Quest’anno ricorre il 70mo anniversario dello Statuto speciale della Sardegna.
È il momento della riaffermazione della Specialità, della necessità di rivedere lo Statuto, ma anche delle rievocazioni storiche.
Fra queste, e non fra le meno importanti, vi è il rifiuto dei Consultori sardi di adottare lo Statuto siciliano.
Perché la Consulta regionale rifiutò la proposta di adottarlo?
Il compito di formulare proposte per l’ordinamento regionale era stato affidato alla Consulta regionale, organismo nominato in base al d.lgs. 28 dicembre 1944, n. 417. Per questo compito, in seno alla Consulta, fu costituita una Commissione specifica.
La commissione diede incarico al Partito sardo d’azione di predisporre uno schema di ordinamento regionale. Le parti di questo schema, relative ai rapporti Stato ed all’ordinamento regionale in senso stretto, furono pubblicate su “Il Solco” del 10 gennaio 1946.
Sulla proposta sardista, presentata alla Consulta nel gennaio del 1946, prevalse l’ipotesi del rinvio per poter esaminare sia la soluzione già adottata in Valle d’Aosta, sia lo schema frattanto approvato dalla Consulta siciliana, sia eventuali altre proposte.
Il 7 aprile 1946, sull’organo ufficiale regionale democristiano, appariva un altro schema di progetto di Statuto, approvato dalla Democrazia Cristiana di Cagliari e di Nuoro.
I Consultori sardi procedettero, quindi, alla stesura dello Statuto sulla base dei progetti sardisti e democristiani, conoscendo i testi degli statuti della Valle d’Aosta e della Sicilia, con la partecipazione continua degli esponenti sardi nella Consulta nazionale prima e poi nella Costituente.
Nella seduta del 7 maggio 1946 la Consulta nazionale, aderendo alla proposta fatta dalla Giunta (organo ristretto della Consulta) e caldeggiata particolarmente dal consultore Berlinguer (che parlava a nome anche di altri colleghi sardi, Lussu in particolare) espresse parere positivo e sollecitò l’estensione del progetto siciliano alla Sardegna. Il Governo nazionale era favorevole a tale estensione.
Nel maggio del 1946, dopo un dibattito ampio al quale partecipò anche Lussu (Lussu e Berlinguer facevano parte della Consulta nazionale), la Consulta votò un ordine del giorno pressoché unanimemente (con la sola astensione di Satta Galfrè, P.s.i.) in cui si sosteneva che l’Autonomia doveva essere data alla Sardegna dall’Assemblea Costituente nei termini fissati dalla Consulta regionale, in quanto l’Autonomia non poteva derivare da un decreto o per elargizione governativa.
La Consulta procedette quindi alla stesura dello Statuto sardo che fu inviato, il 9 maggio 1947, al Presidente del Consiglio dei Ministri che, a sua volta, lo trasmise al Presidente dell’Assemblea costituente.
Nella seduta plenaria dell’Assemblea costituente tenutasi il 21 luglio venne discussa una mozione presentata da Lussu, Laconi, Spanu ed altri, con la quale si intendeva dare la delega al Governo per approvare con decreto legislativo, e rendere quindi immediatamente operante, lo Statuto nel testo proposto dalla Consulta.
La mozione non passò e Il progetto di Statuto presentato e votato, dopo tre giorni di discussione e importanti modifiche, l’ultimo giorno del gennaio 1948, non è stato redatto dalla Consulta, ma dalla Sottocommissione per gli Statuti della Costituente.
Fonte: libro di Giuseppe Contini “Lo statuto della Regione sarda -Documento sui lavori preparatori” Giuffrè editore 1971.
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano al Liceo Jeanson de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.