di minima&moralia pubblicato lunedì, 11 maggio 2020

 

Questo articolo è uscito su Artribune e sul Blog di minima&moralia. Ringraziamo sia il Blog e la testata che l’autore.

 

di Fabio Severino

 

La cultura è un comparto economico come gli altri, e questo ormai lo sappiamo. Sta soffrendo come gli altri, e questo lo vediamo. La cultura ripartirà più tardi degli altri, e questo lo temiamo. La cultura però, è speciale, e questo lo sentiamo.

Il mondo culturale è in allarme, come tutti gli altri. Ma è fragile, molto fragile, più degli altri. I soggetti giuridici, in qualsiasi forma e di qualsiasi dimensione, non sono patrimonializzati; le persone fisiche invece vivono di sole prestazioni. Entrambi quindi sono fortemente condizionati dai flussi di cassa. Ma la cultura è meritoria. A gran voce chiede un occhio di riguardo, ovvero il riconoscerle che è tanto fragile quanto indispensabile per l’uomo e la civiltà. La cultura è la nostra storia e il nostro futuro, è la nostra coscienza e la nostra identità. Forse in questo momento sta “salvando” molte più persone di quanto ce ne saremmo immaginate: la cultura dà speranza, dà prospettiva, dà fiducia. Diamole allora la fiducia che si merita. Chiede uno sforzo specifico collettivo, un’attenzione particolare.

Piuttosto che limitarsi a chiederne sussistenza, però, inneschiamo welfare generativo.

Si costituisca un fondo specifico di sostentamento per gli artisti e le organizzazioni culturali, a chiunque ne faccia richiesta, senza limiti di reddito pregresso, a condizione che i beneficiari si prestino per la collettività. È questa la regola del welfare generativo: prendi dalla collettività in cambio della tua responsabilizzazione.

“Va superato un modello di welfare basato quasi esclusivamente su uno stato che raccolga e distribuisca risorse tramite il sistema fiscale e i trasferimenti monetari. Serve un welfare che sia in grado di rigenerare le risorse (già) disponibili, responsabilizzando le persone che ricevono aiuto, al fine di aumentare il rendimento degli interventi delle politiche sociali a beneficio dell’intera collettività“. Fondazione Zancan, 2012

Due grandi manifestazioni di riconoscenza si chiedono agli artisti e agli operatori culturali verso la collettività: o progettuale o produttiva.

Significa che chiunque percepisca l’assegno pubblico deve o progettare una forma culturale fruibile digitalmente, o comunque sostenibile in questa lunga fase di distanza sociale e di impossibilità all’assembramento. Oppure che produca qualcosa: un audiovisivo da divulgare su internet, uno spettacolo, una musica, una fotografia, una canzone, un testo, un reading. La sua arte insomma, una qualsiasi produzione culturale da donare alla collettività.

Roosevelt nel New Deal col Federal Art Project ha stipendiato per anni migliaia di artisti affinché abbellissero le città (con i murales per lo più) e fotografassero la società (per riconoscersi comunità). Oggi nel XXI secolo “’ dove la carestia si realizza per la distanza sociale “’ gli artisti progettino o producano cultura che si possa diffondere col digitale. Al quale tutti (offerenti e destinatari riceventi) ci dobbiamo in questo periodo abituare e dobbiamo imparare a fruire.
Come sta avvenendo per le generaliste partite iva, alle quali lo Stato sta dando un assegno mensile per l’emergenza, lo stesso si faccia per tutti coloro (senza partita iva) che dimostrino di vivere di cultura (sarà un cliente a confermarlo). Il primo mese lo si riceve fornendo l’impegno a produrre o progettare. Il secondo mese lo si ri-prende se si dimostra di aver realizzato qualcosa (una redemption di qualsiasi forma su internet: pagina Facebook, Instagram, YouTube»). Per le persone giuridiche, che non rientrano in altri aiuti pubblici, si potrebbe erogare un medesimo assegno moltiplicato per ogni codice fiscale di persona fisica a essa riferibile, come collaboratore abituale, non cumulabile con altri percepibili individualmente.

Cultura, non possiamo fare a meno di te, stai con noi, continua a confortarci