ll Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 noto come “Codice del Terzo settore”è entrato in vigore il 3 agosto 2017. (testo del Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117)
Come spesso accade, anche questo Atto legislativo incontra valutazioni positive e giudizi negativi.
Anticipo che i secondi sono relativi soprattutto all’assetto della Governance.
Vediamo prima alcune disposizioni sulle quali si può esprimere un giudizio positivo.
Vengono abrogate diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/97).
Vengono raggruppati in un solo testo tutte le tipologie di quelli che da ora in poi si dovranno chiamare Enti del Terzo settore (Ets). Ecco le sette nuove tipologie: organizzazioni di volontariato (che dovranno aggiungere Odv alla loro denominazione); associazioni di promozione sociale (Aps); imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali), alle quali si applica il DECRETO LEGISLATIVO 3 luglio 2017, n. 112, enti filantropici; reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti (associazioni riconosciute e non, fondazioni, enti di carattere privato senza scopo di lucro diversi dalle società).
Gli Enti del Terzo settore saranno obbligati, per definirsi tali, all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore che sostituirà i vari elenchi oggi esistenti.
Vengono definite in un unico elenco le attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che “in via esclusiva o principale“ sono esercitati dagli Enti del Terzo settore. Si tratta di un elenco che riordina le attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo ecc.).
Gli Ets, con l’iscrizione al registro, saranno tenuti al rispetto di vari obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, i rapporti di lavoro e i relativi stipendi, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili.
È da considerare con grande attenzione il fatto che sono esplicitate alcune indicazioni alle pubbliche amministrazioni: come cedere senza oneri alle associazioni beni mobili o immobili per manifestazioni, o in comodato gratuito come sedi o a canone agevolato per la riqualificazione; o incentivare la cultura del volontariato (soprattutto nelle scuole): o infine coinvolgere gli Ets sia nella programmazione che nella gestione di servizi sociali, nel caso di Odv e Aps, “se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato“.
Come ho accennato più sopra le valutazioni volontariato negative si sono accentrate sulla Governance del settore.
I Centri di Servizi per il Volontariato (CSV) dovranno essere di nuovo accreditati e verranno governati da un Organismo nazionale di controllo (Onc) e dalle sue articolazioni territoriali (Otc), le cui maggioranze saranno detenute dalle fondazioni di origine bancaria. Sarà inoltre ridotto il numero complessivo dei Centri in riferimento ad alcuni parametri territoriali. Nella governance dei CSV potranno entrare tutti gli Ets, lasciando però al volontariato la maggioranza nelle assemblee.
Viene infine centralizzato e ripartito a livello nazionale il fondo per il funzionamento dei CSV, che continuerà ad essere alimentato da una parte degli utili delle fondazioni di origine bancaria e da un credito di imposta fino a 10 milioni, a regime, che queste ultime si vedranno riconoscere ogni anno.
Queste disposizioni sono considerate dalle Regioni lesive di alcune delle loro funzioni e carenti in riferimento al principio di leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Le regioni Lombardia e Veneto hanno anche presentato due ricorsi contro alcuni articoli del Codice del Terzo settore riguardanti, in particolare: l’Organismo nazionale di controllo (art. 64 del Codice) che, sebbene dichiarato privatistico, ha in realtà carattere pubblicistico e ad esso vengono attribuite funzioni di competenza regionale; la determinazione da parte dello stesso ONC del numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale (art. 61, comma 2) e il finanziamento stabile triennale dei CSV (art. 62, comma 7), in quanto, essendo decisioni che impattano sulle politiche regionali, dovrebbero vedere l’intesa fra Stato e Regioni; gli organismi territoriali di controllo (art. 65) perché, di fatto, non hanno alcuna autonomia: il Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale del terzo settore (art. 72) deciso unicamente dal Ministero del Lavoro.
*fonti:
CSV Net stefano Trasatti
Avv. Maddalena Tagliabue
Fondazione PNP – profit non profit
Antonio Ladu
Laureato alla Bocconi di Milano in Lingua e Letterature straniere, è stato assistente di Italiano alLiceo Jeansono de Sailly a Parigi. Sindacalista nella Camera del Lavoro di Oristano e nella Segreteria regionale della Cgil. È stato inoltre presidente del Consorzio Industriale e del Sil-Patto territoriale di Oristano.