'indice di vecchiaia nel 2018 è pari a 202,70 a fronte di un valore in Italia di 168,90. Da questi dati occorre ripartire.

Ritengo importante andare a rivedere oggi il lungometraggio di Fiorenzo Serra e a rileggere il Saggio di Gianfranco Bottazzi. Di seguito è allegato l'URL del video apparso sulla piattaforma di contenuti video Vimeo. Buon ascolto e buona visione.